Intervista ad Almagul Menlibayeva
24 July 2014
Conversazione semi-seria con Almagul Menlibayeva. Perché l’arte è una cosa seria ma lo spirito ancor di più. Quando l’arte riesce ad aprirci il passaggio per lo spirito, possiamo provare ad immergerci di nuovo nelle acque primordiali e nella nuda terra…ma solo se smettiamo di essere dei robot. Il lavoro preferito dall’artista è la performance, l’atto generativo, dove l’individualismo è cancellato per far spazio all’unione mistica con il mondo in tutte le sue forme. Dopo decenni di performance e Body Art, l’attività di Almagul non appare per nulla banale o ripetitiva, non assomiglia a nient’altro, soprattutto per il suo annodarsi in modo radicale alla cultura sufi e a quella dei popoli delle steppe.

Laura Fanti: La prima domanda è quasi d’obbligo, che aria si respira in Kazakhstan, soprattutto se si guarda all’Europa o agli Stati Uniti?. Molto banalmente vorrei chiederti come vedete gli occidentali!

Almagul Menlibayeva: Gli Stati che hai menzionato sono diversi. Tuttavia, posso paragonarli a diverse parti del corpo: sono tutte diverse ma alla fine collegate l’una all’altra. Nel ventunesimo secolo siamo tutti una sola unità…non c’è più né Est né Ovest, c’è l’uomo moderno confuso dalla nuova religione chiamata “consumismo” che non sa dove andare. Stiamo sprofondando tutti insieme nello stesso buco nero.

Il Kazakhstan per me è costituito da tre componenti che sono come una famiglia: la giovane figlia, l’Asia centrale indipendente, governata dal suo padre ex-comunista e l’antica primordiale nonna nei cui occhi si riflettono il cielo azzurro e le steppe sterminate. Padre e figlia si augurano la prosperità. Hanno molte speranze e desideri e molte paure allo stesso tempo…ma producono e consumano anche petrolio e gas e altre cose che sono parte di un “nuovo ordine mondiale”. Di queste tre io amo la “nonna”, che rappresenta l’antica tradizione e parla per mezzo degli antenati. Come vedo le persone occidentali? Persone!

La democrazia è un passo importante per costruire un’individualità, il che non è un processo facile per il rischio di annegare e perdersi nell’“egoismo del proprio ego”.

Le tue foto e i tuoi video sono spesso connessi con le tue origini e con le tue tradizioni ma anche con la questione dell’identità, che naturalmente deriva dalle altre due. Lavori con le nozioni di identità [plurale n.d.a], anche religiosa e sessuale. Quali sono i rapporti tra la prima questione (identità nazionale) e l’altra (le identità più in generale)? E in rapporto alla mentalità del tuo paese?

Io sono solo interessata a questioni che stanno dietro al sesso e alla morte, anche se allo stesso tempo l’artista è spesso influenzato dalla sua storia personale. La mia vita è stata come un hot dog in cui la mia infanzia era una salsiccia nel pane di uno strano esperimento sociale su larga scala. Era l’URSS. E più profondamente in questo sandwich io vedevo la luce di una “Peri”, che discendeva su di me dal mondo sciamanico Sufi, celato ma sempre presente.

Ecco perché il mio lavoro è un processo di ri-connessione alla mia natura mistica. Il rituale, che, nel vocabolario artistico contemporaneo, si trasforma in performance, la mia origine e la mia tradizione sono uno dei miei strumenti artistici. Per me l’arte è amore…mi piace lavorare nella natura con corpi nudi. Lì diventano una parte del paesaggio. Forse è perché io sono soltanto una pittrice.

Parli spesso delle steppe peris (le Peri delle steppe) che, se ho capito bene, sono creature tra le fate e gli angeli, che vengono a far visita ai mortali sulla terra…ci puoi dire qualcosa su di loro? E sul loro potere sul tuo lavoro?

I miti sono realtà del nostro potere psichico. Io ho un rapporto molto personale con i miti. Hai fatto caso che gli uomini moderni sono privi di misticismo? Usano sempre più spesso la loro parte sinistra del cervello. Si stanno trasformando sempre più in robot che urinano, defecano e si moltiplicano. Sono delusi e confusi. Io mi trasformo in una Peri che è come una ninfa occidentale o una geisha celestiale. Questa è la mia emanazione mistica. Ma per i robot tutto ciò è solo una favola. Le Peri sono presenti in molti racconti popolari in Eurasia, dalla Corea al Caucaso. In Asia centrale assistono allo sciamano ma sono invisibili, quando diventano visibili sono di una bellezza stupefacente. A volte possono danneggiare l’uomo con la loro decisione di portargli via la mente. Quest’uomo non ha altra scelta che diventare uno sciamano. Le Peri possono assumere la forma di un animale o di un uccello. Possono avere un contatto sessuale con le persone; i bambini che nascono da questi contatti sono persone speciali.

Le mie Peri sono moderne, vivono nel nostro tempo cercando di trattare con la società moderna. Hanno delle cose importanti da dire “che non muoiono mai”…e secondo me l’arte e la creatività appartengono a loro e non a noi, perché sanno cosa c’è dietro il sesso e la morte.

Più volte hai parlato del misticismo e della sua assenza nella cultura moderna. Credi che l’arte sia il solo modo per raggiungere il misticismo? O credi che ci siano altri modi per avvicinarlo?

L’arte è uno dei mezzi per raggiungere uno stato mistico. Questo processo è molto personale. Inoltre credo che l’arte non ci appartenga. Noi l’aspettiamo e cerchiamo di raggiungerla. Mi sento vicina al modo in cui lo zen e il sufi si rapportano con l’arte. L’arte ha molta potenza quando è verità. L’arte può uccidere o farti volare. Non è meraviglioso?

Secondo te quando abbiamo perso il senso del misticismo? Quando può essere iniziato questo processo? Naturalmente se credi si possa determinare l’inizio di questa perdita..

La nostra conversazione è sempre più filosofica. Fa spesso paura entrare nell’ignoto. Questo è perché con il passare del tempo abbiamo separato sempre più l’arte dalla vita. L’arte è diventata un gadget. Ma ammiriamo ancora l’arte lontana nel tempo anche se i suoi manufatti sono di un uomo “preistorico”…oppure guarda l’arte dei nomadi dell’Asia centrale: loro si vedono come parte della natura, ecco perché la loro arte è naturale, mistica, spirituale e molte altre cose…

La nozione di metamorfosi ha molta importanza nei tuoi lavori. La utilizzi per ricordarci che non siamo dei robot! Tuttavia sei obbligata a servirti di una macchina fotografica o di altri strumenti! Qual è il tuo rapporto con i media? E quando decidi che un’immagine può essere riprodotta? Quindi, quando la metamorfosi può essere bloccata? Cosa accade nella tua mente nel momento in cui devi decidere di bloccare in una foto o in un’immagine il tuo lavoro e il suo significato spirituale?

La prima cosa importante è essere chiari e semplici. Il concetto non è qualcosa che si deve adattare al mercato dell’arte. Poi, i media sono solo uno strumento, uno strumento per creare una dimensione o uno spazio che può essere un film un dipinto o una foto. Mi sento come un animale che da alla luce la sua creatura/creazione. Semplicemente lo sento quando è fatta. Quando viene fuori può avere la sua vita autonoma.

Almagul Menlibayeva è nata in Kazakhstan nel 1969; vive e lavora tra Amsterdam e Berlino.

Pubblicato su Espoarte n.54, agosto/settembre 2008

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