ducasse
07 February 2013
CANTO spazio formato dai curiosi uccelli di passaggio, all’occhio sfug
-
ge), e a dritta e a manca, da scaltro capitano; e, manovrando
l’ali, non piú grandi di quelle d’un passero, dato che sciocca
non è, muove cosí per altro sapiente e piú sicuro viaggio.
\[
2
]

Lettore, è forse l’odio che vuoi ch’io invochi all’avvio di larghe e riarse, al pari d’uno squalo rovesciandoti sul ventre,
nell’aer fosco e sublime, come se afferrassi il vivo senso di
quest’atto e il senso non meno vivo della tua fondata voglia,
lentamente e maestosamente, il feral tosco? Puoi star certo, o
mostro, che rallegreranno le due forre informi del tuo muso
orrendo, ma solo dopo esserti affannato ad esalare tremila
volte di seguito la coscienza abietta dell’Eterno! Allora saran
-
no smisuratamente dilatate da una brama insaziata, da un’e
-
stasi immota, non chiederanno niente di meglio allo spazio
già tutto d’aromi intriso e d’incenso; solo allora saran colme
d’un piacere immenso, e sarà come bearsi da beati tra i fasti e
la quiete di soglie anelate.
\[
3
] Concluderò in breve nel dirvi quanto Maldoror fu buono
nei suoi primi anni, lietamente trascorsi; e tanto basti. Solo
in seguito s’accorse di quanto affatto incorrotta in verità la
sua anima fosse: iattura improvvisa! Provò a rattenere la sua
a causa di quest’assembramento che era certo non apparte
-
nergli, non passava giorno che il sangue non gli montasse alla
瑥獴愻⁦湣棩Ⱐ獴慮捯⁤鉥獳敲⁲楤潴瑯⁡⁴慬攬⁤散楳攠摩⁶潴慲獩⁡湩
-
ma e corpo alla carriera del male… aria soave! Chi l’avrebbe
detto! quando carezzava un frugolino, colla sua aria innocen
-
te, avrebbe voluto staccargli di netto la faccia, e l’avrebbe fatto
di buona voglia, se Giustizia, col suo lungo novero di suppli
-
穩Ⱐ湯渠杬楥沒慶敳獥⁩浰敤楴漠潧湩⁶潬瑡⸠乯渠普来癡⁡晦慴瑯Ⱐ
ammetteva d’essere uno scellerato. Capito, gente? è insolente
al punto di ripeterlo, nonostante la mano tutta tremante! Si
dà dunque virtú piú grande della volontà… Dannazione! La
pietra potrebbe sottrarsi alle leggi di gravità? Impossibile. Im
-
possibile, quanto il male si faccia commisto al bene. Proprio
quanto dicevo prima.
\[
4
] Si dà poi chi scrive per mera piaggeria, chi è mosso da
nobili attributi del cuore presunti o non già millantati. Io m’a
-
dopro a che il mio genio sia asservito alle delizie della crudel
-
瓠℠䑥汩穩攠湯渠敦晭敲攬楥湴鉡晦慴瑯⁡牴楦捩㬠浡Ⱐ捨攠桡湮漠
慶畴漠楮楺楯⁣潮鉵潭漠攠捯渠汵椠普楲慮湯⸠䥬⁧敮楯潮⁰痲 
conciliarsi con la crudeltà nelle risoluzioni segrete della Prov
-
videnza? oppure, se si è scelerati, è forse proibito avere del
genio? S’avrà in ciò la prova di quel che dico; non dovete far
altro che prestarmi ascolto, ammesso che lo vogliate…Chi canta non
pretende che le sue cavatine siano ai piú sconosciute; al con
-
trario, si compiace che i pensieri alteri e improbi del suo eroe
attengano ad ognuno.
\[
5
] Ho visto, per tutta la vita, e non uno che facesse ec
-
cezione, uomini d’esili spalle perpetrare atti insensati e mol
-
ti, inebetire i loro simili, e pervertire le anime con qualsiasi
mezzo. Dicono che a muovere le loro azioni sia la gloria. A
quell’assoluta mancanza di pudore, ho voluto ridere alla ma
punti in cui le labbra fan tutt’uno con le carni. Per un istante
ho creduto asservito lo scopo. Rimirai allo specchio queste
mutili labbra alla mercé della mia voglia! Era un abbaglio!
䑥氠牥獴漠楬⁳慮杵攠捨攠捯灩潳漠景瑴慶愠摡椠摵攠獱畡牣椠業
-
pediva di accertare se si trovasse davvero là il riso degli altri.
Ma, alcuni istanti dopo passati a vagliare, mi persuasi che il
mio riso non somigliava affatto a quello umano, in altre parole
捨鉩漠湯渠物摥癯⁡晦慴瑯⸠䡯⁶楳瑯⁵潭楮椬⁢牵瑴椠捥晦⁣潮挀
-
chi di brace sprofondati nell’orbita vuota, superare la durezza
della roccia, la rigidità dell’acciaio fuso, la ferocia dello squalo,
沒楮獯汥湺愠摥氠景爠摥杬椠慮湩Ⱐ楬⁦畲潲攠楮獥湳慴漠摥椠捲業楮愀
-
汩Ⱐ椠癯汴慦慣捩愠摥汬鉩灯捲楴愬⁧汩⁡瑴潲椠灩蘒散捥汬敮瑩Ⱐ沒敦晣慣楡 
del predicozzo dei preti e, gli animi piú imperscrutabili, i piú
freddi dei mondi e del cielo; estenuare i moralisti intenti a sco
-
vare riposti reconditi, e far ricadere su di loro la manna della
collera implacabile. Li ho visti tutti insieme, talora, il pugno
灩蘒捨極獯⁲楶潬瑯⁡氠捩敬漬⁣潭攠煵敬汯⁤鉵渠晧汩漠杩灥牶敲獯 
contro la madre, forse persuaso da qualche anima dannata, gli
occhi colmi di rimorso cocente misto a rancore, in un silenzio
di tomba, non peritarsi di dar la stura alle meditazioni lun
-
ghe e infeconde che in cuor loro celavano, a tal punto gravide
d’ingiustizia e d’orrore da muovere a compassione l’Iddio mi
-
sericordioso; talaltra, a ogni ora del giorno, dall’acerba grazia
普漠慬汯⁳瑲敭漠摥汬愠癥捣桩慩愬慮捩慲攠慮慴敭椠業灯獳楢楬椬 
senza il benché minimo senso comune, contro tutto quan
-
to ansima e respira, contro se stessi, contro la provvidenza,
prostituire donne e bambini, e ledere cosí le parti del cor
-
po elette al pudore. Allora, i mari s’ingrossano, inghiottono
plance nei loro abissi; uragani e tremuoti rovesciano case, pe
-
stilenze e ogni sorta di malattia decimano famiglie sull’orlo
della preghiera. Eppure, di questo gli uomini non s’avvedo
-
湯⸠䑩⁲慤漠汩⁨漠癩獴椠普慮捨攠晡牳椠摩⁢牡捥Ⱐ慶癡浰慲攠摩 
vergogna per quel che fanno su questa terra. Tempeste, agli
畲慧慮椠慦普椻汩浰漠慺穵牲潧湯汯⁣桥潮⁲楥獣攠愠楮捡渀
-
瑡牭椻慲攠楰潣物瑡Ⱐ敦晧楥⁤椠煵敳瑯⁣畯牥㬠瑥牲愬⁤慬沒慮瑲漠
misterioso; abitatori delle sfere; universo intero; Iddio dal cui
pleroma è scaturito, è te che imploro: mostrami un sol uomo
giusto!… Ma, che la tua grazia accresca le mie forze naturali;
ché, al cospetto di quel mostro, potrei morire di sconcerto: si
muore per meno.

