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15Canon 215a riferire chi le onori sulla terra e quale di esse ciascuno veneri. A Tersicore dunque lecicale menzionano gli uomini che l’hanno venerata con le danze, e cosí li rendono assaicari alla Musa; a Erato, parlano di quelli che la venerano in canti d’amore; e alle altreMuse ugualmente secondo l’arte per cui ciascuna è onorata. Alla piú anziana, Calliope, ea Urania che le vien dietro, le cicale menzionano quelli che passano la vita a filosofare eche cosí onorano l’arte musica propria di quelle; perché queste due, sopra tutte le altreMuse presiedono alle cose celesti ed occupandosi dei discorsi divini ed umani, sanno ilcanto piú soave.3Il racconto si svolge in un luogo ameno, abitato dalleninfe,4 divinità gentili che attraverso il canto e ladanza esprimono poeticamente lo stupore provato dal-l’uomo greco di fronte al mistero sacro emanato dallabellezza della natura (physis).5 Il canto sorge cioè dal-l’incanto, dal pudore (aidos) che avvolge l’animo afasi-co immerso nel silenzio naturale.6La stessa meraviglia presiede alla nascita delle Muse, lenove fanciulle figlie di Zeus e di Mnemosyne (laMemoria), venute alla luce per lodare la prodigiosamagnificenza dell’universo. Senza il loro canto, donoceleste in cui è celata la memoria del divino, la crea-zione del mondo non sarebbe apparsa compiuta.7Anche nella paideia platonica il canto (aoide) apparecome una sorta di incantesimo (ep-aoide),8 in grado diriportare armonia nel cuore dell’uomo. Il potereammaliante della voce rivela in Platone una triplicevalenza: magico-esoterica, salvifica e terapeutica.Nelle Leggi i canti corali vengono definiti infatti «incantesimi collettivi»,9 che nulla hannoperò in comune con i riti evocanti forze demoniache, giudicati irrazionali e dunque con-dannati dal filosofo ateniese.10L’aspetto salvifico si collega invece direttamente alla tradizione orfica, cultura eminente-mente orale, in grado di suscitare una magnetica immedesimazione tra l’animo dell’ascolta-tore e la voce del rapsodo.11 Il potere sovrumano e terapeutico della musica assume infineun ruolo di rilievo nella scuola pitagorica12 e in quella ippocratica,13 il cui influsso si riveladeterminante per la teorizzazione platonica della formazione.14La facoltà curativa del canto è strettamente connessa alla sua capacità di ricreare nell’uomoil perduto equilibrio psico-fisico attraverso il movimento suscitato nell’anima e nel corpo.3. PLATONE, Fedro, 259 b-d, Bari, Laterza, 1989, p. 254.4. Ivi, 230b, p. 216.5. W. F. OTTO, Die Musen und der göttliche Ursprung des Singens und Sagens (1954), traduzione italiana:Le Muse e l’origine divina della parola e del canto, a cura di S. Mati, Roma, Fazi Editore, 2005, p. 8. Per unapprofondimento sul tema delle ninfe e delle muse, cfr. anche H. KOLLER: Ninfe, Muse, Sirene; A. QUEYREL,Le Muse a scuola, in «Musica e mito nella Grecia antica», a cura di Donatella Restani, Bologna, Il Mulino,1995, pp. 97-124.6. W. F. OTTO, op. cit., p. 10.7. W. F. OTTO, op. cit., p. 85.8. Evanghélos Moutsopoulos ricorda come in origine gli incantesimi fossero dei canti (cfr. E. MOUTSOPOULOS,Le musique dans l’oeuvre de Platon (1959), traduzione italiana, La musica nell’opera di Platone, a cura di F.Filippi, Milano, Vita e Pensiero, 2002, p. 32). A tale proposito cfr. anche C. SEGAL, La magia di Orfeo e leambiguità del linguaggio, in «Musica e mito nella Grecia antica», op. cit., p. 291. Per un approfondimento sullavocalità di Orfeo, cfr. F. GRAF, Orfeo un poeta tra gli uomini; J. BREMMER, Orfeo, da cantore iniziatico a«guru»; M. DETIENN, Orfeo dalla voce di miele, ivi, pp. 303-348.9. PLATONE, Leggi, Roma-Bari, Laterza, 2001, II 659e, p. 71.10. E. MOUTSOPOULOS, op. cit., p. 33.11. Su questo aspetto della tradizione orfica, cfr. SEGAL, op. cit., p. 295.12. E. MOUTSOPOULOS, op. cit., p. 32.13. Cfr., a tale proposito, la Parte II dell’accuratissimo saggio di A. BARKER, Psicomusicologia nella Greciaantica, a cura di Angelo Meriani, Napoli, Guida, 2002, pp. 75-98.14. Per un ulteriore approfondimento sui rapporti tra la tradizione pitagorica e ippocratica e la paideia platoni-ca, cfr. W. JAEGER, Paideia. Die Formung des griechischen Menschen (1947), traduzione italiana: Paideia. Laformazione dell’uomo greco, a cura di A. Setti, Firenze, La Nuova Italia, 1967, vol. II e III.GASPAREOSELLO(1530-1585?), Apollo fra le muse.Incisione a bulino da un dis-egno di Giorgio Ghisi(1520-1582). Vienna, Gra-phische Sammlung Albe-rtina.
