Le gallerie sono tradizionalmente passaggi sotterranei – cunicoli, tunnel, trafori – creati scavando pietre e monti: alla ricerca di un legame tra canali e valli, piani, ferrovie, città. Le gallerie, inoltre, sono spazi cittadini che connettono piazze o arterie; e sono sistemi di collegamento di logge, absidi, palazzi, teatri: “scorciatoie” che avvicinano persone, lavori e ambienti, ancora una volta alla ricerca di incontri e relazioni.
Le gallerie connotano siti militari e religiosi; designano ambienti marinari e sportivi; e infine (dall’epoca moderna in poi), le gallerie diventano spazi espositivi impegnati a ospitare pitture e sculture, oggetti d’arte e foto: tutti – sempre e comunque – alla ricerca di un ponte fatto (in questo caso) di sguardi, percezioni, confronti. Nate per collegare e rendere più fluido un passaggio, queste ultime gallerie sono diventate però col tempo esse stesse arte e idoneità. Non un semplice collegamento tra due luoghi (da attraversare il più in fretta possibile); non un corridoio buio e impervio che “finalmente” (alla fine, per l’appunto) porti luce e traguardi; ma esso stesso – il passaggio, l’attraversamento, la connessione – arte, piacere, condivisione: al di là di ogni guadagno di tempo o di assemblaggio.
Questo tipo di galleria è uno spazio fisico, ma è anche (forse soprattutto) un preciso modello mentale. Esistono le gallerie dei ricordi (foto, oggetti, documenti), le gallerie dei personaggi famosi, e quelle dei sapori o delle visioni: e tutte tengono (vogliono tenere) appiccicati sempre, insieme, sensazioni-umori-piaceri: una compenetrazione tra luogo e fruitori (ambiente e pubblico) che non ha paragoni – né nei cinema, nei teatri, negli auditorium – rispetto alla dilatazione personale del tempo di contemplazione: una galleria che permette a qualsiasi visitatore di fermarsi, sospendersi, perdersi. Stiamo aprendo una nuova galleria – in una realtà ricca e complessa com’è la città di Roma – , e siamo consapevoli delle necessità di una collocazione che non risulti posticcia o indifferenziata; e che allo stesso tempo sappia ritagliarsi una sua identità di prospettive e di orizzonti.
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