\[
6
] Bisogna lasciarsi crescere le unghie per quindici giorni.
Ah! Quanto è bello strappare a forza dal suo letto un moccio
-
so che non ha ancora un pelo sulla faccia, e, spalancando gli
潣捨椬⁦慲⁦湴愠摩⁣慲敺穡牧汩⁤潬捥浥湴攠污⁦牯湴攬楳捩慮摯 
i suoi bei capelli! Poi, d’un subito, quando meno se l’aspetta,
捯渠汥⁵湧桩攠慦晬慴攠慰物牳椠畮⁶慲捯敬⁳畯潬汥⁰整瑯Ⱐ浡 
senza ucciderlo; ché, se morisse, ci perderemmo, in seguito,
lo spettacolo delle sue miserie. Poi, berne il sangue leccan
-
dogli le ferite; e, per tutto questo tempo, che dovrebbe dura
-
牥ⁱ畡湴漠沒整敲湩瓠Ⱐ煵敬潣捩潳漠獥杵楴敲愠景瑴慲攮⁎潮 
v’è cosa piú squisita di quel cruore verso, appena descritto,
e ancora bello caldo, per non parlare delle sue lacrime, ama
-
re come sale.
Hombre
, mai libato il tuo sangue, se per caso
ti sei tagliato un dito? Delizioso, no? ché non sa di niente!
Come se non bastasse, tu non rammenti, d’aver visto un gior
-
no, nel bel mezzo del tuo lugubre meditare, la mano, oramai
ridotta all’osso, portata alla faccia solcata da quel che veniva
fuor dagli occhi; mano che poi fatalmente passavi sulla boc
-
ca, attingendo a gran sorsate da quella coppa, trepida come
i denti dell’alunno che lancia occhiate in tralice a chi è là ad
opprimerlo, le lagrime? Deliziose, no? ché già sanno d’aceto!
Si direbbero i gemiti di quella che ama alla follia; ma, i lagni
摥氠浯捣楯獯Ⱐ煵敬污⃨⁲潢愠灥爠灡污瑩⁳潰牡晦湩⸠乯渠瑲慤椀
-
sce lui, ancor lungi dal male: la piú amata cosiddetta prima
o poi tradisce… per analogia lo presènto, quantunque ignori
se si tratti d’amicizia, d’amore (è probabile che non li accet
-
terò mai; non dalla razza umana). Dicevamo, giacché il tuo
sangue e i tuoi lagni non ti ripugnano, sàziati, non temere sà
-
ziati con quelle nubili lagrime, con quel cruore. Bendagli gli
occhi, quando dilanierai quelle frementi carni; e, dopo aver
ascoltato per ore le sue grida sublimi, simili agli acuti ranto
-
li che fanno eco dal campo di battaglia dalle gole di quelli
già ridotti allo stremo, solo allora, essendoti rintanato altrove
慬⁰慲椠撒畮愠癡污湧愬⁡捣潲牥牡椠摡汬愠獴慮穡⁡瑴楧畡Ⱐ普来湤漠
d’essere accorso in suo aiuto. Dopo avergli sciolto i polsi, nervi
攠癥湥⁲楧潮昬⁴椠浯獴牥牡椠慩⁳畯椠潣捨椠獭慲物瑩Ⱐ獥杵楴慮摯⁡ 
leccar via quel misto di lagrime e sangue. Solo allora parrà vero
楬⁲業潲獯℠䱡⁦慭浡⁳畢汩浥⁣桥⁩渠湯椠灡汰楴愬⁣桥⁳敭扲愠
merce tanto rara, divampa; troppo tardi! Quanto traboccherà
il cuore sapendo di poter lenire l’innocente cui si è inferto
il male: «Ragazzo, che hai appena patito supplizi atroci, chi
dunque ha potuto perpetrare su di te tale crimine, cui stento a
dare un nome! Povero! Quanto devi soffrire! Se tua madre lo
sapesse, di certo ne morrebbe, come me adesso, e d’una morte
敳散牡瑡⁦湡湣桥⁤愠煵敬汩⁡汬愠獢慲牡⸠䅨業⁃桥⁳敮獯⁨愠
il bene, il male? Non si tratta della stessa cosa con la quale
confessiamo tutta la nostra rabbiosa impotenza, e la smania di
牡杧極湧敲攠沒楮普楴漠普慮捨攠捯椠浥空椠灩蘒物摩捯汩㼠佰灵牥 
son tutt’altra cosa? Sí… deve trattarsi piuttosto della medesi
-
ma cosa… ché altrimenti che ne sarà della mia anima il giorno
in cui verrà emendato il Giudizio? Ragazzo, abbi pietà di me; è
捨椠獴愠楮湡湺椠慬⁴畯潢楬攠攠獡捲漠癯汴漠沒慲瑥晣攠摥汬漠獣敭
-
pio d’ossa e delle carni rese a brani che da piú parti del tuo
corpo fan guasto e pendono. Vien dalla mia ragione malata
che delira, non ha nome questo istinto irrefrenabile, che m’ha
spinto a perpetrare quest’infamia, al pari di quello dell’aquila
che spolpa la sua preda; e tuttavia, i supplizi dello sventurato
eran pari ai miei! Ragazzo, abbi pietà di me. Quando avrò da
浥⁳捯獳漠煵敳璒敦晭敲愠癩瑡Ⱐ癯杬楯⁵湩牭椠愠瑥⁰敲鉥瑥牮椀
-
tà; fusi in un solo e unico essere, la mia bocca stampata alla
tua. Ma anche cosí, il novero dei peccati da espiare non sarà
completo. Mi renderai a brani allora, senza nessuna posa, a
morsi e squarti insieme. Serti imbalsamati m’inorpelleranno, a
riprova di quest’olocausto espiatorio; tutt’e due a languire, io,
d’esser fatto a pezzi, e tu, nel rendermi a brani… la mia bocca
stampata alla tua. O ragazzo, dal giallo crine, dagli occhi sí
dolci, farai adesso quel ch’io t’imploro? Tuo malgrado, voglio
che tu lo faccia, non conosco altro modo di cercar riscatto».
Dopo aver detto ciò, avrai fatto patire un essere umano e,
parimenti, dallo stesso sarai ricompensato: non v’è gioia piú
grande alla quale si possa attingere. Dopo, potrai farlo rinchiu
-
dere; ché, ridotto a tale non saprà come arrangiar quattrini.
Diranno che sei buono, le corone d’alloro e le patacche d’oro,
sparse sull’ampia fossa, inorpelleranno la trama già consunta
摥汬愠瑵愠湵摡⁥晦杩攮⁏⁴甬⁩氠捵椠湯浥⁴慣敲獵ⁱ略獴漠景
-
glio a cui è consacrata la sacertà del crimine, io so che il tuo
perdono fu immenso quanto l’universo. E me, ancor ne vive!
