Biografia
Figurativo, fortemente figurativo per un’avventura culturale nel segno dell’arte.
Stiamo parlando del percorso espressivo di Maria Cristina Martinelli, che con la pittura è in grado di raccontare con toni affabulatori storie da cui fuoriescono con nitidezza paesaggi che paiono senza confini interni in cui spiccano enigmatiche nature silenti, scorci urbani dimenticati dal tempo, volti di affascinanti modelle e corpi di ballerine pronte a disegnare arabesque sul palco.
Già, perché la pittrice è un’attenta osservatrice di quanto la circonda e, soprattutto, è abile nell’entrare in comunicazione con altre forme espressive della contemporaneità, come ad esempio la fotografia, con cui instaura una felice simbiosi dove esperienze e rimandi dialogano con rara efficacia.
E così, là dove David Hamilton e Ansel Adams con scatti flou e in b/n ci parlavano di adolescenti che cullavano sogni nel mondo della danza oppure dello stupore di fronte agli scenari incontaminati dei grandi parchi americani, Maria Cristina Martinelli dice tutto per mezzo di colori, pennelli e olio di lino: strumenti semplici e nel contempo alti. E che, soprattutto, richiedono rigore. Sì, rigore, come quello acquisito dall’autrice, le cui recenti opere lasciano trapelare l’immediatezza della pennellata, sorretta da un lungo perfezionamento nel campo del grafico-pittorico e nella scultura. Basilare nella sua formazione la frequentazione degli atelier di Angiolina Grandi e di Marco Grimandi a Modena, come del resto le esperienze sul campo, acquisite nei concorsi di pittura e nelle mostre personali e collettive.
Del resto, il suo è ritorno - detto con cipiglio deciso e allo stesso tempo accorato - al mai sopito amore per la pittura, che lascia così presagire tante altre storie. Storie che già ammiccano dietro l’angolo portando il buon odore dei colori a olio, poiché vengono colte con freschezza da occhi sempre pronti a stupirsi di fronte a quel senso del meraviglioso che a volte abbiamo la fortuna d’incontrare. Spesso senza avere il tempo di fermarci e osservare.
Massimo Tassi