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16Canon 2Nelle Leggi, ad esempio, Platone sostiene che le ninne-nanne, accompagnate dal dondoliodelle braccia, esercitano un’azione benefica e rasserenante sull’anima dei neonati,15 contri-buendo a formare già nei primi anni di vita una preziosa sensibilità verso la nobile armonia.Analogo effetto è ottenuto dalla danza, disciplina artistica che, come la poesia e il canto, hail proprio fulcro nel ritmo, cardine della sinergia tra parola, voce e movimento realizzatadalla mousiké.16In termini strettamente musicali, il concetto di «armonia» viene utilizzato da Platone perdefinire «la caratteristica principale di ogni musica, in quanto fattore di ordine e unità, checonduce l’anima umana alla somiglianza, all’amore della Bellezza, alla concordanza con ilBello».17Simmia esalta la natura divina dell’armonia,18 mentre Socrate ne sottolinea la capacità direalizzare un legame unificante tra elementi contrari.19 È proprio l’armonia, infatti, cherende possibile il legame tra l’anima e il corpo e che consente la convivenza delle diverseparti dell’anima tra loro.20La relazione armoniosa tra l’anima e il corpo consente di intuire, per analogia, il rapportoche si instaura tra dio e l’universo.Nel Timeo il demiurgo anima la materia amorfa e fluttuante donandole la forma delle Ideee dei Numeri21 e introducendovi l’Armonia.22 La sua azione plasmante si sprigiona in parti-colare attraverso la creazione dell’Anima del mondo, intesa come trait d’union dialetticolanciato tra il mondo sensibile e il mondo intelligibile, una sorta cioè di cielo immaginariosorto dall’unione tra l’essere fisico e l’essere ideale, caratterizzato da armonia, proporzione emisura.23Nel pensiero di Platone l’aspetto metafisico dell’armonia si intreccia con la sua valenzaetica. La virtú stessa è armonia, e l’arte dei suoni - in particolare il canto, che si avvale del-l’apporto concettuale racchiuso nella parola - contribuisce in modo determinante a rende-re l’anima virtuosa.24 La musica, infatti, sorta dall’eros che si sprigiona tra armonia e ritmo,25incarna l’immagine piú viva delle sottili assonanze che relazionano l’anima all’universo.Occorre però distinguere tra i due diversi tipi di godimento generato dalla musica:26 vi è unasensazione piacevole, che trae gioia dal dinamismo dei suoni, pur senza saperne cogliere ilnesso, e vi è un piacere razionale, che si sprigiona dai suoni puri, emessi da una «voceunica», belli in sé e non in relazione ad altro.27 La nota unica e pura a cui allude Platoneevoca l’unità interna del suono, caratterizzata da un rapporto numerico. La predilezionedimostrata per i suoni puri si giustifica dunque con la capacità che essi hanno di lasciar tra-sparire in grado elevato l’idea di cui partecipano. Le emozioni estetiche sorte da questo tipodi ascolto conducono alla conoscenza del Vero, a cui è strettamente connessa la conoscen-za del Bene28 e del Bello.29La musica, dunque, nel momento stesso in cui rivela la struttura del mondo,30instilla nel-l’animo l’intuizione e il desiderio di un modello migliore di vita. Di qui la sua importanzacruciale nell’ambito dell’organizzazione statale e il rilievo pedagogico affidatole nellaRepubblica e nelle Leggi.15. PLATONE, Leggi, op. cit., VII 790 d-e, 791 a-b, p. 212.16. Sull’importanza della danza nella paideia platonica, cfr. ancora E. MOUTSOPOULOS, op. cit., parte secon-da, capp. 1-5.17. Ivi, p. 352. Cfr. PLATONE, Repubblica, op. cit.., II 401c, p. 113.18. PLATONE, Fedone, Bari, Laterza, 1988, 86 a-c, p. 141.19. Ivi, 92e-93a, p. 151.20. Ivi, 86b-c, p. 141.21. PLATONE, Timeo, Bari, Laterza, 1991, 53b, p. 399.22. Ivi, 36e-37a, pp. 376-377.23. Per un approfondimento sul concetto di Anima del mondo, cfr. E. MOUTSOPOULOS, op. cit., p. 348 epp. 373-376; utile anche G. GUANTI, Estetica musicale. La storia e le fonti, Firenze, La Nuova Italia, 1999,pp. 1-10.24. PLATONE, Protagora, Roma-Bari, Laterza, 2003, 326b, p. 87; Repubblica, op. cit., III, 401d, p. 113;IV, 442a, p. 156.25. PLATONE, Simposio, Bari, Laterza, 1989, 187c, p. 162.26. PLATONE, Timeo, op. cit., 80b, p. 432.27. PLATONE, Filebo, Bari, Laterza, 1989, 51d, p. 118.28. PLATONE, Repubblica, op. cit., VI, 508e, p. 223.29. PLATONE, Simposio, op. cit., 212a, p. 192.30. PLATONE, Timeo, op. cit., 47b-d, pp. 391-392.