\[
7
] Ho fatto un patto con la prostituzione, ché di seminare
lo scompiglio nelle famiglie m’era presa voglia. Rammento la
notte foriera di quest’imprudente coniugio. Innanzi a me sta
-
va una fossa. Intesi una lucciola, grossa come una casa, dir
-
浩㨠ꭖ敮杯⁡⁦慲瑩畭攮⁌敧杩鉥灩瑡晦漮⁎潮⁤楳捥湤攠摡 
me quest’ordine supremo». Pochi, forse, avrebbero mostrato un’audacia pari alla
mia. Frattanto, una bella donna nuda venne a prostrarsi ai
miei piedi. Io, a lei, mestamente: «Alzati». Le tesi la mano, la
stessa con la quale il fratricida sgozzò la sorella. La lucciola a
me: «Dico a te, raccogli una pietra e ammazzala. «Perché?»,
domandai. E lei, a me: «Attento a te; tu sei il piú debole, io la
piú forte. Quella la chiamano
Prostituzione
». Lacrime agli occhi,
l’odio nel cuore, mi sopraffò una forza sconosciuta. Raccolsi
una grossa pietra; con uno sforzo immane, riuscii a stento a
sollevarla all’altezza del petto e, con le braccia la poggiai sulle
spalle. M’inerpicai su per una montagna, raggiunsi la sommità:
di lí, schiacciai la lucciola. La sua testa sprofondò sottèrra della
grandezza d’un uomo; la pietra rimbalzò raggiungendo l’altez
-
za di sei chiese. Ricadde in un lago, le cui le acque s’abbassaro
-
no per un istante, in un turbinio, scavando un immenso cono
牯癥獣楡瑯⸠剩瑯牮污⁣慬浡⁩渠獵灥牦捩攻愠汵捥⁲潳獯⁳慮杵攠
si spense. «Ahimè! ahimè! – esclamò la bella donna nuda; – che
桡椠晡瑴漿묠䥯Ⱐ愠汥椺₫偲敦敲楳捯⁴攻⁣棩⁨漠灥湡⁰敲⁧汩⁡晦楴瑩⸠
Non biasimarti se eterna giustizia ti fece». Lei, a me: «Un gior
-
no, gli uomini mi renderanno giustizia; perl momento tanto
ti basti. Or lascia ch’io releghi la mia tristezza nera nel fondodello sprofondo. A non esecrarmi non ho che te e gli orrendi
mostri che fan ressa in quei neri gorghi. Hai animo nobile. Ad
-
dio, tu che m’hai amata!» Io, a lei: «Addio! Ancora addio! T’a
-
merò per l’eternità!… D’or’innanzi mi spoglierò della virtú».
Per questo, o genti, quando udrete il vento d’inverno gemere
sull’acque che lambiscono le coste, o sulle grandi città, che, da
tempo immemore, mi compiangono, o per le fredde distese
polari, dite: «Quel che s’ode non è un’anima del Signore, è
solo il gemito straziato della prostituzione, misto ai grevi lai
摥氠䵯湴敶楤敡湯묮⁆慮捩畬汩Ⱐ煵敳瑯⁶椠捨楥摯⸠䅬汯爬⁧潮映摩 
misericordia, vi voglio prostrati; e gli uomini
] Al chiaro di luna, al mare presso, nei recessi delle campa
-
gne, assorta in dilemmi neri è ogni cosa, a prender sembianze
杩慬汥Ⱐ晵瑴畡牥Ⱐ扲慭慲攮⁌鉵浢物景牡⁦牯湤愬⁲慰楤愠攠汥湴愬 
fugge, va e viene, assumendo le piú svariate forme, appiatten
-
dosi, addossandosi alla terra. Al tempo in cui ero sospinto dal
-
le ali della giovinezza, tutto questo mi conduceva altrove, mi
pareva strano; ora però m’è venuto a noia. Il vento fa risuona
-
re tra le fronde i suoi tristi accordi, e il gufo geme i suoi gemiti
penosi facendo drizzare i capelli in testa a chi li sente. Allora,
i cani, inferociti, spezzano i lacci cui sono costretti, fuggono
dalle fattorie lontane; si disperdono per la campagna, qua e là,
come impazziti. D’un tratto, si fermano, mirano da ogni parte
vinti da una smania cieca, l’occhio di brace; e, a guisa d’elefanti,
che prima di esalare l’ultimo spiro, nel deserto volgono al cielo
un ultimo sguardo, sollevando disperatamente la proboscide,
lasciano pendere inerti le orecchie, parimenti i cani lasciano
捨攠汥牥捣桩攠灥湤慮漠楮敲瑩Ⱐ汥癡湯⁩氠捡灯Ⱐ物杯湦慮漠沒敭
-
pio collo, e prendono a gemere, uno dietro l’altro, come un
marmocchio che strilla dalla fame, come un gatto sventrato in
cima a un tetto, come una donna sul punto di sgravare, come
l’appestato agonizzante nel suo letto d’ospedale, come una
fanciulla che canta un’aria sublime, contro le stelle del nord,
contro le stelle dell’est, contro le stelle del sud, contro le stelle dell’ovest; in faccia alla luna, contro le montagne, simili in lon
-
tananza a rocce immense, immote nella tenebra densa; contro
l’aria gelida che inalano a pieni polmoni, che rende l’interno
delle loro nari, rosso, cocente; contro il silenzio della notte;
contro le civette il cui volo sbieco va a lambirgli il muso, con
un topo o una rana nel becco, carne viva, lauto pasto per i
piccoli; contro le lepri, che si dileguano in un batter d’occhio;
contro il ladro, che fugge al galoppo del suo destriero dopo
aver perpetrato un crimine; contro le serpi che sommuo
-
癯湯攠扲畧桩敲攬⁣潭攠畮⁣潮瑲慴瑯⁦牥浩瑯⁦渠摥湴牯攠
ossa, come uno stridio di denti; contro il loro stesso latrare
捨攠獧潭敮瑡⁦湡湣桥潲漻⁣潮瑲漠椠牯獰椠捨攠捯渠畮⁣潬灯 
secco della mascella stritolano (perché mai hanno lasciato la
bassura?); contro gli alberi le cui foglie, dolcemente cullate,
sono altrettanti orditi impossibili e che tuttavia s’affanna
-
湯⁡⁳瑲楧慲攠捯氠汯牯捣桩漠晳漬⁰敮整牡湴攻⁣潮瑲漠椠牡杮椬 
sospesi tra le loro lunghe zampe, che s’inerpicano sugli al
-
beri a cercar scampo; contro i corvi, che per tutto il giorno
non han trovato di che sfamarsi, e che tornano nel loro ri
-
paro con l’ala stanca; contro gli scogli a riva; contro i fuochi
fatui che appaiono sui pennoni di navi fantasma; contro il
牵浯牥⁳潲摯⁤敩⁦畴瑩㬠捯湴牯⁩⁧牯獳椠灥獣椬⁣桥Ⱐ湵潴慮
-
do, mostrano il loro dorso nero, per poi inabissarsi, e contro
l’uomo che li rende schiavi. Dopo di che, infuriano di nuovo
per la campagna, saltando con le zampe insanguinate, sopra
fossati, sentieri, campi, distese ed erte scoscese. Si direbbero
cani rabbiosi, in cerca d’uno stagno vasto abbastanza da sazia
-
re la loro sete. I loro stridi prolungati sconcertano la natura.
Povero il viandante che s’è attardato! Gli amici dei cimiteri
gli s’avventeranno addosso, facendolo a pezzi, si sfameran
-
no, la bocca grondante sangue; ché i loro denti hanno anco
-
牡⁢畯湡⁰牥獡⸠䱥⁦敲攬潮獡湤漠慰灲敳獡牳椠灥爠畮楲
-
si a quel pasto da cani, fuggono a perdita d’occhio, trepide.
