Biografia
Della trasparenza e della superficie
Di tutti gli organi del nostro corpo, il più esteso e a cagione di ciò anche complesso è, con tutta probabilità, la pelle.
Non solo funge da barriera, segna confini e istanzia la differenza tra un dentro e un fuori, tra uno spazio di identità e uno di alterità; ma è altresì filtro, scenario dell’interscambio essudativo; forma, governo del manifestarsi della persona; involucro, segno controvoglia della generica esiguità del nostro contenuto mortale; appoggio, spazio
fungibile e ricopribile, ipersignificabile con il trucco, il vestiario, l’ornamento...
Questa sua multiforme funzionalità la fa spesso assimilare, pertanto, a una maschera di una dimensione di verità più profonda, intima e sanguigna, che si tende a vedere come essenziale a dispetto del suo spessore sostanzialmente
esiguo. Ma che accadrebbe se si prendesse sul serio la sua funzione di cerniera imprescindibile e si ragionasse, provocatoriamente, sulle conseguenze di una rivoluzione del derma? Di un rifiuto della pelle a essere struttura di servizio, facility di integrazione dell’identità organica e psicologica? E se la pelle esplodesse oniricamente verso un’implementazione imprevedibile della propria capacità di ricoprire, avvolgere, mimare? Se la pelle rinunciasse completamente a quella tridimensionalità che, sia pure asimmetricamente, la inchioda al piano del reale e diventasse foglio bidimensionale, lucido di copertura libero da ogni inchiavardatura di umori e tendini alla nostra fragile corporalità?
Sono le domande che emergono dalla disseminazione delle silhouettes che attraversa il lavoro recente di Trabattoni: domande legate anche alla decrittazione di una poetica della moltiplicazione dei piani, della giustapposizione e
dell’incrocio delle trasparenze, della gestione fotografico - informatica delle figure come semplici livelli dell’istanza grafica che testimonia una derealizzazione convinta dell’immagine e una tendenza alla ricombinazione segnico-iconica che si colloca appunto al livello del desiderio.
Franco Gallo