will be host in two spaces:
Teatro Filodrammatici, via Filodrammatici 1, Milano
Opened from 12 until 31 may 2009
Orario: from tuesday until saturday, h15.30 - 19.30
Closed sunday and monday
Free entrance
Organization, comunication and press office:
Bianucci Cinelli studio - Milano
From 5 until 29 november, the exhibition will be host in Galleria Angelica, via Sant'Agostino 11, Roma
Text of A.D'Agostino:
«Gli scultori si possono dividere in due categorie: quelli che amano aggiungere e quelli che lavorano per sottrazione. Io, per esempio, rientro a pieno titolo nella prima categoria». È sincero Carlo Previtali, quando parla del suo lavoro: e soprattutto non esita a spiegare nei dettagli le tecniche che usa. Come artista ama infatti colorare, modellare, ritoccare la materia, aggiungendo particolari a soggetti già carichi di significato. Non solo, ma arriva a inserire figure allegoriche come nella migliore tradizione barocca. Anche dietro immagini più apparentemente immediate come i Vizi Capitali di questa mostra si celano però vari significati ottenuti al termine di un lungo processo creativo. Le varie tappe del completamento di queste sculture sono infatti fondamentali per comprendere il significato di ciascuna opera.
Innanzitutto, la durata: Previtali ha ideato i primi Vizi nel 2006, partendo da una lunga riflessione su come sono stati rappresentati nelle arti figurative in passato e su come oggi invece vengono intesi. Dal punto di vista iconografico, i “suoi” Vizi sono facilmente riconoscibili: la Gola è una donna grassa e gonfia; l’Avarizia, un uomo dal viso smunto con tante mani strette addosso, emblemi di un egoismo chiuso e bieco che fa stringere le dita, nascondendo e coprendo quello che ha. E ancora, la Lussuria è una figura vistosamente truccata, scollata e volgare; la Superbia si erge più alta delle altre, orgogliosa di sé, l’Ira è rossa come il fuoco che infiamma i lineamenti dei rabbiosi; l’Accidia è un uomo flaccido e pigro; l’Invidia, infine, è un essere mostruoso dalla fisionomia abbruttita dal rancore verso gli altri.
Ma l’aspetto senza dubbio più interessante di queste sculture è come sono state realizzate: ovvero con la ceramica raku, impiegata ormai da vari anni da Previtali, più precisamente dal 1984. L’artista l’ha scoperta attraverso il lavoro dei ceramisti giapponesi, che sperimentano questa tecnica dalla seconda metà del XVI secolo per produrre le tazze per la cerimonia del tè. Merito di Previtali è stato invece di utilizzare il raku per sculture di medio formato, conferendo loro una coloritura e una plasticità uniche e perfettamente riconoscibili.
Il suo lavoro è lungo e complesso. La tecnica prevede due cotture successive: dopo la prima, che serve a stabilizzare la forma, la scultura è colorata con smalti e reintrodotta in un forno apposito. Quando la temperatura interna raggiunge circa mille gradi, il forno viene aperto e l’opera ancora incandescente viene estratta per essere collocata in una buca scavata e dimensionata in precedenza. Prima della copertura è cosparsa di materiali combustibili quali paglia, erba, carta in modo da consentire una riduzione di ossigeno che genera varie reazioni chimiche che a loro volta provocano iridescenze cromatiche. Dopo circa 15 minuti, la scultura è nuovamente estratta e bagnata per accelerare il raffreddamento e in modo da far comparire il “craquelè” ovvero le crepe che si vengono a formare in superficie.
Difficile prevede il risultato finale perché gli elementi in gioco sono molteplici e complessi nel loro interagire, tuttavia l’esperienza aiuta molto e consente di ottenere di solito un risultato di qualità. Nei secoli la tecnica ha subito molte varianti e adattamenti funzionali che esulano dall’originale raku; per questo, si può parlare di un raku occidentale.
Tutte queste procedure sopra elencate rappresentano, però, solo la fase iniziale del discorso che Previtali porta avanti: ogni Vizio è stato realizzato in maniera diversa, a seconda delle sue peculiari caratteristiche che debbono riflettersi nella superficie epidermica della scultura. È il caso dell’Avarizia, l’unica lavorata a raku “nudo”, ovvero senza la presenza di smalti colorati: la tonalità spenta, così simile alla pietra, deve infatti richiamare la grettezza e la miseria umana ben evidenti dietro questo peccato. L’Ira è invece una terracotta colorata a freddo: in questo caso, oltre all’importanza del colore rosso che, come già detto, è caratteristico degli iracondi, è interessante notare lo sgretolarsi della materia che sembra quasi preannunciare l’esplosione della stessa figura. Con il raku colorato sono stati realizzati, invece, gli altri vizi: monocromo per l’Accidia – anche in questo caso, come per l’Avarizia, il colore spento è funzionale all’immagine stessa del vizio, facendone emergere un ritratto appesantito e stanco –, policromo, invece, per la Gola, la Lussuria e la Superbia. In particolare, le ultime due hanno un aspetto volutamente vistoso grazie alle iridescenze accese e brillanti della ceramica. Sorprendente è poi il trattamento dell’Invidia, realizzata con platino e terzo fuoco (ovvero con una terza cottura nel forno): in questo caso, la superficie di metallo che rispecchia chi vi si pone davanti, diventa il tratto peculiare di questo peccato, che osserva e “assorbe” ciò ha intorno per covare il suo rancore verso gli altri. Stessa tecnica, infine, per le ultime due sculture, oro per il Re e platino per la Regina che simboleggiano la Vanitas: per l’artista, il naturale sbocco al quale conducono i sette Vizi. Due lugubri immagini degne di un’allegoria barocca che, quasi ghignando, concludono questo originale percorso tra le pieghe dell’animo umano.
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