Lo vedo sempre sulla tratta Agropoli – Paestum mentre , carrozza dopo carrozza, tra aria condizionata e forni a 40°, canta sia pezzi propri che cover.
Di certo è indigeno, lo tradisce il suo accento e il repertorio che propone: la cultura campana è tutta dentro di lui. Credo che abbia poco meno di 40 anni, magrissimo. Sui treni non si può suonare e difatti è una scheggia, senza che neanche te ne accorgi si presenta e ti canta una canzone. Ricordo una sua versione di “Napule è”: ci incantammo.
E’ un hobo, un personaggio kerouachiano dallo spirito avventuroso e vagabondo, poetico nella sua terra dei miti. Non mi piace conoscere la vita della gente perché si perderebbe quel sapore di leggenda che si viene a creare e, di conseguenza, la loro poesia. Ho cercato di fotografarlo ma non ci sono riuscito ed è giusto, viviamo in tempi dove la privacy è una condizione sempre più strana e la fotografia ha perso quel suo “occhio” quale mezzo d’indagine sulla conoscenza del reale. E’ un danno immortalare questi poeti che nella loro semplicità sono “ sogni”.
Sempre nel Cilento, precisamente tra le strade di Acciaroli, mi colpì la performance di un altro “hobo” che, con la sua chitarra, cantava “…E cerca ‘me capi’ “, sempre di Pino Daniele, i turisti gli fecero un cerchio tutto intorno. Non era solo, forse un po’ più giovane del primo, era accompagnato da altri due chitarristi. Mi sono recato più volte ad Acciaroli per vedere qualche altra sua esibizione, ma a differenza di quello sul treno, questo non l’ho mai più visto.
Sono Artisti che non hanno bisogno di nulla. Hanno tra le mani una canzone? Bene! Prendono la chitarra, scendono in strada e suonano senza nessuna pretesa.
Affrontano la strada, vengono ascoltati dagli sconosciuti e poi scompaiono. Sono bravissimi. Sono libere cellule di gioia. E’ un mito il fatto che esistono ancora e di più nella terra degli aedi.
Donato Arcella
Opera di Picasso
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