Alcune ore dopo, i cani, stanchi di correre ovunque, ridotti
oramai allo stremo, con la lingua fuor di bocca, s’avventa
-
no gli uni sugli altri, non sapendo piú quel che fanno, e si
mordono a sangue, con una rapidità inaudita. Non lo fanno
perché sono crudeli. Un giorno, pervasa da un vitreo stupore,
mia madre mi disse: «Quando, nel tuo letto, sentirai i latrati
dei cani echeggiare per la campagna, càcciati nelle coperte,
non ridere di quel che fanno: la loro è sete insaziabile d’in
-
普楴漬⁣潭攠污楡Ⱐ煵慮瑯愠瑵愬⁣潭攠煵敬污⁤鉯杮椠慬瑲漠
uomo, dal volto cereo e lungo. Anzi se lo vorrai, ti sarà con
-
獥湴楴漠摩⁲敳瑡牥⁡汬愠普敳瑲愠愠捯湴敭灬慲攠煵敳瑯⁳灥瑴慣潬漬 
piuttosto sublime». D’allora, assecondo le volontà della mor
-
瑡⸠䅬⁰慲⁤敩⁣慮椬ⁱ略獴愠扲慭愠撒楮普楴漠浩⁡瑴慮慧汩憅 
乯渠灯獳漬潮⁰潳獯⁡獳散潮摡牥ⁱ略獴愠癯杬楡℠獯湯⁦杬楯 
dell’uomo e della donna, per quel che ne so. Questo mi stu
-
pisce… credevo d’essere d’altra specie! Del resto, che cosa
volete che m’importi da dove vengo? Piuttosto, se mi fos
-
se stata data scelta, di gran lunga avrei preferito discendere
dalla femmina dello squalo, la cui brama è impetuosa come
la tempesta, e dalla tigre, la cui ferocia è risaputa: non sarei
tanto spietato. Voi che mi guardate, statemi alla larga, ché i
miei polmoni esalano miasmi ammorbanti. Nessun occhio
ha ancora visto verdi grinze solcare la mia fronte; né le ossa
sporgere da questa smorta gota, simile alle lische di qualche
grosso pesce, o agli scogli che lambiscono le rive del mare, o
ai dirotti dirupi alpestri, su cui spesso m’inerpicai, quando in
testa avevo capelli di ben altro colore. E, quando mi aggiro
tra le dimore degli uomini, nelle notti tempestose, gli occhi di
brace, i capelli sferzati dal vento delle tempeste, solitario come
un ciottolo frammezzo alla strada, sottraggo questa faccia già
da un pezzo marcita, con una banda di velluto, nero come la
fuliggine che ricopre la canna dei camini: non devono occhi
esser testimoni della laidezza che l’Essere supremo, con quel
杨楧湯⁤鉡獴楯⁣潣敮瑥Ⱐ涒桡⁡晦扢楡瑯⁡摤潳獯⸠佧湩慴瑩
-
na, quando il sole per gli altri si leva, e a tutti gioia e luce arre
-
ca, mentre non un muscolo si muove, l’occhio piantato sullo
spazio immerso nelle tenebre, accovacciato sul fondo della
mia amata spelonca, come fossi sopraffatto dai bagordi, con
queste possenti mani faccio a brani il mio petto. Eppure, non
mi giova un travaso di bile! Eppure, so di non essere il solo
a soffrire! Eppure, sento che respiro! Come un condannato
che saggia i propri muscoli, pensando alla sorte che l’attende
quando presto gli accomoderanno un cappio attorno al collo,
ritto, sul mio pagliericcio, gli occhi serrati, giro lentamente
il collo da destra a sinistra, da sinistra a destra, per ore in
-
tere; eppure non cado morto stecchito. A intervalli, quando
il mio collo non può piú girare nell’unico verso, e si ferma,
per rimettersi a girare nel senso opposto, d’un tratto scruto
沒潲楺穯湴攬⁡瑴牡癥牳漠椠牡物⁩湴敲獴楺椠污獣楡瑩⁤慬污⁦瑴愠獴敲灡楡 
che ricopre l’entrata: non vedo un bel niente! Niente… se non
le campagne che danzano gighe sfrenate con gli alberi e le lun
-
ghe schiere d’uccelli che fendono l’aria. È questo a gelarmi il
sangue e il cervello… Chi è dunque a darmi sprangate in testa,
come se stesse percuotendo un’incudine con un martello?
\[
9
] E, impassibile, m’appresto a declamare a gran voce la
strofa seria e fredda che siete in procinto d’ascoltare. Fate at
-
tenzione a quel che contiene, e guardatevi dall’impresso peno
-
so che non mancherà di lasciare, come un marchio indelebile,
nelle vostre menti intorpidite. Non crediate che per me sia
giunta l’ora, v’è ancora carne a rimpolpar le ossa, e non già
lo stremo scava indelebili solchi nella pelle. Scartiamo per
-
ciò ogni rimando al cigno, nel preciso istante in cui la sua
esistenza s’invola, innanzi a voi sta un mostro, felice che vi
獩愠業灥摩瑯⁤椠慦晧畲慲湥⁩氠癯汴漻愬敮漠潲物扩汥⁤敬污 
sua anima. Eppure, scellerato non sono… Non tergiversiamo
oltre. Non è trascorso molto tempo da che ho ripreso il mare
e calcato il ponte dei vascelli, e i miei ricordi sono vividi come
se fosse ieri. Tuttavia, se siete in grado, fate come me, tenete a
bada i nervi mentre mi leggete, passatempo che d’offrirvi già
m’è passata la voglia, e non arrossite al pensiero di quel che è
l’animo umano. O polpo dall’occhio serico! tu, la cui anima è
insolubile dalla mia; tu, il piú bello tra i viventi di questa terra,
e che presiedi a un serraglio di quattrocento ventose; tu, ove
nobilmente stanno, come se sguazzassero nel loro elemento,
per un comune accordo, d’un nodo indissolubile, la suadente
virtú comunicativa e le sublimi grazie, ché tu non sei al mio
晡湣漬⁩氠瑵漠癥湴牥⁤椠浥牣畲楯⁳瑡浰慴漠慬楯⁰整瑯⁤鉡汬甀
-
minio, tutt’e due seduti su qualche scoglio a riva a contemplar
questo spettacolo per me senza eguali!
Vecchio oceano, dall’onde lucenti, somigli armonica
-
mente alla schiena dei mozzi martoriata da piaghe azzurra
-
te; sei d’un blu immenso, adagiato nella ventraia della terra: il paragone mi garba. Cosí, a prima vista, un lungo spiro di
tristezza, che si crederebbe il murmure della tua soave brezza,
passa, lasciando tracce ineffabili sull’anima profondamente
sommossa, e come a rinnovare il ricordo dei tuoi amanti, sen
-
za che uno se ne avveda sempre, i rudi primordi dell’uomo,
quando egli assapora il dolore, che l’attanaglierà sempre. Ti
saluto, vecchio oceano!
Vecchio oceano, la tua forma armoniosamente sferica, che
rallegra il volto greve della geometria, mi ricorda sin troppo gli
occhietti dell’uomo, per minutezza simili a quelli del cinghiale,
e a quelli degli uccelli notturni per la perfezione circolare del
contorno. Eppure, per secoli l’uomo s’è creduto ben fatto. Io
credo piuttosto che egli creda alla sua bellezza solo per una
sorta d’amor proprio, e che in realtà bello non sia affatto e
che ne dubiti; difatti, perché guarda il proprio simile con tale
disprezzo? Ti saluto, vecchio oceano!
Vecchio oceano, sei l’emblema dell’identità: sempre ugua
-
le a te stesso. Non divieni in modo essenziale, e, se le tue
onde da qualche parte infuriano, altrove son nella calma piú
completa. Non sei come l’uomo che si ferma per strada alla
vista di due mastini che s’azzannano al collo, ma che rimane
impassibile quando passa il morto; che la mattina è tranquillo
e d’umore nero la sera; che un giorno ride e quell’appresso
piange. Ti saluto, vecchio oceano!
Vecchio oceano, non sarebbe affatto improbabile che tu
慶敳獩⁩渠獥牢漠晵瑵物⁢敮敦捩⁰敲鉵潭漮⁇汩⁨慩⁧槠⁦慴瑯 
dono della balena. Non lasci indovinare facilmente agli occhi
ingordi delle scienze naturali i mille arcani del tuo intimo or
-
ganamento: tu sei modesto. L’uomo si vanta di continuo, per
lo piú di cose senza senso. Ti saluto, vecchio oceano!
