L'invisibile

L'invisibile

Da un mio diario: - C'è un mal-essere che accorcia il fiato, rallenta il corpo, stringe la gola e rapisce i pensieri felici. Non so come sia finito nella mia testa, la colpa non sarà mai di nessuno.
Capita.
La prima volta che ha bussato alla mia porta era come un respiro profondo dato con il cuore, un immergersi totale in una sostanza acquosa composta da sensazioni di ogni sorta. Percepivo tutto, ero collegata con l'esterno da tanti piccoli invisibili fili conduttori. L'energia che giungeva dentro me era come una forza incontrollabile e non riuscivo a gestirla. Sembra quasi una bellissima sensazione, ma io avevo paura. La seconda volta che ha bussato alla mia porta era come un respiro corto, un fermarsi del tempo, un pensiero fisso, un immergersi in una sostanza densa che impedisce il movimento. Quella volta sarei rimasta a fissare il soffitto per ore…ore...dimenticando ogni dovere, piacere, desiderio, bisogno fisiologico. L'energia che giungeva dentro me era come una forza incontrollabile e non riuscivo a gestirla.
Paura.
Avevo sguinzagliato i demoni, affamati dei miei occhi. Come dire, non vedevo nemmeno a due centimetri dal mio naso. Poteva scendere Dio in persona a dirmi che tutto era normale, che sono speciale, che le cose migliorano, che i problemi sono tutti nella testa, ma io non ero abbastanza concentrata per credergli, non avevo abbastanza volontà per farlo, avevo perso le redini della mia immaginazione. Non so cosa avessero messo al posto dei miei veri occhi, ma allo specchio il mio corpo era diverso, il mio viso anche, faticavo a vestirmi, ogni jeans era troppo largo o troppo stretto, ogni colore poco adatto, sentivo il bisogno di stare nuda.
Si, nuda.
Sembrava di essere nella fase pre-mestruale.
Gonfia.
Brutta.
Inutile.
Con il tempo ho capito che quel bisogno di stare nuda non era follia, ma bisogno di "anima". Cercavo, in realtà, un momento di raccoglimento con me stessa, spogliandomi di ogni apparenza e della paura di "vedere" la verità. Anima mi invitava ad ascoltarla, ascoltarmi, auto-osservarmi.
Oggi la società ci allontana dal nostro vero obiettivo, ci svuota completamente dei nostri colori, relegandoli ad una dimensione di "sogno da raggiungere", dimenticandosi che questi sono qualità che già possediamo. Questo vedere le cose al di fuori di noi ci porta ad un osservazione distaccata. Da qui il senso profondo di non appartenenza. Come si può guarire (inteso come risoluzione) da un problema se non ci sentiamo parte del problema?
Secondo me, noi stiamo creando un mondo sterile. Abbiamo perso il contatto con la nostra primordialità e ne paghiamo le conseguenze.
Dovremmo partire dal nostro conflitto interiore per "curare" il mondo. " Come dentro così fuori ". No division. No detachment.
Tecnica: la foto è stata realizzata con una macchina fotografica digitale con qualche piccola modifica apportata all'obiettivo. Solitamente per creare effetti particolari (vedi effetti colorati dati dalla scomposizione della luce mediante filtro) non utilizzo photoshop o altri programmi di post produzione digitale ma mi servo di filtri vintage (o altro) montati sull'obiettivo, spesso con nastro adesivo (l'arte economica dell'arrangiarsi). Autoritratto.

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Comments 2

Giusy Grande
7 years ago
Giusy Grande Artist
Gentilissimo, grazie mille :)
roberto gavazzi
7 years ago
...molto bello tutto...coinvolgente ...complimenti sinceri

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