La parola larva assume per i Romani il senso di corpo astrale, di vuoto, inanis, impronta insostanziale lasciata in questo mondo alla nostra scomparsa, forza oscura, impersonale. Di questi resti astrali nella Cabbala si parla con il nome di klippoth, gusci. Il Klippoth non è il corpo residuo, ma ciò che rimane della nostra personalità in nostra definitiva assenza, qualcosa di latente.
Tutto questo mi fa pensare alle nostre immagini, quelle che facciamo per ricordarci di una persona, quelle stesse fotografie che possiamo trovare nei mercati perse nell’oblio, ma anche ai monumenti della memoria collettiva, al loro anonimato. Credo che la loro aurea abbia a che fare con “klippoth”, e credo che la sua forza negativa ci attragga inesorabilmente, ma che tramite un segno vitale la sua cavità sia abitabile.
“La traccia è l’apparizione di una vicinanza, per quanto possa essere lontano ciò che essa ha lasciato dietro di se. L’aura è l’apparizione di una lontananza per quanto possa essere vicino ciò che essa suscita. Nella traccia noi facciamo nostra la cosa; nell’aura essa s’impadronisce di noi”.
-Benjamin-
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