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17Canon 22. L’EDUCAZIONE MUSICALE PRIMA DI PLATONEVi è una lunga tradizione educativo- musicale che precede ed ispira la teorizzazione plato-nica, ideale sintesi di una cultura che ha posto l’arte, e in particolare la musica e il canto,come fonte viva della formazione umana.31Già in Omero la musica e la danza rappresentano il percorso educativo fondamentale per losviluppo della personalità.32 La paideia liberale dei giovani eroi, infatti, di cui Achille rap-presenta il prototipo, concepisce la musica ad un tempo come disciplina principale e com-plemento indispensabile. Grazie anche all’educazione estetico-musicale ricevuta daChirone, Achille incarna la fusione armoniosa tra la personalità di Aiace, vigoroso uomod’azione, e quella di Odisseo, maestro nell’arte della parola e dell’astuzia.33Il modello omerico viene ripreso dalla tradizione spartana : si pensi alla scuola di assolovocale creata da Terpandro nel VII secolo e ai centri di corodia fondati nel VI secolo, ovel’educazione musicale si associa alla formazione ginnica e alla danza.34 L’attrazione esercita-ta da Sparta nei confronti di poeti e musicisti stranieri (tra cui ricordiamo Tirteo eAlcmane) testimonia l’ampiezza di interessi della cultura lacedemone e la valenza etica con-nessa all’educazione musicale.35La lirica monodica di Lesbo, che raggiunge il proprio splendore con Saffo e Alceo, rivolu-ziona non solo la creazione poetica, d’ora in poi segnata dal predominio della componentemusicale su quella letteraria, ma contribuisce al contempo alla fondazione di un nuovo idea-le educativo. La scuola di Saffo e delle sue rivali Andromeda eGorgone, operanti nella regione continentale, rappresentano infat-ti una sorta di conservatorio ante litteram di musica e declamazione,nel quale le giovani allieve imparano a suonare la lira e ad accom-pagnare con essa il canto, nel corso di insegnamenti che si svolgo-no spesso durante lunghe veglie notturne. Alla scuola di Alceo,invece, ci si forma per diventare un uomo di cultura, secondo ilmodello educativo inaugurato da Chirone.36 Occorre attendereperò la tradizione pitagorica perché la musica venga indicata comedisciplina principale all’interno del percorso di ricerca filosofico escientifico-astronomico. Il paradigma pitagorico - radicato nell’or-fismo e ripreso poi, attraverso la mediazione degli armonisti, nellapaideia platonica - attribuisce all’educazione musicale un ruolo pri-vilegiato all’interno della formazione dell’uomo in quanto essa con-sente la comprensibilità e la comunicazione dei segreti racchiusinella tetratti, la dottrina riservata agli acusmatici, ai quali vengonorivelate le leggi che governano la musica celeste e umana.37Solone introduce nelle scuole l’insegnamento obbligatorio dellamusica e della ginnastica38 mentre nell’età di Pericle maggior risal-to viene affidato, oltre al canto, all’educazione strumentale (soprat-tutto flauto e lira), per consentire all’uomo di buona educazione diesprimersi musicalmente nei simposi, nelle palestre e nelle festeorganizzate dalla polis.3931. A tale proposito cfr. il prezioso volume di J. CHAILLEY, La Musique grecque antique, Pairs, Les BellesLettres, 1979.32. E. MOUTSOPOULOS, op. cit., p. 188.33. W. JAEGER, op. cit., vol. I, p. 69.34. PLUTARCO, De Musica, 1134b, a cura di Raffaella Ballerio, Milano, BUR, 2001, p. 35. Sulla centra-lità della voce nella cultura musicale dell’antica Grecia, cfr. A. BÉLIS, Les Musiciens dans l’Antiquité, Paris,Hachette Littératures, 1999, pp. 179-191.35. W. JAEGER, op. cit., vol. I, p. 193. Cfr. anche E. MOUTSOPOULOS, op. cit., p. 189.36. Ivi, pp. 192-193.37. Ivi, p. 194.38. Ivi, p. 203.39. «L’insegnamento del flauto veniva impartito sia da maestri subalterni che dallo stesso citarista. L’allievoascoltava l’esecuzione di un brano musicale, poi lo ripeteva a sua volta, sia sullo strumento che il maestrogli dava che sul suo flauto personale; il maestro correggeva i suoi errori oppure l’accompagnava cantando ese accompagnava anche con un barbiton la melodia del flauto, si veniva a creare una specie di ‘terzetto’ voca-le e strumentale. Il modo in cui veniva insegnato a suonare la lira era identico: prima la dimostrazione delprofessore, poi l’esecuzione dell’allievo, infine le correzioni» (ivi, pp. 205-206).Lezione di musica. Par-tico-lare da un vaso greco del VIsec. a. C. Monaco, Anti-kesammlungen