Vecchio oceano, le differenti specie di pesci che sfami tra
loro non han concluso pattuizioni. Ogni specie ha propri do
-
minî. I temperamenti e le conformazioni che variano in cia
-
scuna di esse, spiegano, in maniera insoddisfacente, quel che
dapprincipio non pare esser nient’altro che un’anomalia. Ne
va lo stesso dell’uomo che a difesa non oppone gli stessi argo
-
menti. Se un lembo di terra è occupato da trenta milioni d’es
-
seri umani, questi si sentono in dovere di non immischiarsi selvaggio rintanato, e ne esce raramente per non incappare
nel proprio simile, come lui acquattato, ma in altro riparo. La
grande genia universale degli uomini è un’utopia degna della
logica piú insulsa. Come se ciò non bastasse, dalla tua feconda
suzione essi ricavano l’idea d’ingratitudine; ché d’un subito si
pensa alla folta schiera di genitori, a tal punto ingrati verso il
䍲敡瑯牥Ⱐ摡⁩湦獣桩慲獥湥⁤敬汯⁳捡牣漠摥汬愠汯牯楳敲慢楬攠
unione. Ti saluto, vecchio oceano!
Vecchio oceano, la tua grandezza materiale si può assimila
-
re alla quantità presunta della potenza attiva che è stata neces
-
saria per far emergere la totalità della tua massa. Non ti si può
abbracciare con un sol sguardo. Per contemplarti, va puntato
il proprio telescopio, con un movimento continuo, verso i
quattro estremi dell’orizzonte, al pari d’un matematico, che
per risolvere un’equazione algebrica è costretto a esaminare
separatamente ogni variante possibile, prima di venire a capo
della questione. L’uomo mangia sostanze nutritive, e fa altri
sforzi, degni d’una miglior sorte, per sembrare atticciato. Che
獩⁲楥浰楡⁡⁳扡景Ⱐ煵敳璒慤潲慢楬攠慮晢楯⸠乯渠瑥浥牥Ⱐ湯渠
ti eguaglierà in grossezza; almeno credo. Ti saluto, vecchio
oceano!
Vecchio oceano, le tue acque sono amare. Sai esattamente
摥汬漠獴敳獯⁦敬攠捨攠污⁣物瑩捡⁶敲獡⁳畬汥⁢敬汥⁡牴椬⁳畬汥⁳捩敮
-
ze, su tutto. Se qualcuno ha del genio, lo si fa passare per un
idiota; se un altro ha un corpo ben fatto, è trattato alla stregua
d’un gobbo ripugnante. Certo, bisogna che l’uomo senta con
forza la propria imperfezione, di cui i tre quarti son del re
-
sto dovuti unicamente a se stesso, per inveirci sopra a questo
modo! Ti saluto, vecchio oceano!
Vecchio oceano, gli uomini, malgrado l’eccellenza dei
loro metodi, non sono giunti ancora, pur coi mezzi d’inda
-
gine della scienza, a misurare la profondità vertiginosa dei
tuoi abissi; anche le sonde piú lunghe, e pesanti, li han rite
-
nuti inaccessibili. I pesci… a loro è permesso: non agli uo
-
mini. Sovente, mi son domandato qual era piú semplice ac
-
certare: la profondità dell’oceano o la profondità dell’animo
umano! Sovente, mano alla fronte, ritto sui vascelli, mentre
la luna oscillava tra gli alberi con movimenti irregolari, mi sono sorpreso, astrazion fatta da tutto quanto non avesse a
捨攠晡牥⁣潬⁦湥⁣桥⁰敲獥杵楶漬⁳景牺慮摯浩⁤椠癥湩牥⁡⁣慰漠
dell’annosa faccenda! Già, qual è il piú profondo, e impene
-
trabile dei due: l’oceano o l’animo umano? Se trent’anni d’e
-
sperienza di vita possono solo in parte far pendere la bilancia
verso l’una o l’altra di queste soluzioni, mi sarà concesso di
dire che, malgrado la profondità dell’oceano, questa non può
essere messa a pari, quanto al confronto di tale proprietà, con
la profondità dell’animo umano. Ho conosciuto uomini, che
passavan per esser virtuosi. Crepavano a vent’anni, e non uno
mancava di esclamare: «Han perseguito il bene su questa terra,
come a dire che hanno fatto l’elemosina: tutto qui, non è gran
cosa, tutti possono fare altrettanto». Chi può dire perché due
楮湡浯牡瑩⁣桥⁳椠慤潲慶慮漠普漠慬⁧楯牮漠楮湡湺椬⁰敲⁵湡 
parola fraintesa, si lasciano, uno a oriente, l’altro a occidente,
accecati dall’odio, dalla vendetta, dall’amore e dal rimorso, e
湯渠獩⁲楶敤潮漠灩館杮畮漠捨極獯敬污⁳畡⁦敲敺穡⁳潬椀
-
taria? Miracolo che ogni giorno si rinnova, senza per questo
aver meno del prodigioso. Chi può dire perché pregustiamo
non solo le disgrazie complessive dei nostri simili, ma anche
quelle particolari dei nostri piú cari amici, pur essendone nel
捯湴敭灯⁡晦楴瑩㼠啮愠灲潶愠楮捯湴敳瑡扩汥⁰敲⁣桩畤敲攠污 
serie: da ipocrita qual è, l’uomo dice sí ma pensa il contrario.
È per questo che i cinghialini dell’umanità ripongono tanta
晤畣楡⁵湯敬沒慬瑲漠攠湯渠獯湯⁥杯楳瑩⸠䱡⁰獩捯汯杩愠慶狠 
ancora il suo bel da fare. Ti saluto, vecchio oceano!
Vecchio oceano, il tuo potere è tale che gli uomini l’han
-
no imparato sulla loro pelle. Hanno un bell’attingere a tutte
le risorse del loro genio… incapaci di tenerti a freno. Han
-
no trovato chi comanda. Dico che sono incappati in qual
-
cosa di piú forte di loro e che questo qualcosa ha un nome.
Il suo nome è: oceano! Il terrore che incuti loro è tale, che
ti rispettano. Nonostante ciò, spingi i loro congegni piú pe
-
santi con grazia, eleganza e facilità. Fai loro fare salti da fu
-
湡浢潬漠普漠慬⁣楥汯Ⱐ攠浩牡扩汩⁴畦映普⁳畬⁦潮摯⁤敩⁴畯椠
dominî: un saltimbanco t’invidierebbe. Ma loro accettano di
buon grado, sempre che tu non li avvolga per sempre nel
-
le tue ardenti spire, di andare a vedere, senza strada ferra
-
ta, nelle tue entragne d’acqua, come se la passano i pesci, e soprattutto come se la passano loro stessi. L’uomo dice: «Sono
migliore dell’oceano». È possibile; del resto è abbastanza vero;
ma l’oceano è piú temibile per lui che lui per l’oceano: è cosa
che non serve provare. Quel patriarca contemplatore, coevo
degl’incunaboli di questo globo sospeso, ride di pietà, quando
assiste alle guerre navali fra nazioni. Ecco un centinaio di le
-
viatani, scarco dell’umanità. Gli ordini enfatici dei superiori, le
urla straziate dei feriti, le cannonate: baldoria fatta apposta per
ammazzare il tempo. Sembra sia calato il sipario, che l’oceano
si sia riempito a sbafo. Gorga formidabile. Deve esser grande
癥牳漠楬⁢慳獯Ⱐ湥汬愠摩牥穩潮攠摥汬鉩杮潴漡⁉湦湥Ⱐ捯浥⁡⁣潲漀
-
湡牥ⁱ略汬愠晡牳愠獣物瑥物慴愬⁤敬⁲敳瑯⁰極瑴潳瑯⁩湳楧湩晣慮瑥Ⱐ
si assiste, in pieno cielo, al passaggio di qualche cicogna, che
attardatasi per lo stremo, comincia a berciare, ma senza arre
-
stare l’ampiezza del suo volo: «Toh!… brutto segno! V’erano
laggiú dei punti neri; m’è bastato chiudere gli occhi perché
sparissero». Ti saluto, vecchio oceano!
