Un'immagine con una vocazione simbolica molto accentuata, che, come tutte le simbolizzazioni si presta a una serie di letture stratificate, quella personale (la tua storia, in fase di palingenesi), quella storico-culturale (l'opposizione tra la cultura della terra e quella delle macchine), a quella universale (la salvaguardia della seconda - o terza o quarta - occasione per ritrovare l'origine), a quella escatologica (la salvezza, il barlume lontano, che si raggiunge solo riprendendo e guidando l'aratro al suo compito di fruttificazione).
Si parla di un ritorno alla terra di origine (antecedenti da Ulisse all'epica postomerica, da Claudio Rutilio Namaziano al bel film di Piavoli, fino alla canzone di Vinicio Capossela): il barlume nella casa in cima alla collina; l'aratro abbandonato come se qualcuno avesse lasciato a metà l'aratura, senza aver potuto gettare la semente; l'aratro che aspetta di essere utilizzato di nuovo - un aratro di legno, quello dei padri, non quello metallico della tecnologia; un avanzo di neve che forse si sta sciogliendo e preannuncia la fine dell'inverno, sotto un cielo che sembra cominci a schiarirsi.
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Lino
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