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18Canon 2Con Damone, infine, la paideia musicale, difesa appassionatamente nell’Aeropagitico, diven-ta la via privilegiata per l’acquisizione della virtú, considerata insegnabile. Il mimetismoemotivo suscitato nell’anima dai suoni, infatti, suggerisce al sofista greco la scomposizionedelle diverse forme musicali nei loro elementi costitutivi di base e la definizione di sistemicompleti di armonie e di ritmi, ai quali vengono associati atteggiamenti morali piú o menoraccomandabili.Mentre «per i sofisti, strumentali alla trasmissione della virtú sono l’accumulo enciclopedi-co di conoscenze e l’insegnamento del modo in cui tenere abilmente dei discorsi; perSocrate, il mezzo principale è costituito dalla dialettica; per Damone, infine, si tratta sem-plicemente della musica».40Moutsopoulos distingue, a questo proposito, tre diversi livelli di etica musicale: «quello pro-prio delle strutture tecniche, che abbracciano l’armonia, la ritmica, la metrica e la poesia;quello delle strutture fisiologiche e morali, relative alla formazione dei caratteri corrispon-denti alle esigenze di un determinato ideale; infine, quello delle strutture politiche che ine-riscono alla legislazione».41 L’etica musicale genera cosí una vera e propria «politica musi-cale» che ispira a Platone l’ideazione di strutture atte a garantire la massima diffusione atutti i livelli sociali della conoscenza musicale.3. FORMAZIONE E VOCALITÀ IN PLATONETraendo ispirazione da Omero, Pitagora e Damone, Platone valorizza infatti, in modo par-ticolare, l’aspetto etico-politico connesso alla paideia musicale.Nelle Leggi viene considerato «ineducato» chi non pratica la danza corale, ovvero quellaforma di espressione artistica che sorge dall’intreccio armonioso tra la danza e il canto.42Platone distingue due fasi all’interno del percorso educativo sonoro: l’acquisizione delle abi-lità tecnico-linguistiche e l’applicazione pratica delle conoscenze acquisite che, una voltametabolizzate, suscitano nell’animo del giovane il desiderio di compiere grandi gesta.In particolare la paideia platonica insiste sulla formazione vocale, strumento indispensabileper raggiungere l’armonia.L’educazione al canto, come ricordavamo poco sopra, inizia fin dai primi istanti di vita, gra-zie alle melodie delle nutrici e dei genitori, capaci di evocare nel neonato la prima nozionedi euritmia e quiete43 e la relazione indissolubile tra ritmo, armonia e calma psichica.44Su tale fondamento semplice ma rigoroso (genitori e nutrici rispondono direttamente allostato dell’educazione musicale impartita ai figli nei primi anni di vita)45 si erge tutto il com-plesso edificio formativo platonico, articolato in fasce progressive d’età.Tra i tre e i sei anni l’educazione al suono avviene tramite giochi che includono canti edanze. Moutsopoulos sottolinea come emerga qui con chiarezza la connessione tra il canto,il gioco e la legge (nómos) che lo governa.Il rispetto delle regole che fondano il gioco e il canto, oltre a indurre l’intuizione empiricadella bellezza musicale, educa infatti il bambino all’autodisciplina, allo sviluppo del sensocomunitario e all’associazione mentale tra il nómos melodico e quello politico.46Nell’età compresa tra i sei e i dieci anni, l’istruzione tra i due sessi inizia a differenziarsi, con-centrandosi soprattutto sullo sviluppo del vigore fisico; la musica corale e la danza conti-nuano comunque ad essere praticate allo scopo di equilibrare la dura disciplina fisica e perdonare serenità all’anima.47Tra i dieci e i tredici anni il giovane si dedica a perfezionare la propria abilità nella decifra-zione degli spartiti musicali, affiancato dal supporto di un maestro qualificato, il grammati-stés. Solo nel triennio successivo egli prende per la prima volta in mano la lira e riceveun’accurata istruzione vocale monodica grazie al citarista, che gli insegna ad intonare all’u-nisono voce e accompagnamento, a variare sulla lira la melodia del canto, a comporre ete-40. Ivi, p. 210.41. Ivi, p. 213.42. PLATONE, Leggi, op. cit., II, 654b, pp. 64-65.43. Ivi, VII, 790e, 791 a-b, pp. 212-213.44. E. MOUTSOPOULOS, op. cit., p. 228.45. Ivi, p. 243.46. Ivi, pp. 228-229. Cfr. Leggi, op. cit., VII, 797 a-c, p. 220.47. Ivi, VII, 795d, p. 218.
