ewent8
09 January 2013
Hölderlin Hölderlin. Credo peròche il lettore possa trovare qui realizzato in forme estreme quel singolare incastro da cui siamopartiti: la carica lirica come totale esistenziale sfocia qui più che in qualsiasi altro passo diHölderlin nell’urgenza di riattingere il mito come possibilità di racconto.E per converso la bufera minacciosa di ermetici riaffioramenti mitico-narrativi (i nomi lanciatinel testo come oscuri segnali) urge verso un’estrema occasione salvifica.Ciò comporta per il poeta ed esige dal lettore un supremo impegno che consenta di conquistareermeneuticamente il mito stesso e, attraverso il riaffacciarsi ermetico del mito, dare nuovaconsistenza alla soggettività in quella parola evocatrice del mito solo per la forza della suaradicale carica lirico-esistenziale.Il problema in Hölderlin è che la parola deve dire in termini fenotipici e anzi soggettivi cosereali, eventi e significati che di per sé non dovrebbero dipendere dalla loro dizione e neanchedalla loro dicibilità ma dalla loro realizzazione nel passato, (ir)realizzabilità nel presente, pre-dicibilità nel futuro.Il punto è che se non c’è chi dice non c’è neanche chi può preparare, costituire il coro, ilcenacolo, la comunità. (È questo il punto in cui dire ed evento coincidono, anzi si condizionanoreciprocamente)Hölderlin cerca di costruire l’epifania (assunto in sé ossimorico perché l’epifania può sì venirricreata, ma è veramente tale solo quando è evento spontaneo, affiorare immediato eilluminante)
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5Nell’odos individuale Hölderlin dice in modo sapienziale il nomos e la gnome che costituisconoquel percorso esistenziale per mettersi in grado di ri-dire come mito (e cioè di dotare di sensosottolineato) un evento che diventa importante in quanto raccontabile e cioè come svolgimentodi un qualche cosa (fatto riaffiorare dalla memoria privata o storica o utopica) che nell’atto dellari-evocazione assume un super-significato fondante.È, come tutti i miti, fondazione di ciò di cui è capostipite, fondazione di una dimensione: unadimensione dell’umanità, per es. della convivenza umana, del rapporto con i Valori e le Forzedivine o i Nomi o viceversa anche dell’inaccessibilità (per l’individuo, per un popolo, unacollettività)Hölderlin contesta continuamente l’applicabilità antropologica non solo del suo percorso versola parola epifanica, ma di questa stessa.L’epifania è sì istantanea (non solo il poeta ci arriva attraverso un percorso), ma quell’istante èesso stesso non propriamente istante ma piuttosto momento, fase di un percorso (ciclico, aspirale, aperto).A questa costituzione della poesia come fondazione e come ermeneutica virtuale sicontrappone (o si associa) la poesia come avvenimento, anzi come avventura (potenzialmentesempre tragica).Che l’istante nel suo Vergehen sia provvidenziale e perciò suscettibile di ritorno sinnvoll incircolo o a spirale nulla toglie a una serie di dati ‘tragici’:- il compito in dürftiger Zeit (e che si riconosca la presenza di fasi negative) è certopositivo in prospettiva, ma intanto come Erlebnis è negativo- sia che come la gente moderna viva in un Orkus senza neanche accorgersene- sia che invece se ne accorga: infatti in tal caso ha la vertigine dell’abisso oscuro (e ciòvuol dire essere poeta)- deve spogliarsi di casa (rinunziare a ogni Alltag), asilo, amore, zolla, professionePer essere nudo e non frapporre scorie alla saetta della rivelazionedeve ‘stare’ in un amore, in un’amicizia, in un ricordo dell’infanzia individuale, storica,mitica, antropologica perché sente i segni popoli che si destanopoeti che si fanno vas dictionis notti che incombononotti che preparano il giornoannunzi di incontri che fanno accorrere chiunque da dovunquee sono quindi presagi non romantici ma profeticiYbris rispetto a Dio, all’amata, ai concittadini, e anche così rischia di bruciare e comunque dinon venire accettato (come Empedocle, Socrate, Cristo, Vanini).E soprattutto non arriva subito all’illuminazione: deve andare a tastoni, lanciarsi al di sopra degliabissi, errare per mancanza di Maß (troppo voreilig o troppo tardo).Solo il poeta sa i tempi, le fasi, i cicli, gli sbocchi, i ritmi. Però proprio lui sbaglia sempre il Maßverso Dio e gli uomini.I due filoni (ermeneutico ed esistenziale) non sono divergenti e, purtroppo, non si può neanchedire che convergano: piuttosto si sovrappongono