Vecchio oceano, gran celibe, quando percorri la calma so
-
lenne dei tuoi dominî impassibili, è a ragione che ti fai vanto
摥汬愠瑵愠浡杮楦捥湺愠楮湡瑡⁥⁤敧汩⁥汯杩⁶敲椠捨攠獴漠灥爠
瑥獳敲瑩⸠䉥慴慭敮瑥⁣畬污瑯⁤慩潬汩⁥晦當椠摥汬愠瑵愠浡攀
-
stosa lentezza, il piú eccelso degli attributi che il potere som
-
mo ti ha largito, svolgi, nel compiersi di un oscuro arcano,
獵⁴畴瑡愠瑵愠獵灥牦捩攠獵扬業攬攠瑵攠潮摥⁩湣潭灡牡扩汩Ⱐ
col sentimento calmo del tuo potere eterno. Si susseguono
parallelamente, brevi intervalli le dividono. Appena una di
-
minuisce, l’altra montando le va incontro, seguìta dal mesto
rumore della schiuma che si dissolve, per noi monito che tutto
è schiuma. (È in questo modo che gli esseri umani, da vortici
viventi qual sono, muoiono uno dietro l’altro, con un sus
-
seguirsi monotono; ma, senza far alcun rumore di schiuma).
䲒畣捥汬漠摩⁰慳獡杧楯⁳椠慦晤愠愠汯牯⁣潮⁦摵捩愬⁥⁳鉡扢慮
-
摯湡⁡椠汯牯潶業敮瑩Ⱐ捯汭椠撒畮愠杲慺楡⁡畳瑥牡Ⱐ普捨
l’ossa delle sue ali abbiano ravvivato il consueto vigore insi
-
stendo nel loro aereo peregrinare. Vorrei che la maestà umana
景獳攠獯汯鉩湣慲湡穩潮攠摥氠物晥獳漠摥汬愠瑵愮⁃桩敤漠浯汴漬 
e questo sincero auspicio è per te glorioso. Il tuo spessore
浯soprattutto come se la passano loro stessi. L’uomo dice: «Sono
migliore dell’oceano». È possibile; del resto è abbastanza vero;
ma l’oceano è piú temibile per lui che lui per l’oceano: è cosa
che non serve provare. Quel patriarca contemplatore, coevo
degl’incunaboli di questo globo sospeso, ride di pietà, quando
assiste alle guerre navali fra nazioni. Ecco un centinaio di le
-
viatani, scarco dell’umanità. Gli ordini enfatici dei superiori, le
urla straziate dei feriti, le cannonate: baldoria fatta apposta per
ammazzare il tempo. Sembra sia calato il sipario, che l’oceano
si sia riempito a sbafo. Gorga formidabile. Deve esser grande
癥牳漠楬⁢慳獯Ⱐ湥汬愠摩牥穩潮攠摥汬鉩杮潴漡⁉湦湥Ⱐ捯浥⁡⁣潲漀
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si assiste, in pieno cielo, al passaggio di qualche cicogna, che
attardatasi per lo stremo, comincia a berciare, ma senza arre
-
stare l’ampiezza del suo volo: «Toh!… brutto segno! V’erano
laggiú dei punti neri; m’è bastato chiudere gli occhi perché
sparissero». Ti saluto, vecchio oceano!
Vecchio oceano, gran celibe, quando percorri la calma so
-
lenne dei tuoi dominî impassibili, è a ragione che ti fai vanto
摥汬愠瑵愠浡杮楦捥湺愠楮湡瑡⁥⁤敧汩⁥汯杩⁶敲椠捨攠獴漠灥爠
瑥獳敲瑩⸠䉥慴慭敮瑥⁣畬污瑯⁤慩潬汩⁥晦當椠摥汬愠瑵愠浡攀
-
stosa lentezza, il piú eccelso degli attributi che il potere som
-
mo ti ha largito, svolgi, nel compiersi di un oscuro arcano,
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col sentimento calmo del tuo potere eterno. Si susseguono
parallelamente, brevi intervalli le dividono. Appena una di
-
minuisce, l’altra montando le va incontro, seguìta dal mesto
rumore della schiuma che si dissolve, per noi monito che tutto
è schiuma. (È in questo modo che gli esseri umani, da vortici
viventi qual sono, muoiono uno dietro l’altro, con un sus
-
seguirsi monotono; ma, senza far alcun rumore di schiuma).
䲒畣捥汬漠摩⁰慳獡杧楯⁳椠慦晤愠愠汯牯⁣潮⁦摵捩愬⁥⁳鉡扢慮
-
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l’ossa delle sue ali abbiano ravvivato il consueto vigore insi
-
stendo nel loro aereo peregrinare. Vorrei che la maestà umana
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e questo sincero auspicio è per te glorioso. Il tuo spessore
浯 meditazioni del poeta. Risplendi piú della tenebra.
剩獰潮摩浩Ⱐ潣敡湯Ⱐ癵潩⁥獳敲浩⁡晦湥㼠䵵潶楴椠捯渠慲摯
-
re… piú… piú ancora, se vuoi che t’assommi alla rivalsa di
Dio; estrai le tue livide branche, fa’ breccia nel tuo ventre…
bene cosí. Volgi le tue onde sgomentevoli, empio oceano,
捨鉩漠獯汯⁣潭灲敮摯Ⱐ攠楮湡湺椠愠瑥⁩漠浩⁧敮畦整瑯Ⱐ灲漀
-
sternato ai tuoi piedi. La maestà dell’uomo è tolta a prestito;
su me non avrà l’effetto sperato: tu, sí. Oh! quando t’avanzi,
la cresta alta e sgomentevole, avvolta dalle pieghe tortuose
come da una corte, corruttrice e belluina, frangendo l’onde
una sull’altra, consapevole di ciò che sei, mentre spingi, dalle
profondità del tuo ventre, come piegato da un cocente rimor
-
so ch’io non posso strigare, questo sordo fragore incessante
che gli uomini tanto paventano, quand’anche ti contemplino,
al riparo, brandendo sulla riva, allora, comprendo che non ho
l’insigne diritto di dirmi tuo pari. Ed è per questo che, innanzi
al tuo imperio, ti riserverei tutto l’amore di cui sono capace
(e nessuno sa tutto l’amore di cui le mie aspirazioni al bel
-
lo sono capaci), se non mi facessi pensare penosamente ai
miei simili che formano con te la contraddizione piú beffarda,
l’antinomia piú ridicola che si sia mai vista nella



creazione:




io
non posso amarti, ti biasimo. Ma perch’io torno a te, per la
millesima volta, verso la tua stretta fraterna che non attende
altri che me, per carezzare questa fronte cocente al cui solo
contatto la febbre scompare! Ignoro quel che segretamente
trami e nondimeno tutto quanto ti riguarda m’attrae. Ebbe
-
ne dimmi se in te il principe delle tenebre ha preso stanza.
