Negli ultimi mesi dell’anno sono stato travolto dagli impegni e ho lasciato il blog in secondo piano. Come primo post del 2017 volevo parlare di quello che è stato il mio tema principale nel 2016: il rapporto fra i creativi e il mondo del lavoro.
Un dilemma mi ha turbato per molti mesi:
cercare un lavoro sicuro o investire sul mio talento?
Queste due opzioni si sono date battaglia nella mia mente per tutto il 2016. Alla fine, mi sono convinto che è necessario investire su noi stessi, sui nostri talenti, su ciò che amiamo fare. Il lavoro sicuro non esiste più, è appurato. Anche illudersi che lavorare sul nostro talento ci “garantirà” la sicurezza non è produttivo. La sicurezza è un sentimento che non deve venire da un lavoro, ma da noi stessi, dal darci fiducia giorno dopo giorno. Se siamo sicuri che ciò che facciamo ha un valore, allora dobbiamo impegnarci a comunicarlo e questo è proprio in linea con i tempi che stiamo vivendo!
Chi come me è all’inizio della sua attività, deve far pace col fatto di dover costruire pazientemente la sua credibilità, far conoscere il proprio lavoro e che, per mantenersi, sarà necessario fare anche lavori che non c’entrano nulla con l’arte, almeno per un po’. Le professioni artistiche sono un ambiente complesso, soprattutto in Italia.
“Che fai di lavoro?”
“Faccio l’Illustratore!”
“Ah ok… Ma ce campi o è solo un hobby?”
Il nostro target, però, non è l’italiano medio, ma sono le aziende, gli editori, i professionisti, persone che hanno bisogno di qualcuno che sappia tradurre idee, notizie, storie in immagini. Il mondo di oggi, globalizzato e connesso, ci offre l’opportunità di farci conoscere a costo zero o quasi, valorizzando le nostre competenze. Anzi, è proprio questo che il mercato del lavoro chiede: mostrare cosa sappiamo fare, ciò che ci rende unici. Ci sono dati statistici che confermano questa tendenza. Vi citerò un’estratto dal libro Personal Branding, di Luigi Centenaro e Tommaso Sorchiotti, edito dalla Hoepli:
"Nel febbraio 2012, Forbes ha citato una ricerca che evidenzia come, entro il 2020, metà dei lavoratori americani saranno configurabili come “lavoratori indipendenti”: più di 70 milioni di persone.
La ricerca, analizzando i lavoratori indipendenti attuali definiti i pionieri di questo trend, evidenzia come il 55% di questi abbia scelto volontariamente di lasciare il lavoro, l’80% non tornerebbe più indietro, mentre quasi 30 milioni di lavoratori dipendenti dice di voler lasciare il lavoro entro due anni. […]
In tutta questa libertà d’azione, le persone, le aziende e i possibili clienti cercano sempre di più di usare la Rete per trovare nuove opportunità, fornitori e potenziali partner.
Secondo un’indagine condotta da Gidp/Hrda, l’associazione dei direttori delle risorse umane, il 71% delle aziende italiane sfrutta internet per acquisire informazioni sui candidati. Gli strumenti principali sono due: Facebook e Google."
In Italia siamo a metà strada fra uno stato assistenzialista e uno stato di stampo americano, in cui si deve provvedere privatamente a sanità, pensione, etc.
Ci chiedono flessibilità, dicono che l’orario lavorativo è un concetto superato, che con un reddito minimo di 320 € una famiglia può vivere dignitosamente, e tante altre baggianate. In un simile contesto credo che l’unica speranza sia il lavoro in proprio, soprattutto per i creativi. Non si tratta di diventare ricchi, ma di riuscire a provvedere a sé stessi. Il futuro è dalla nostra parte, il mondo intero va in quella direzione.
(Ho letto alcuni libri e blog su come fare impresa con poco budget, su come promuoversi e usare internet per lavoro. Le cose che vi racconto arrivano da quelle letture e dalle cose che ho potuto sperimentare)
La parola d’ordine è “emergere”, sprigionare la propria unicità.
Questo mi spaventava e mi spaventa un po’ anche ora. Sono tendenzialmente introverso e preferirei stare chiuso in una capanna a disegnare tutto il giorno! Tuttavia, siamo nell’era digitale, nel mondo globalizzato dei social. Può non piacerci ma bisogna farci i conti. Possiamo vedere la cosa in due modi: rifiutare la realtà o usarla come stimolo per evolverci. Ogni specie si evolve grazie alle difficoltà ambientali che incontra. Se noi creativi vogliamo vivere del nostro talento, dobbiamo evolverci e sviluppare le abilità necessarie per inserirci e affermarci nel mercato del lavoro.
(Nel resto del mondo i creativi sono maggiormente riconosciuti rispetto all’Italia, ma vabbè… Vorrà dire che visto l’ambiente altamente ostile, svilupperemo abilità più fighe!)
Per me, l’argomento “cosa farò della mia vita” è stato molto pressante quest’anno.
Ci ho messo un po’ a convincermi di tutte le cose che vi ho detto sopra.
Nel 2016 ho compiuto 30 anni! Yeah!
Superata la soglia degli “enta” ho acquisito una consapevolezza che prima era un vago pensiero: “sto invecchiando!!”. Ho capito che se non volevo tornare a fare il Venditore (l’unico lavoro “normale” in cui ho una discreta esperienza), dovevo iniziare a sbattermi per fare il mio vero mestiere: il Creativo.