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6La vita individuale e collettiva, passata, presente, futura, si configura come scaturire di fonti(ribelli o pigre), destinate a mutare o no il percorso- volo di aquile- fuga verso il nuovo e sconosciuto- ritorno alle originiinsomma percorsi di viandanti, naviganti, amanti, profeti, popolie soste o perplesse (Sackgasse o occasioni di meditazione)o rituali/celebrative (Brautfest, Friedensfeier, alla fonte, alla foce, i popoli fratelli chelentamente si riconoscono uno solo)come ritorno a spiraleIn effetti l’istante è evento significativo da dire in sé (da cogliere ed estrarre dal magma delgiacimento) ma anche da seguire nelle ripercussioni comunitarie e individuali del suoaffermarsi/perdersi.La scoperta che è possibile il superamento del tragico, ma solo grazie a uno sforzo chepresuppone qualche cosa che è tragicamente esposto. Si tratta di arrivare a poter annunciare,trasformarsi in forza di annuncio. Il che presuppone eliminare come scoria tutto ciò che èconsolidata pienezza individuale.Il superamento della Sinnlosigkeit e dell’indicibilità dell’esperienza grazie alla scoperta cheanche ciò che non può esser vissuto come Deserto o Gewitter o latenza o errore è – se detto –non solo prezzo da pagare ma la modalità del realizzarsi epifanico del senso, del suo poterdivenire immagine (fase che torna e quindi dà senso, ma fase che – se torna – deve passare.Il tema della poesia coincide con la conquistanda possibilità-concepibilità che il farsi dellapoesia diventi concepibile, realizzabile, dotato di proponibilità, capace di recepire e di produrresenso e cioè conclusività iconica il cui contenuto è sì l’accesso allo en ma in quanto diapheroneautò.Cogliere non il Sein (o il Nicht-Sein) e neanche lo stato soggettivo ma realizzare il processo diacquisizione del senso del Vergehen ma come propria de-umanizzazione che a sua voltapermette una posizione-funzione di Battista.Perciò poesia come tentativo di costruzione della dicibilità del costituirsi-rivelarsi di un tempodiverso dall’eterno indifferenziato ma anche dalla pretesa di una Verità ultima.Perciò la tensione fra opus conclusum e scavo/percorso/rampollare con l’irriducibilealternativa fra superamento della tragicità e doppia tragicità: quella di chi vive ogni fase comedefinitiva (impossibilità di Maß fra lasciarsi travolgere ora dal troppo ora dal troppo poco), dichi irrigidisce, univocizzza o subisce o viene ubriacato nella hybris del troppo, del troppopresto, del non ancora maturato, dell’arroganza di ciò che occupa lo spazio (esterno e comecontenuto dell’occhio, dell’orecchio, del cuore)E tragicità del prezzo da pagare per potersi far voce di quel senso entro l’entrata in azione ericonoscimento del senso che sta proprio nella fasicità del definito e del definitivo, del caduco ela tragicità di chi sa che proprio arrivare a poter dire il senso storico-cosmico non dell’Ereignis,non della caducità, non della ciclicità ma proprio del ritorno a spirale significa aver rinunziatoalla propria pienezza individual-sociale per poter avviarsi a poter preannunciare il sensodell’eterno a spirale e perciò dichiarare che ha senso (anche per il poeta-profeta, anzi prima ditutto per lui) che da quel senso rimane escluso il proprio modificato istante esistenziale.
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7Hölderlin vuol farsi cantore del processo che porta all’istante ma la sua vera aspirazione è direalizzare le potenzialità di durata all’interno dell’accettata consapevolezza della funzionalecaducità dell’istante, della realizzata pienezza nel ciclo che va sempre oltre.È il crepuscolo come essere ausgeglichen dello Schicksal incalzante e a rischioÈ la detragicizzazione della tragicità perché già compresa nel prezzo, pre-programmata.Il punto è che questo è tutto da conquistare: la poesia di Hölderlin è la costruzione a colpi dipiccozza di un impervio sentiero che forse può portare a individuare l’epifaniaconsapevolmente crepuscolare.Ma non basta la legge della storia (destino o provvidenza che sia). Ci vuole qualcuno che la dicae prima di tutto che la pensi. Ma ciò è nefas, presuppone un salto sulla propria ombra: sonoanch’io nell’Orco ma solo io so che verrà la luce, il crepuscolo, fin la nuova notte.Debbo impoverirmi di tutto il mio essere uomo Espormi ad essere considerato ebreo errante dagli uomini e titano da DioUno che dice ciò che è stato, è, sarà, che ri-dice ciò che è avvenuto offrendone – nellosvolgimento fattuale che nel venir detto si rivela gravido di significato (narrabilità in quantomitica o più esattamente ri-mitificabile per la nuova contestualizzazione, accesso,interpretazione, prospettizzazione verso uno sbocco finale o intermedio significante) –un’interpretazione obliterata o ‘inventata’ (come sicura, di fatto) dal testo poetico.Dice o si propone