Biografia
“L’arte di Francesco Subrani è racchiusa nel dilemma conflittuale fra libertà agognata e impossibilità a vivere tale stato, per costrizioni interne ed esterne che producono solitudine, angoscia, presagio di un futuro che difficilmente permette una speranza. Viene così a proporsi una pittura-denuncia, in cui le strutture geometriche di simbolici grattacieli o di camminamenti pedonali divengono l’espressione di una “civiltà” presunta che, attraverso le istituzioni, tende ad uccidere l’individuo e le sue speranze di sopravvivenza.
Le megalopoli stilizzate, simili ad immani cancelli su immani orizzonti, sono proprio il volto di pietra di questa pseudo civiltà, che ha perduto di vista l’uomo per glorificare la massa non rispettata come prodotto costituito dagli individui.
Quanto questa schiavitù dell’istituzione esterna sia il riflesso della schiavitù interna dell’uomo e dell’artista è facile intuire e dedurre. D’altronde la denuncia delle strutture soffocanti l’uomo, sia nel mondo esterno che nel mondo interno, è un modo con il quale l’arte diviene il messaggio con cui si prende coscienza del problema di base della nostra condizione umana.
Subrani descrive un suo mondo tragico di schiavitù, ma diviene monito per coloro che volessero negare tale problema come fattore generale dei gruppi umani. Sarebbe una resistenza inconscia, nella migliore delle ipotesi, o una malafede, nella peggiore delle ipotesi, il voler credere che questo sia un problema dell’uomo-artista e non degli uomini tutti.
I cieli bassi e cupi, i colori che pur bellissimi sono sempre in funzione di una descrizione emotiva angosciosa, fanno di Subrani un artista che è un tipico frutto del nostro mondo.
In un suo quadro, oltre alle strutture oppressive in primo piano, oltre una terra arida, oltre una megalopoli che si estende a perdita di vista, c’è ancora un azzurro cielo, testimonianza dell’aspirazione eterna dell’uomo a proseguire, a capire le catene di ogni epoca, a raggiungere un sé stesso, non tanto sognato, quanto sentito come verità da raggiungere nonostante tutte le negazioni e le pene che ci opprimono.”