Durante i primi sei mesi del 2016 ho ripescato dal passato alcune vecchie idee e ho cercato di monetizzarle. Ho ripreso un progetto artistico che aveva fatto parte della mia tesi di laurea all’Accademia di Brera: Parlarsi Dipingendo. Si tratta di un laboratorio di pittura a coppie che ho ideato come strumento per sbloccare la creatività e sperimentare la comunicazione visiva invece di quella verbale. Inoltre ho deciso di investire nel mio amore per il disegno e ho organizzato una serie di serate di “caricature dal vivo”.
Verso giugno mi sono reso conto che i laboratori non funzionavano, anche se ottenevano molta attenzione gli iscritti erano pochissimi! Le caricature invece piacevano molto e ogni serata che facevo tornavo a casa con delle buone entrate! Così decisi: congelare i laboratori e investire sul disegno!
Così ho trascorso l’estate a rielaborare il sito, il blog, la presenza sui social e così via. Ho studiato i siti di altri illustratori e ho tentato di definire meglio la mia professione, per distinguermi da loro. Non si può essere un Illustratore punto e basta. Si deve essere un Illustratore Fantasy, o Fumettista… insomma.. bisogna definire per bene cosa si fa, trovare una nicchia tutta nostra o quantomeno poco frequentata, purché ci sia un mercato. Nulla impedisce di realizzare lavori di altro genere all’occorrenza!
Il mio ragionamento è stato “Mi piace il genere fantasy, disegno elfi e guerrieri da tutta la vita, è quello che devo fare!”. Ho investito molto tempo ed energie in questo. All’alba di ottobre, però, ero ancora a bocca asciutta, pur avendo contattato numerosi editori.
Poi è arrivata una svolta. Ho trovato un offerta di lavoro come Art Educator, una figura professionale che richiedeva conoscenza dell’arte, capacità di condurre laboratori artistici, doti relazionali ed entusiasmo verso la cultura e la sua diffusione. L’obiettivo era presentare l’Arte come strumento educativo, come mezzo per favorire l’apprendimento e lo sviluppo personale dei bambini. “Perfetto!” mi dissi “Ho trovato il lavoro della mia vita!”.
(Per la cronaca, se vi sorprendete a pensare una cosa del genere, in qualsiasi ambito, ebbene DIFFIDATE!!)
Quando sono andato al colloquio di gruppo, il relatore ci ha spiegato che avremmo lavorato per UTET, casa editrice bicentenaria la cui mission era sempre stata la diffusione della cultura a tutti. Il lavoro di Art Educator si componeva di più mansioni: prendere contatto con Scuole Primarie e Medie, organizzare laboratori nelle classi, prendere i contatti dei genitori e chiamarli per dare un libro in omaggio e se volevano, provare a vendergli una collana di libri d’arte. Sembrava il coronamento di tutte le mie esperienze passate! Ho condotto laboratori, anche con bambini; ho fatto il venditore; sono preparato a livello universitario nel campo dell’Arte. Mi sono fatto prendere dall’entusiasmo e mi sono buttato senza riserve in questo lavoro (e così sono praticamente sparito dal blog e dai social).
Ora, il lavoro di Art Educator, nei fatti, è già finito.
Burocraticamente sono ancora in ballo e per questo non posso entrare in dettagli. Dirò solo che, indipendentemente dalle molte delusioni che ho avuto dalla UTET, grazie a loro in due mesi ho potuto realizzare 20 laboratori con oltre 400 bambini dai 6 ai 13 anni. Mi sono messo alla prova come poche altre volte, ho ricevuto e dato moltissimi stimoli sia ai bambini che ai loro insegnanti, e tutti hanno apprezzato moltissimo l’incontro con l’arte. Grazie a questo lavoro sono entrato nel mondo della scuola, cosa che non avrei mai potuto fare da solo, e ho arricchito il mio curriculum.
L’organizzazione di laboratori rimane ancora in secondo piano per me, ma questa esperienza mi ha dato grande fiducia nelle mie capacità e nella possibilità concreta di organizzare nuovi workshop per conto mio.
Nonostante i molti lati positivi dell’ultimo periodo, però, sotto Natale sono tornati alla carica tutti i dubbi sul “cosa farò della mia vita?”.
E improvvisamente, proprio mentre mi stavo scoraggiando di nuovo, è arrivata una commissione come Illustratore!
Un giorno uscivo da scuola, dopo aver fatto l’ultimo laboratorio come Art Educator. Vedo una chiamata senza risposta sul cellulare e richiamo. Mi risponde uno che mi dice “ho visto il tuo sito, mi piace molto come lavori e penso che tu faccia al caso mio per un progetto artistico…”. Sono soddisfazioni!!
Mi stupisco sempre quando le circostanze della vita si compongono in scenari inaspettati.
Mi sono sforzato di contattare editori, realizzare serate di caricature, trovare il lavoro giusto, mandare curriculum qui e là, e poi l’opportunità si è presentata senza invito e attraverso il sito che non curavo da oltre un mese!! Questo mi ha fatto capire una cosa: Non abbiamo il controllo sulla nostra vita, non possiamo sapere né determinare con certezza cosa succederà. E’ un’illusione. L’unica cosa che possiamo fare è curare noi stessi, essere la persona e/o il professionista che vogliamo essere e mostrarci al mondo. Anche se mandiamo mille portfolio, può darsi che il lavoro arriverà dall’unica persona/azienda cui non l’abbiamo mandato, che ci avrà scoperti per vie traverse! Questo non vuol dire che non dobbiamo mandare curriculum, ma solo che una volta fatto tutto quanto è oggettivamente in nostro potere, dobbiamo lasciare che gli eventi facciano il loro corso.
Spero che questo articolo vi sia piaciuto!
Buon 2017 a tutti!
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