di arrivare a poter dire con in primo piano: la documentazione che l’iopoetico è o può venir legittimato a “dire” (perché ha saputo/dovuto rinunciare allo Alltag;perché non ha perso il contatto con l’infanzia individuale o antropologica, perché sta in uncenacolo, in un amore, in un’amicizia, perché “wittert” i segni: Völker che si destano, Notte cheperciò prepara il risveglio, dürftge Zeit provvidenziale.La voce poetica è l’unica acqua miracolosa che conservi memoria delle proprie fasi precedentiHölderlin fa frammenti che non funzionerebbero se non fossero proiezioni verso l’opusconclusumLa parola quasi-atto che dà esistenza alla fase dell’essere (colta come divenire esposto/pre-disposto) L’ultimo Hölderlin è l’essere ciclico, senza “esposizione” diveniente, nel rischio diessere troppo-troppo (nie… wie ich wünsche das Maß)Debbo forgiarmi un linguaggio articolato in toni che possa rendere complessità, rischio, labilità,sperimentabilità, povertà ma anche riconquistata semplicitàLa Unzulänglichkeit come ombra necessaria a rendere vivibile l’epifania (Semele, das Maß),come limite purtroppo (ma anche: zweckmäßigerweise, notwendigerweise) non annullabileappieno dell’epifania troppo rovente e che del resto non può non trascurarmi (Weh mir! Wonehme ich)Hölderlin dice – sa, scopre – ciò che è caratteristico degli occidentali rispetto ai fiori di Tinian(con conseguenze didattiche), degli abitanti dell’Orkus, della Natura che posa volentieri nelmagmatico o è fuori-tempo nelle strinature dell’ordo, nelle pieghe del percorso (in cui c’è spazioper Diotima, in cui non c’è spazio per l’ Io inadatto a inserirsi nel ciclo delle stagioni con la suaspaccatura in due metà della vita) col capire (o no) in che contesto eonico è collocato il nostroessere uomini, agire o sentire in quanto uomini.
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8Consumare l’io come momento strutturante che comprende la tragicità di questo esiliarsi dallanatura, dalla pienezza esistenziale, farsi arco il cui flettersi è trasformarsi in cantoE scoperta che l’epifania verrà e scomparirà quando per quell’Io sarà troppo presto e troppotardiFino a che sorgerà alla fine la possibilità estrema del puro canto dell’epifania accolta nellapupillaIl tema è il superamento del tragico come faticosa scoperta dell’immagine, di un’immagine chesia senso, ma un senso che riesca a proporsi come momentaneo e insieme come scoperta dellariproponibilità a un livello più alto.Il superamento è insieme fallimento puntuale (tempo vettoriale o puntuale), il fallimento èapertura di una seconda chance, di ritorno ma non circolare come nella natura, bensì come fasedi un processo storico cosmico.Perciò l’intrecciarsi del percorso con la necessità di fondare la possibilità stessa di individuarecome tema le modalità del percorso e di realizzare un discorso che permetta di arrivareMa soprattutto è l’io pregnante di futuro, epifania attivata necessariamente per astrazione eturgida di iper-concretezza, gravida, turgida, non irregimentabile nell’immagine statica o sulvetrino del microscopio), proiettata in una superiore spirale e perciò in definitiva davverofuggente e sfuggente (eine Weile, paura di arrivare troppo tardi (Brod und Wein) o troppopresto (sicché la lastra impressiona un’immagine sfocata o sovraesposta e perciò le tantegemmazioni, ritorni sul già concluso e “perfetto”, com-plicazioni del detto-visto con limpidasemplicità: e proprio la Friedensfeier è opus conclusum del pietiner sur place, del rimettere indiscussione, astrattizzare-utopizzare-discutere in quanto oggi impossibile dell’assunto stessoiniziale: la descrivibile celebrazione, in fieri, e cioè ormai quasi in atto, della Festa, che diventadibattito, allegoria, preannuncio, clausola finale non solo in minore ma come definitivo, salvificorinvio a tempo indeterminato, esaltazione del saper attendere l’attimo (il kairòs)Che cosa ci dà Hölderlin?La negazione della tragicità come nascita di una doppia tragicità: quella del sapere che se nulla èperduto, nulla è definitivoE perciò solo dire/elaborare la ratio del percorso apparentemente labirintico (e non ilpossederlo) è, potrebbe essere post-tragico o anti-tragicoE l’impossibilità per l’uomo reale (sempre caduco) di godere il superamento del tragico (e tantopiù per il poeta uomo spogliato) Hälfte des LebensE poi la scomparsa della tensione e la proclamazione (ormai solo bidimensionale) dell’epifaniacome fatto, compito, come situazione descrivibile, semplificazione/evaporazione di ognidialetticità e di ogni polarità con l’Io potenziato o indebolito.

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