La Galleria Cesare è lieta di ospitare nei propri spazi la seconda mostra personale di Lorenzo Aceto.
Dopo lʼesordio caratterizzato da unʼinvestigazione sulla dimensione ambigua delle immagini, condotta con gli strumenti del disegno e della grafica, lʼartista presenta in questa occasione il risultato della sua produzione più recente, svolta interamente nellʼambito della pittura. La primordialità rappresenta il nucleo tematico attorno al quale gravita lʼintera esposizione: la ricerca di Aceto è infatti guidata dal tentativo di rievocare qualcosa di arcaico. Ciò lo ha condotto a lavorare sullʼimmagine del monolito, inteso – sulla scorta delle riflessioni di Mircea Eliade – come una ierofania. Un ciclo di lavori ha per soggetto gli elementi tecnologici primitivi, le pietre scheggiate. Esse sono ritratte con unʼaccuratezza formale quasi scientifica su un fondo neutro, contro il quale si stagliano alla stregua di presenze metafisiche.
Alla preistoria è ispirata anche unʼaltra serie di dipinti che nasce dal film di Jean- Jacques Annaud La guerra del fuoco (1981). Ambientata nellʼetà della pietra (circa 80.000 anni fa), la pellicola racconta della contesa fra due tribù di ominidi per il possesso del fuoco. Lʼartista ne seleziona alcuni fotogrammi per rivisitarli attraverso la pittura. Il richiamo alla preistoria si estende anche a livello formale, con lʼutilizzo dei pigmenti della pittura paleolitica (tutti i fondi dei dipinti ad esempio sono a ocra rossa) e un processo pittorico fondato sulla stratificazione. Lo stesso titolo della mostra è il suono usato dagli ominidi nella pellicola per indicare il fuoco.
Rivoluzionando il proprio metodo di lavoro, Aceto assume qui come punto dʼavvio un universo dʼimmagini preesistenti. Esso diventa per lʼautore soltanto un appoggio, un riferimento da cui partire e allontanarsi con grande velocità, motivato anche dalla necessità di sviluppare allʼinterno del quadro una dimensione scenica elusiva. Spesso inoltre lʼartista ricorre allʼespediente di capovolgere la tela durante lʼesecuzione. Non si tratta tuttavia di un gesto sovversivo, o peggio di gioco: questo ribaltamento è la via per una rigenerazione della pittura, un mezzo che sottrae allʼimmagine la riconoscibilità e consente una maggiore concentrazione sugli aspetti formali, uno strumento utilizzato «come se fosse un colore».
La seconda grande fonte cui Aceto attinge è rappresentata dai libri di storia naturale, da cui sono derivati gli altri dipinti. Un trittico ha per soggetto le ere geologiche, e rappresenta i tre regni animali dei dinosauri, dei mammiferi e dellʼuomo. Il mondo animale diventa per lʼartista un serbatoio di forme da combinare in varie composizioni, sospese in quel limite tra figurativismo e astrazione in cui vive la sua pittura.
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