da me stessa forgiate nella notte
ed in trecce di fiori mutate al mio risveglio,
siedo sul trono d’acqua terra fuoco
ed aria fluttuante tra mondi noti e ignoti,
colgo il frutto dell’albero di vita e lo chiamo
male, e poi bene; se febbre mi chiude
gli occhi, piango la morte della luce;
se risano, le palpebre trasparenti son specchio
che a logica pienezza la mia cerca conduce
fino al cuore del mondo,
dove l’alto è il profondo.
(S W)
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