Biografia

Vedo nudo
Parafrasando il titolo del celebre film di Dino Risi, la mia inclinazione per il nudo ha molteplici origini. Gli studi universitari mi hanno avvicinato all'anatomia umana, presupposto essenziale per la rappresentazione estetica della nudità. Vivere e crescere nella regione del "Rinascimento" mi ha dato la possibilità di confrontarmi con la declinazione del corpo in "forma ideale", di studiarne le regole di proporzionalità. Il quotidiano confronto con la malattia e la morte, nello svolgimento della professione medica, ha esasperato l'eterno confronto interiore tra eros e thanatos spingendomi verso una forma di evasione estetica. A tutto questo deve aggiungersi un interesse puramente culturale. In ogni epoca, l'artista che tratta il tema del nudo deve necessariamente confrontarsi con le inclinazioni estetiche, il background culturale e, soprattutto, la morale del tempo. Il nudo non è solo mera rappresentazione di parti anatomiche in rapporti gradevoli di proporzione ma mezzo simbolico di rappresentazione dell'interiorità umana, della psicologia del soggetto. Ed in quest'ottica può essere espressione di morte, disperazione, resurrezione dell'anima, estasi, passione, sensualità, erotismo. Nella nostra epoca, il corpo nudo ha perso gran parte del carattere di rarità, non è quasi mai gravato dal senso del proibito che caratterizzava le epoche passate. Nel secolo scorso "le dejeuner sur l'herbe" di Manet veniva rifiutata dal Salon perchè rappresentante una donna nuda tra uomini in abiti moderni: un oltraggio alla rigida morale dell'epoca proprio per la contemporaneità del soggetto. Oggi, la nostra percezione della nudità è incredibilmente cambiata: il bombardamento cronico mediato dagli stimoli visivi di internet e dei media hanno determinato un filtro cognitivo nei confronti della nostra capacità di "guardare" alla nudità. In altre parole, spesso noi "vediamo" un corpo nudo ma non lo guardiamo: per una sorta di torpore mentale indotto siamo divenuti incapaci di associare alla nudità un corrispettivo spirituale. Ecco, in analogia con il famoso romanzo di Alberto Moravia (L'uomo che guarda) ho voluto assumere nei confronti del corpo nudo un atteggiamento voyeuristico, cercando di cogliere l'intrinseca natura della nudità, dal pathos della crocifissione agli aspetti provocatori della percezione feticista, cercando di trasferire l'atteggiamento del medico-ricercatore nel mondo dell'arte. Del resto, scrive Moravia, esiste un oscuro rapporto tra il mondo voyeuristico e quello della scienza: lo scienziato che nell'esperimento spia i segreti della natura deve provare gli stessi sentimenti di stupore e di profanazione del ragazzo che spia attraverso la fessura della porta "la conchiglia pallida e rosa".