Dillo… dillo, oceano (a me solo, per non tormentare ancor
piú quelli che han fatto i conti sempre e soltanto con le illu
-
獩潮椩Ⱐ獥⃨⁩氠獯晦漠摥氠䵡汥摥瑴漠愠獯浭畯癥牥攠瑥浰敳瑥 
捨攠慧杲潳獡湯攠瑵攠慣煵攠獡汭慳瑲攠普漠慩敭扩⸠䡯⁢椀
-
sogno che tu me lo dica, il già sapere l’inferno sí prossimo
all’uomo mi rallegrerebbe. Questa sarà l’ultima strofa del
-
la mia invocazione. Pertanto, un’ultima volta ancora, voglio
salutarti e dirti addio! Vecchio oceano, dall’onde lucenti… I
miei occhi lacrimano abbondevoli lacrime e rattenerle non
posso; giacché io so che è giunto il momento di far ritorno
tra gli uomini, dall’aspetto brutale; ma… coraggio! Facciamoun immane sforzo, e compiamo, col senso del dovere, il no
-
stro destino su questa terra. Ti saluto, vecchio oceano!
\[
10
] Non mi vedrete, quando sarà giunta l’ora (scrivo questo
dal mio letto di morte), attorniato da preti. Voglio lanciare il
mio grido d’addio, trascinato dai marosi, o ritto sulla monta
-
gna… gli occhi al cielo, no: so che il mio annientamento sarà
completo. Del resto, non avrei da implorare mercé alcuna.
Chi spalanca la porta della mia morgue? Avevo disposto di
non far entrare nessuno. Chiunque voi siate, statemi alla larga;
浡Ⱐ獥⁣牥摩慴攠摩⁶敤敲攠污⁰畲楮業愠獭潲晡⁤椠摯汯牥 
traccia di timore stampati sulla mia faccia da iena (mi servo
di questo paragone sebbene la iena sia piú bella di me, e piú
piacevole a vedersi), ne rimarrete delusi: avanti pure. Siamo in
una notte d’inverno, mentre gli elementi infuriano ovunque,
l’uomo trasale, il ragazzo medita un qualche crimine su uno
qualunque dei suoi compagni, se è qual ero al tempo della
mia giovinezza. Il vento, i cui gemiti penosi accorano l’uma
-
nità, da che il vento, l’umanità esistono, qualche istante pri
-
ma ch’io esali l’ultimo spiro, mi conduca sulle ossa delle sue
ali, attraverso il mondo, impaziente della mia dipartita. Go
-
drò ancora, in segreto, degli esempi innumeri dell’improbità
umana (un fratello, senza essere visto, si compiace di vedere
quel che fanno i suoi fratelli). L’aquila, il corvo, l’immorta
-
le pellicano, l’anatra selvatica, la gru che di sé fa lunga riga,
ridésti, lividi e sfatti dall’orrendo gelo, mi vedranno passare
al chiarore dei lampi, fantasima empia e sazia. Ignari di ciò
che questo sottende. Sulla terra, la vipera, l’occhio grosso
del rospo, la tigre, l’elefante; nel mare, la balena, lo squalo, il
pesce martello, la genia abietta, il dente della foca polare, si
chiederanno cosa sia questa deroga alla legge di natura. L’uo
-
mo, brandendo, stamperà la sua fronte contro la terra, fra i
gemiti suoi. «Sí, vi supero tutti giacché la mia crudeltà è in
-
nata, crudeltà che non è dipeso da me rattenere. È questa la
bisogna che vi costringe a prostrarvi ai miei piedi? oppure,
è perché mi vedete percorrere, visione nuova, al pari d’una
spaventosa cometa, lo spazio insanguinato? (Una rossa piova
vien giú dal mio vasto corpo, simile a un nembo che l’uraga
-
no spinga innanzi a sé). Non avete di che temere, fanciulli, non voglio maledirvi. Il male che m’avete fatto è troppo gran
-
de, troppo grande il male ch’io v’ho fatto, perché sia voluto.
Voialtri, vi siete rivolti per la vostra strada, io, per la mia, en
-
trambe uguali, entrambe perverse. Era inevitabile che c’incon
-
trassimo, in questa somiglianza di carattere; l’urto che ne è se
-
guito è stato fatale a entrambi». Allora, gli uomini rialzeranno
lentamente la testa, facendosi animo, per vedere in faccia chi
è a parlare in tal guisa, come limaccia allungheranno il collo.
Repente, il loro viso cocente, sfatto, segnato dalle piú amare
灡獳楯湩Ⱐ晡狠⁳浯牦攠瑡汩⁤愠晡爠摩獰敲摥牥⁩異椮⁔畴瑩⁳捡瑴攀
-
ranno come una molla immensa. Quali bestemmie! che stridio
di voci! M’hanno riconosciuto. Ecco che gli animali della terra
all’unisono con gli uomini, effondono i loro bizzarri clamori.
Piú nessuna avversione reciproca; i due livori vengono indi
-
rizzati contro il nemico comune, me; dall’assenso universale
accomunati. Venti che mi sostenete, sollevatemi piú in alto
慮捯牡㬠灡癥湴漠污⁰敲晤楡⸠叭Ⱐ獯瑴牡楡浯捩敮瑡浥湴攠慬污 
loro vista, testimone, una volta di piú, delle conseguenze delle
passioni, completamente soddisfatto… Io ringrazio, o rinolo
-
fo, che il tuo battito d’ali m’abbia ridestato, tu, che hai il naso
sormontato da una cresta a forma di ferro di cavallo: m’accor
-
go, difatti, che purtroppo questo non era che un male passeg
-
gero, e disgustato mi sento ritornare alla vita. Vi è chi afferma
che venivi verso di me per suggere via quel po’ di sangue che
mi restava in corpo: perché è ipotesi questa da scartare?
\[
11
] Una famiglia raccolta attorno a un lume posto sul ta
-
volo:

Figlio mio, prendimi le forbici su quella sedia.

Non ci sono, madre.

Va’ a cercarle nell’altra stanza allora. Ricordi i giorni, mio
dolce signore, quando rivolgevam preghiere, perché ci fosse
污牧楴漠畮⁦杬楯Ⱐ捯氠煵慬攠獡牥浭漠物湡瑩⁡畯癡⁶楴愬⁥⁳愀
-
rebbe stato il bastone della nostra vecchiaia?
– Lo ricordo, e Iddio ci ha esauditi. Non abbiamo a lamen
-
tarci della sorte che ci è toccata su questa terra. Ringraziamo ogni giorno la Provvidenza d’essere stata tanto generosa con
noi. Il nostro Édouard ha tutte le virtú di sua madre.
– E le maschie virtú di suo padre.
阠䵡摲攬⁥捣潶椠汥⁦潲扩捩㬠普慬浥湴攠汥⁨漠瑲潶慴攮 
Si rimette all’opera… Ma, qualcuno s’è presentato alla loro
porta, e contempla, per qualche istante, la scena che s’offre ai
suoi occhi:
阠䍨攠獩杮楦捡ⁱ略獴愠晡牳愿⁕渠浵捣桩漠摩⁧敮瑥⁳攠污 
passa assai peggio di loro. Che ragionamenti si fanno per com
-
piacere l’esistenza? Vattene, Maldoror, da questo tranquillo
focolare; il tuo posto non è qui.
Sparito!
– Non capisco come sia possibile; ma, sento le facoltà
umane inveire contro il mio cuore. Qualcosa grava sulla mia
anima, ma non riesco a capire cosa; l’aria è pesante.
– Donna, ho il tuo stesso presentimento; temo che ci arrivi
畮愠煵慬捨攠摩獧牡穩愮⁄潢扩慭漠慶敲攠晤畣楡⁩渠䑩漬⁡晦摡爀
-
ci alla sua misericordia.
– Madre, respiro appena; la testa mi scoppia.
阠䅮捨攠愠瑥Ⱐ晧汩漠浩漡⁏牡⁴椠灡獳漠污⁦牯湴攠攠汥⁴敭灩攠
con un po’ d’aceto.
