L’arte nasce con i rituali religiosi primitivi, che sono insieme teatro e performance, opera totale con musica, danza, costumi, manufatti e pitture, sugli oggetti rituali, sul volto, sulle maschere. Il rito è un medium dotato di eccedenza di senso, per comunicare direttamente con gli dei, per dire loro anche quello che sfugge a colui che enuncia il messaggio.
L’origine delle maschere Nuo si perde nella Cina neolitica. Qui nasce un’antica forma di teatro, il teatro dell’altare, un rito sciamanico, in cui gli officianti danzano mascherati per atterrire gli spiriti maligni ed intrattenere quelli benigni. Il teatro dell’altare è un esorcismo, fatto durante il tredicesimo mese dell’anno lunare.
Oscar Baccilieri sceglie di rappresentare degli oggetti iper-significanti come le maschere Nuo.
Le maschere Nuo vengono create durante elaborati cerimoniali. Ci sono regole per la creazione, la fruizione e la conservazione.
Il materiale utilizzato per la realizzazione delle maschere può essere pioppo o salice, le cui foglie sembrano campeggiare sullo sfondo delle opere del ciclo. Il pioppo è l’albero che sta sulla soglia fra la vita e la morte, simbolo di resurrezione e cambiamento di forma. Il salice ha la medesima simbologia, ed è per questo utilizzato in Oriente per l’arte sacra. Nelle maschere Nuo, le decorazioni variano a seconda del personaggio. Ci sono gli esseri umani, il civile, il militare, la donna, il giovane, l’anziano, il monaco taoista, le divinità benevole o terribili, i pagliacci e gli animali. Gli dei hanno spesso corna e denti appuntiti. Uno degli esseri più terrificanti è Kaishan, con occhi sporgenti, zanne e sopracciglia aggrottate.
Lo scopo delle performance Nuo è di comunicare con gli spiriti, e di intrattenerli. In un contesto estremo come la prossimità con gli dei, tutto deve essere eccessivo. Le maschere sono quindi espressionistiche. Come nell’opera di Pechino, diretta discendente del Nuo, con le sue pitture facciali ad ali di farfalla o pipistrello, in vividi colori primari. Le facce bianche rappresentano la malvagità, il nero la giustizia e la rettitudine. Baccilieri usa invece il colore turchese, un colore cosmico, che rappresenta l’immensità del cielo e i recessi degli oceani, ma anche la terra con le sue gemme. Il turchese è una pietra-ponte con l’aldilà, usata a livello tran-sculturale nella comunicazione con gli dei.
Oscar Baccilieri lavora su iconologie lontane, di non immediata comprensione. E la possibilità di fraintendimento è parte integrante della sua opera.
Luiza Samanda Turrini
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