Biografia

Bambola: fantoccio di vario materiale vestito da bambina o da donna, usato specialmente dalle bambine per giocare. Ma anche: giovane donna con viso bello ma inespressivo oppure giovane donna vistosamente bella. Definizioni diverse accomunate da concetti condivisi, quali femminilità, bellezza, espressività, apparenza, ostentazione.

Da questi presupposti nasce la mia opera: uno sguardo dentro a una casa delle bambole, metafora e satira della società contemporanea. Le protagoniste sono pupazzi, oggetti senz’anima né profondità interiore, truccate, abbigliate e atteggiate per compiacere il desiderio dell’artista-pigmalione, deus ex machina e regista della rappresentazione.

Simulacri che rappresentano la vacuità e la superficialità dei tempi moderni, che esaspera l’apparire, il conformarsi a canoni culturali ed estetici, il piacere e il voler piacere. Personaggi belli, carichi di erotismo, desiderabili e privi di implicazioni morali che come bambole – appunto – compaiono sulla scena e la occupano con la loro esteriorità prepotente e con i loro enormi occhi, ora socchiusi, ora spalancati.

Il loro sguardo – sfrontato, magnetico e ineluttabilmente vuoto – è la finestra che apro agli spettatori sul mondo delle bambole. Lo specchio di un’anima resa muta dal conformismo, in cui ognuno può riconoscersi quando rinuncia ai propri ideali e al proprio spirito critico, ovvero a se stesso.

La mia scelta stilistica – ispirata alla Pop Art e fatta di tratti semplici, linee essenziali e colori accesi – è dettata dall’esigenza di ottenere un effetto d’impatto, immediato e ‘fast’ come la cultura e la società moderne, in una rappresentazione circolare che scorre senza soluzione di continuità dallo sguardo delle bambole a quello degli spettatori, dalla casa delle bambole al mondo contemporaneo.