Sono infatti riconoscibili, nelle sue opere, i riferimenti con la Pop Art americana e italiana, il Nouveau Rèalisme, l'Arte Povera, le tracce della poetica dadaista e metafisica e la frequentazione dell'arte informale, specie dell'informale materico, di formazione europea, peculiare di tanta cultura visiva italiana del periodo postbellico: l'eccletticità della sua produzione bene trasmette la complessità dei suoi interessi intellettuali, che lo muovono sulla via di una ricerca, sia contenutistica che formale.
Le opere di Celi rappresentano la rottura nei confronti della tradizione, l’ urlo inquietante in opposizione all’ignoranza, la denuncia di quelle logiche perverse di mercificazione che corrompono il processo artistico e lo privano di quella purezza che dovrebbe rappresentare il suo fondamento, la sberla ai conservatori e la conseguente lacerazione di regole e comportamenti. Lacerazione come impresa perentoria e critica che apre nuovi passaggi alla comprensione e alla connessione tra arte e vita. Non conta più ciò che si trova in apparenza ma, semmai, l’aspetto slegato e frammentato di una dimensione esistente destinata a trasformarsi sotto lo sguardo corresponsabile dell’osservatore. Le opere di Celi risultano così vere e proprie metafore di se stesse, in una ambiguità che tiene conto dell’universale e dell’utopistico, dell'imprescindibile e del temporaneo, del consueto e del nuovo, del reale e del virtuale, dell'apparente e dell'invisibile, della storia e della memoria.
T. M.
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