Biografia
Vincenzo Pellitta è nato nel 1948 a Rotondella (Matera). Vive in provincia di Pavia dal 1962 e a Vigevano dal 1976. Da bambino gli piaceva molto disegnare ma comincia a dipingere nel 1970 ricevendo da alcuni artisti pavesi i primi insegnamenti e con gli stessi partecipa a numerosi concorsi di pittura estemporanea approfondendo così la tecnica chiarista, dipingendo paesaggi all’aperto. Frequenta in seguito il corso serale di disegno e pittura all’Istituto “Roncalli” di Vigevano. Diverse sono state le componenti formali che ha esaminato, dalle prime esperienze figurative su linee veristiche a quelle del periodo chiarista, poi espressionistiche e infine a quelle informali non declinando anche certe soluzioni di tendenza surrealista. Dal 1992 inizia un recupero per l’interesse estetico costruttivo, dipinge prima una serie di opere geometriche ad olio e poi il suo interesse si rivolge al materiale nella sua trasformazione. Il disegno ricavato dal pieno-vuoto è realizzato con la tecnica della tranciatura su metallo eseguita nei primi anni della ricerca facendo uso di trance meccaniche, in seguito usando punzonatrici meccaniche computerizzate e successivamente con macchine computerizzate a taglio laser. Dal 1992 al 2002 opera incollando le lastre di metallo “precedentemente ritagliate”, su tavola e dipingendo lo sfondo con le varie tonalità di grigio e nero. Dal 2002 inserisce nelle strutture anche il colore.
L’ opera che presento fa parte della mia ultima ricerca a cominciare dal 2007. Le mie Strutture di acciaio inox dai vuoti dipinti con grigi, neri o colori primari “in base al periodo”, diventano specchianti. Si tratta in pratica di opere da me progettate con l’Auto Cad “programma di disegno industriale” e poi fatte tagliare con il laser industriale. Poi le incollo su tavola inserendo tra la lastra di metallo e il legno una superficie specchiante. Il risultato finale è una Struttura geometrica specchiante.
Il mio scopo è interagire con lo spettatore o anche con qualsiasi cosa riflessa dall’opera, che diventa “cangiante”, e si nutre e si rinnova ogni volta. La trasformazione metamorfica che attua l’opera davanti al visitatore, risulta un fenomeno logico che secondo me non disturba, anzi, arricchisce la piena autonomia formale fatta delle sue figure geometriche, essenza della creazione stessa. Lo spettatore, guardando se stesso attraverso l’opera d’arte, è invitato implicitamente o, direi quasi, spinto a guardarsi dentro. Osservando la doppia immagine di sé, spezzata dalle linee o dalle curve della lavorazione superficiale dell'opera, è portato a meditare sul significato e sulla realtà di quell’immagine riflessa.