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19Canon 2rofonie (ovvero ad inserire nelle pause della voce un intermezzo strumentale eseguito allacetra), ad alternare suoni rapidi e lenti, acuti e gravi, e a trasformare i moduli ritmici.48Il metodo di insegnamento si svolge in tre fasi: la dimostrazione del maestro, l’ esecuzionedell’allievo che cerca di imitarlo e la successiva correzione da parte del docente.49 Lo sforzodi immedesimazione nei ritmi e nelle melodie composte sui testi dei poeti lirici favorisceanche la formazione etica del bambino, che trae alimento dalla saggezza racchiusa nelleopere degli antichi maestri.50Parallelamente all’educazione monodica, si svolgono le esecuzioni corodiche dei giovani,rese sempre piú raffinate grazie alla selezione effettuata tramite i concorsi banditi dalla pólisin occasione delle numerosissime feste religiose.51Nelle Leggi il coro dei fanciulli, quello dei cittadini fino a i trent’anni e quello degli uomi-ni in età compresa tra i trenta e i sessant’anni si intrecciano per «cantare alle anime anco-ra giovani e docili dei bambini parole incantatrici».52L’approfondita formazione musicale finora descritta non mira alla scoperta e alla valorizza-zione del talento geniale: per Platone, infatti, il miglior musicista non è tanto il composito-re o l’esecutore eccezionale quanto colui che sa creare armonia tra il pensiero e l’azione, lateoria e la pratica, la cultura e la vita. La musica passa dunque in secondo piano, assumen-do una funzione propedeutica per lo sviluppo morale e filosofico dell’individuo.53Merita però attenzione la cura riservata alla paideia musicale dei custodi e dei filosofi, le dueclassi che costituiscono il cardine della ideale repubblica platonica.Nel II libro della Repubblica si consiglia di affiancare l’educazione ginnica dei futuri guerrie-ri a quella musicale, onde poter coniugare lo sviluppo del corpo e del coraggio in battagliacon la mitezza e la cura dell’anima.54La sensibilità per il suono educa infatti alla bellezza e al riconoscimento del Bene,55 all’or-dine e all’armonia tra le varie facoltà,56 prima ancora che si siano sviluppate le abilità razio-nali. Per raggiungere tali obiettivi, i custodi devono ascoltare e suonare composizioni con-tenenti ritmi virili e armonie doriche e frige, capaci di incitare al coraggio, alla fermezza ealla preghiera.57Mentre la pratica musicale dei guerrieri è di tipo sostanzialmente empirico, i futuri filosofivengono invece avviati ad una paideia sonora metafisica, finalizzata all’acquisizione delladialettica.58 La musica, infatti, consentendo l’intuizione del carattere intelligibile del Belloe del Bene, si manifesta disciplina rivelatoria del mondo trascendente, accanto alla mate-matica, la geometria, la stereometria e l’astronomia.59Il percorso suggerito da Platone nella Repubblica invita a non anteporre le orecchie allamente e ad evitare le ricerche sterili tipiche degli armonisti. Anziché perdere tempo nellecommisurazioni degli accordi tra loro, utilizzando la facoltà uditiva sensibile, occorre inve-ce cercare i numeri che danno origine alle consonanze.60 Si rende cioè necessaria l’elabora-zione di una teoria musicale sorda,61 in linea con la tradizione anti-empirista dei pitagorici.6248. Ivi, VII, 812 d-e, pp. 238-239.49. E. MOUTSOPOULOS, op. cit., p. 205.50. PLATONE, Protagora, op. cit., 325d e sgg., p.86.51. Sullo svolgimento dei concorsi musicali nell’antica Grecia, cfr. A. BÉLIS, op. cit., pp. 123- 156.52. PLATONE, Leggi, cit., 664 b-e, p.76.53. E. MOUTSOPOULOS, op. cit., p. 233.54. PLATONE, Repubblica, op. cit., II, 375 b-d, p.83.55. Ivi, III, 403c, p. 115.56. Ivi, III, 424 d-e, 425 a-c, pp. 136-137.57. Ivi, IV, 398c-e, 399 a-e, pp. 110-111.58. Ivi, VII, 531e, 532 a-c, p. 248.59. Ivi, VII da 524d-e a 533c, pp. 240-249.60. Ivi, VII, 531 a-c, p. 247.61. Secondo Angelo Meriani, «la teoria musicale ‘sorda’ auspicata da Platone si configura, in sostanza, comeuno strumento euristico e astratto, che dalla musica prende soltanto le mosse, per poi staccarsene progres-sivamente, definendo campi e metodi di indagine del tutto autonomi» (A. MERIANI, Sulla musica greca anti-ca. Studi e ricerche, Napoli, Guida, 2003, p. 105). Su questo argomento, cfr. anche A. BARKER, op. cit.,pp. 119-120.62. Per un approfondimento sulla scuola pitagorica e le sue diverse fasi di sviluppo, cfr. P. CIARLANTINI,Phonos ed ethos. Aspetti di estetica musicale greca, Macerata, Olmi, 1985, pp. 9-17; sul rapporto traPlatone e la scuola pitagorica del tempo di Socrate, cfr. MERIANI, op. cit., pp. 83-114.