– No, buona madre…
Guardate, ridotto allo stremo, deve reggersi allo schienale
della sedia.
– Qualcosa si contorce in me, cosa non saprei dire. Ades
-
so, la pur minima cosa mi rivolta.
– Come sei pallido! Prima dell’alba qualche




evento





funesto
getterà noi tutti nella piú fonda disperazione!
Sento in lontananza l’eco delle strida del dolore piú stra
-
ziante.
– Figlio mio!
– Ah! madre!… ho paura!
– Coraggio dimmi se soffri.
– Madre, non soffro affatto… Sto mentendo.
Il padre non riesce a riaversi dallo sconcerto:
– Ecco le grida che s’odon talvolta nel silenzio delle notti
senza stelle. Sebbene avvertiamo distintamente queste grida,
tuttavia, chi ne è preda non è qui vicino; giacché, si possono
獥da una città all’altra. Spesso avevo sentito dire di un fenomeno
獩浩汥㬠浡Ⱐ湯渠慶敶漠慶畴漠浡椠潣捡獩潮攠摩⁶敲楦捡牮攠污 
veracità per mio conto. Donna, mi parlavi di disgrazia; se mai
disgrazia piú reale è esistita nella lunga spirale del tempo, è la
disgrazia di chi adesso turba il sonno dei suoi simili…
Sento in lontananza l’eco delle grida del dolore piú stra
-
ziante.
– Voglia il cielo che la sua nascita non giunga come una
sciagura sul paese, il suo, che l’ha allontanato. Va di contrada
in contrada, ovunque aborrito. C’è chi dice che soffre d’una
sorta di follia atavica, sin dall’infanzia. Qualcun altro invece è
convinto che è alla mercé d’una crudeltà inaudita e incontrol
-
labile, di cui egli stesso si vergogna, e che i suoi genitori ne
son morti di crepacuore. Altri invece affermano che quand’e
-
牡⁲慧慺穯⁧汩⁡晦扢楡牯湯⁵渠獯灲慮湯浥㬠浡牣桩漠捨攠沒桡 
perseguitato per tutta la vita, giacché il suo orgoglio ferito era
prova lampante della crudeltà umana, che si manifesta nei
primi anni, per poi aggravarsi col tempo. Lo chiamavano il
vampiro!

Sento in lontananza l’eco delle grida del dolore piú stra
-
ziante.
– Aggiungono che, giorno e notte, senza tregua né riposo,
incubi orribili gli fanno colar il sangue di bocca e dalle orec
-
chie; e che spettri s’assembrano al suo capezzale, e gli sputano
in faccia, sopraffatti loro malgrado da una forza sconosciuta,
ora con piglio suadente, ora con piglio simile al frastuono dei
combattimenti, con tenacia implacabile, quel marchio sempre
癩癯Ⱐ獥浰牥牲敮摯Ⱐ攠捨攠慶狠⁦湥⁳潬瑡湴漠捯渠沒畮楶敲獯⸠
Tra loro, qualcuno è convinto che sia stato l’amore a ridurlo
cosí; o che queste grida testimonino il pentimento di qualche
misfatto sepolto nella notte del suo misterioso passato. Ma
i piú pensano che a tormentarlo sia un orgoglio smisurato,
come un tempo il Maledetto, e che non voglia altro che somi
-
gliare a Dio…
Sento in lontananza l’eco delle strida del dolore piú stra
-
ziante.
– Figlio mio, queste sono rivelazioni eccezionali; mi di
-
spiace che tu cosí giovane le abbia dovute ascoltare, e spero tu
non voglia mai imitare quell’uomo. – Parla, mio Édouard; dimmi che non imiterai mai quell’uo
-
mo.
– O madre adorata, cui devo la vita, prometto, se la santa
promessa di un bambino ha qualche valore, di non imitare
mai quell’uomo.
阠䉥湥Ⱐ晧汩漠浩漻⁢楳潧湡⁳敭灲攠摡牥⁡獣潬瑯⁡汬愠灲漀
-
pria madre.
Non s’odon piú gemiti.
– Donna, hai terminato quel che stavi facendo?
– Mi mancano dei punti da dare a questa camicia, malgrado
stanotte ci siamo attardati a lungo.
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-
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ognuno s’affretti a concludere il proprio lavoro…
Il bambino ha esclamato:
– Se Dio ci lascia vivere!
– Angelo radioso, vieni a me; vagherai per i campi, da mat
-
tina a sera; non dovrai guadagnarti da vivere. La mia splendida
reggia ha mura d’argento, colonne d’oro e porte di diamante.
Ti coricherai quando vorrai, al suono di celesti accordi, senza
che tu debba pregar nessuno. Quando, spuntato il giorno, il
sole mostrerà i suoi fulgidi raggi e l’allodola gioiosa spingerà,
捯渠珩Ⱐ汥⁳略⁳瑲楤愬⁩渠捩敬漬⁦湯⁡⁳捯浰慲楲攠慬沒潲楺穯湴攬 
灯瑲慩⁲敳瑡牴敮攠慮捯牡⁡整瑯Ⱐ普ⁱ畡湤漠癯牲慩⸠䍡浭椀
-
nerai sui tappeti piú preziosi; l’aria sarà sempre intrisa con le
晲慧牡湴椠敳獥湺攠摥椠景物⁰槺摯牯獩⸠
– È tempo di ritemprare il corpo e lo spirito. Alzàti, madre
di famiglia, sulle tue vigorose caviglie. È bene che le tue dita,
獴牥浡瑥⁤慬⁤畲漠污癯牯Ⱐ普慬浥湴攠獩⁲楰潳楮漮⁅獡来牡牥 
non porta a niente di buono.
– Oh! quanto sarà lieta la tua vita! Ti porrò al dito un anello
magico; quando ruoterai il rubino, diventerai invisibile, come
椠灲捩灩⁤敬汥⁦慢攮 
– Riponi le tue armi quotidiane nell’armadio protettore, io,
frattanto, spiccerò i miei affari.
– Quando lo rimetterai nella sua posizione originaria, tor
-
nerai ad essere come la natura ti ha fatto, o giovane mago.
Tutto questo perché ti amo e non mi preme altro che la tua
felicità.
– Vattene, chiunque tu sia; non prendermi per le spalle. – Figlio mio, non addormentarti, cullato dai sogni dell’in
-
fanzia: non abbiamo ancora pregato e non hai ancora riposto
con cura i tuoi abiti sulla sedia… Pròstrati!



Eterno creatore晭攠
cose.
– Dunque tu non ami le chiare acque, dove sguazzano mi
-
riadi di pesciolini rossi, azzurri, argentei? Li prenderai con una
牥瑥⁣潳扥汬愬⁣桥鉡瑴楲敲愠珩Ⱐ普捨湥⁳楡⁣潬浡⸠噥摲慩 
慦景牡牥⁩渠獵灥牦捩攠灩整牥畣捩捡湴椬⁰槺敶楧慴攠摥氠浡牭漮 
阠䵡摲攬⁶敤椠煵敧汩⁡牴楧汩㬠湯渠浩⁦摯⁤椠汵椻愠污楡 
coscienza è serena, perché non ho niente da rimproverarmi.
– Ci vedi prostràti ai tuoi piedi, piegati dal senso della tua
grandezza. Se qualche pensiero superbo s’insinua nella nostra
浥湴攬漠物来瑴楡浯⁳異楴漠楮瑲楳漠摩⁳摥杮漠攠瑥漠牥湤楡浯 
愠浯摯⁤椠獡捲楦捩漠楲牥浩獳楢楬攮
– T’immergerai con le fanciulle, che t’accoglieranno a brac
-
cia aperte. Una volta fuo

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