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20Canon 2Attraverso questo silenzio intenso, che rifiuta voci e strumenti per nutrirsi di pura astrazio-ne matematica, è possibile accedere alla «canzone dialettica», la sola capace di elevare laparte migliore dell’anima alla contemplazione dell’Essere piú sublime.63Nel Timeo Platone descrive accuratamente il processo che porta dalla percezione sonoraall’intuizione dell’idea. Il suono fisico giunge attraverso le orecchie alla testa; viene quinditrasmesso all’addome, sede delle percezioni sensoriali; il fegato trasforma infine tali sensa-zioni in immagini.64 Solo chi è educato alla teoria musicale matematica sa collegare i movi-menti suscitati dalle percezioni sonore ai modelli di movimento intelligibili, di cui le strut-ture musicali sono imitazione.654. EDUCAZIONE MUSICALE DI STATOLa musica, ed in particolare l’espressione vocale, in quanto manifestazione artistica ingrado di intensificare lo sviluppo delle facoltà conoscitive ed etiche, si rivela dunque inPlatone attività educativa tout court,66 decisiva per la stabilità politica e sociale dello stato.Ogni trasformazione della paideia musicale tradizionale, pensata per essere la migliore pos-sibile, influisce pertanto negativamente sul benessere stesso della polis. La legge musicale,infatti, è strettamente connessa alla legge dello stato e non può venire alterata, pena ladecadenza stessa della polis.67È necessario allora fissare con rigore le norme che riguardano la formazione musicale, l’ele-zione di autorità educative competenti in materia, l’esatto svolgersi degli spettacoli e deibrani che vi vengono eseguiti, le prassi compositive e interpretative e i principi che infor-mano l’attività critico-musicale.Platone non trascura un solo aspetto della produzione e dell’educazione al suono che, daprocesso fino a quel momento liberale, affidato fondamentalmente alla gestione autonomadei privati, diventa ora una vera e propria educazione di stato.Tale proposta, se limita notevolmente la creatività e l’innovazione, a causa della venera-zione per la tradizione antica, modello ideale indiscutibile, consente però di ramificare edarricchire la formazione musicale diffondendola in tutte le classi sociali, le fasce di età e leprofessioni.Le autorità che vigilano sulla corretta applicazione delle leggi in questo campo si suddivi-dono in tre categorie: gli intendenti di musica e ginnastica che supervisionano l’ordine dellescuole e la qualità dell’educazione impartita dagli agenti musicali; i giurati in commissionenei concorsi musicali, esperti in ogni settore culturale, la cui elezione non dura piú di unanno; infine il direttore supremo dell’educazione, vertice della gerarchia pedagogica, defi-nito il migliore cittadino possibile, scelto tra i padri di famiglia di almeno cinquant’anni, acui è affidato il ruolo delicatissimo di vigilare per cinque anni sulla formazione della popo-lazione.68Quanto all’educazione dei compositori, Platone biasima una competenza puramente virtuo-sistica: il musicista autentico deve essere piuttosto simile ad uno scienziato, dotato diapprofondita competenza matematica e di uno spirito di ricerca razionale. Solo in questocaso egli saprà cogliere l’esatta altezza dei suoni, la quantità degli intervalli, le loro caratte-ristiche e relazioni numeriche che vi intercorrono, creando sistemi e misurando il ritmo,cosí da riportare tutti i dettagli musicali ad una espressione costante, di tipo matematico.69Per potere magnificare le virtú degli antenati70 e creare incantesimi contro l’ingiustizia,71 icompositori, considerati da Platone i principali collaboratori dei capi di stato, devononecessariamente sottoporsi ad un iter educativo complesso e articolato. Occorre innanzitut-63. PLATONE, Repubblica, op. cit., VII 532c, p. 248.64. PLATONE, Timeo, op. cit., 79e-80a, p. 432, e 70d-72d, pp. 422-424.65. Per l’interpretazione di questi passi del Timeo, cfr. A. BARKER, op. cit., pp. 124-125, e ID., Timaeus onmusic and the liver, in M. R. WRIGHT (a cura di), Reason and Necessity: Essays on Plato’s Timaeus,London, 2000, pp. 85-99.66. E. MOUTSOPOULOS, op. cit., p. 247.67. PLATONE, Repubblica, op. cit., IV, 424 b-c, p. 136.68. E. MOUTSOPOULOS, op. cit., pp. 243-247.69. Sulla formazione musicale dei compositori, cfr. anche BÉLIS, op. cit., pp. 157-178.70. PLATONE, Menesseno, Roma-Bari, Laterza, 2003, 239b, p. 389.71. PLATONE, Repubblica, op. cit., III, 410 a-b, p. 123; II 335c, pp. 38-39.
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21Canon 2to che essi conoscano alla perfezione la tradizione musicale antica, deturpata dalle innovazio-ni degli armonisti e dei virtuosi, ai quali viene imputata la mescolanza dei generi e delle armo-nie.72 Solo dopo questo addestramento essi saranno in grado di esprimersi con semplicità uti-lizzando sapientemente l’armonia, la melodia e il ritmo.73 I contenuti pessimisti74 e l’utilizzodella musica pura sono rigorosamente sconsigliati da Platone;75 è inoltre di fondamentaleimportanza che il compositore abbia sempre chiara coscienza di ciò che vuole esprimere,76 inmodo che i suoi brani non si rivelino dannosi per l’integrità morale della città.Nonostante tale rigida normativa, non viene comunque disconosciuto il ruolo decisivo svoltodall’ispirazione nell’evento creativo.L’artista è dotato, per Platone, di un privilegio divino, in quanto si nutre dell’ispirazione dona-tagli dalla Musa che lo possiede e tramite la propria competenza tecnica comunica i contenu-ti ricevuti attraverso la forma che gli è confidata.77 Mentre dunque il filosofo conosce il Verograzie ad una ricerca di tipo attivo, il musicista-poeta si limita a ricevere ed esprimere passiva-mente le rivelazioni celesti.Anche gli interpreti, in particolare i cantanti, devono sottoporsi ad una paideia musicaleapprofondita.Questi nostri cantori che noi ora invitiamo al canto, e in certo modo costringiamo perchécantino volentieri, devono aver ricevuto, direi, un’educazione fino a tanto che ciascuno diloro possa seguire la cadenza dei ritmi e le note della musica, affinché esaminando le armo-nie e i ritmi sappiano scegliere quelli che sono convenienti e che si addice siano eseguiti allaloro età e nelle loro condizioni, e cantino così, e nell’atto di cantare siano anche subito lietidi innocenti piaceri e divengano guida ai piú giovani verso il giusto amore degli onesti costu-mi: se educati così avrebbero acquistato un’educazione piú accurata di quella che spetta allamassa, anche agli stessi poeti.78Per facilitare la comprensione delle opere musicali, determinante si rivela il giudizio criticodegli esperti, guida particolarmente preziosa in un periodo storico caratterizzato dalla deca-denza del gusto. Le innovazioni introdotte dai compositori e dai virtuosi, infatti, hanno distor-to nell’ascoltatore il senso dell’ordine, la solidità dei parametri estetici e dei punti di riferi-mento critici. L’arroganza della teatrocrazia, che giudica da sé senza averne la necessaria com-petenza,79 va arginata innanzitutto aumentando la formazione musicale del pubblico, fino adallora limitata alla conoscenza dei soli rudimenti teorici.80Allo scopo di ampliare la cultura musicale degli ascoltatori, Platone propone di diffondere laconoscenza e l’ascolto del repertorio tradizionale, baluardo contro l’ignoranza e modello diriferimento per il raffinamento del gusto. La bellezza, infatti, non può presentarsi sotto formediverse, poiché le idee eterne si esprimono solo attraverso prototipi artistici assoluti e unici.Per potere cogliere la struttura del mondo portata alla luce dalla musica,81 è necessario rein-trodurre la sacralità all’interno delle manifestazioni artistiche, come avveniva ai tempi diSolone, e rieducare il pubblico all’umiltà e al confronto, a quel silenzio timoroso, cioè, di fron-te a chi è davvero competente.Il critico musicale sa giudicare un’opera confrontandola con un modello ideale che solo luiconosce davvero a fondo (a conferma che la coscienza musicale estetica non esiste al di fuoridella scienza musicale), ed esprime un giudizio che si rivela essere ad un tempo musicale, intel-lettuale e morale. A questa aristocrazia di esteti, custodi del gusto e dell’ethos dello stato, ilpubblico deve obbedienza assoluta nelle questioni riguardanti la cultura musicale.72. E. MOUTSOPOULOS, op. cit., p. 308.73. PLATONE, Leggi, op. cit., VII, 812 d-e, pp. 238-239.74. Ivi, VII, 800e, 801a, pp. 224-225.75. L’espressione sonora, in quanto sacra e intimamente connessa con la preghiera, va sempre affiancata allaparola e alla gestualità. Cfr. PLATONE, Leggi, op. cit., VII, 801a, p. 225.76. Ivi, VII, 801 a-b, p. 22577. PLATONE, Ione, Roma-Bari, Laterza, 2003, 533.78. PLATONE, Leggi, op. cit.,II, 670 d-e, p. 83.79. Sulla teatrocrazia, cfr. in particolare PLATONE, Leggi, op. cit., III, 701a-e, 702 a-b, pp. 114-116.80. E. MOUTSOPOULOS, op. cit., p. 307.81. PLATONE, Timeo, cit., 47b-d, pp. 391-392.
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22Canon 2CONCLUSIONI. VERSO UN’ONTOLOGIA VOCALICA DELL’UNICITÀRileggendo i testi platonici, nei quali l’educazione al suono e alla vocalità viene propostaquale strumento formativo per eccellenza, la prima riflessione che emerge nel lettore moder-no è senz’altro lo stupore per la scarsa attenzione di cui gode la paideia musicale, in modoparticolare nel nostro paese.Quale abisso separa il progetto di formazione continua tracciato nelle Leggi da una realtàeducativa come quella italiana, nella quale la musica, lungi dall’essere considerata determi-nante per lo sviluppo delle facoltà cognitive, estetiche e morali della persona, viene confi-nata quale sussidio marginale, sostanzialmente ricreativo, all’interno del curriculum previstoper le scuole primarie e secondarie; salvo riapparire - con le ben note disfunzioni e carenze,che la recente riforma non riesce ad arginare - nelle istituzioni dei Conservatori e delleAccademie di musica, riservate ai pochi eletti che hanno deciso di dedicare la propria vitaad una professione sempre piú ardua da realizzare.Oltre alle insufficienze formative dell’iter conservatoriale mancano, in particolare nellenuove generazioni, le basi conoscitive fondamentali per potere comprendere e apprezzarel’immensa ricchezza racchiusa nel patrimonio musicale. Manca cioè il pubblico di domani,per il quale gli operatori e gli educatori lavorano, donando i loro sforzi e le loro ricerche.L’allarme è già stato lanciato da tempo, ma rimane ancora inascoltato. Il vuoto culturale dasanare è tale che evidentemente chi dovrebbe assumersi la responsabilità di colmarlo indie-treggia disarmato.Quali rimedi adottare, in attesa di un intervento radicale, lungimirante, capace di suggeri-re una reimpostazione innanzitutto filosofica del problema? Non è infatti possibile proget-tare una riforma dell’educazione musicale senza ipotizzare, come suggerisce anche Platone,una rinnovata visione del mondo (Weltanschauung) che comprenda al proprio interno unarifondazione non solo conoscitiva ma anche valoriale della formazione.Educare all’ascolto del suono e, attraverso il suono, all’ascolto del Sé, dell’Altro da sé e delMondo circostante, significa infatti schiudere ad una visione stereofonica dell’esistenza,nutrita ad un tempo di incanto poetico e di scienza, di impegno etico-sociale e di segretaimmersione nelle profondità dello Spirito (Geist).82La voce, la nostra voce, in primis, nucleo invisibile ma immediatamente percepibile dellanostra unicità,83 può diventare - oggi, come ai tempi di Platone - il veicolo prezioso in gradodi avviare questa silenziosa ma radicale rivoluzione.Vibrazione inconfondibile emessa da un corpo che vive e respira, rivelazione disarmantedell’essenza stessa dell’anima, intimamente protesa verso l’orecchio altrui,84 l’espressionevocale rappresenta infatti lo strumento piú semplice e immediato per riscoprire istintiva-mente, attraverso la seduzione del canto, le potenzialità conoscitive, razionali, ma anchepulsionali,85 insite nel linguaggio sonoro.Il primato della phoné sul logos, auspicato da Adriana Cavarero, consente infatti l’abbando-no del logocentrismo a cui ci ha abituato la tradizione metafisica occidentale, attentasoprattutto alla parola e alla sua spersonalizzata forma segnica, e il disvelamento di una rela-zionalità non ancora catturata dall’ordine del linguaggio, precisata come «relazione fra uni-cità».86Il nesso tra l’unicità del canto e quella della voce, intuito e appena sfiorato nello Ione pla-tonico,87 invita cioè a recuperare la potenzialità eversiva della phoné e ad indicare la forma-zione vocale quale presupposto per una ontologia vocalica dell’unicità,88 ovvero per la rifon-dazione dell’esserci dell’uomo sulla base dell’unicità inconfondibile della sua voce.82. Per la teoria dell’ascolto, ci richiamiamo a due fondamentali saggi di A. TOMATIS, Écouter l’univers, tra-duzione italiana: Ascoltare l’universo, a cura di Laura Merletti, Milano, Baldini & Castoldi, 1998, e Versl’écoute humaine, traduzione italiana: Come nasce e si sviluppa l’ascolto umano, Como, RED, 2001.83. A. CAVARERO, A piú voci. Filosofia dell’espressione vocale, Milano, Feltrinelli, 2003, p. 8.84. Ivi, pp. 10-11.85. Ivi, p.17.86. Ivi, pp. 15-23.87. Cfr. ancora le preziose osservazioni di Cavarero sul controverso rapporto che intercorre tra Platone e lacultura orale, ivi, pp. 91-104.88. Sull’ontologia vocalica dell’unicità, cfr. ivi, pp. 189-199.
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23Canon 2Il tentativo di strappare la parola dall’isolamento e dal silenzio autoreferenziale, grazie all’af-francamento del logos dalla sua sostanza visiva e al recupero della sua natura di parola sono-ra, rete di relazione tra una pluralità di voci singolari, suggerisce di ripensare radicalmenteanche la formazione vocale, valorizzando appieno la lezione di Tomatis.89Ritrovare la «risonanza»
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