L’arte e la formazione artistica sono risorse fondamentali per l’economia italiana e per la tutela di un patrimonio di opere e saperi artistici che si configura come l’identità culturale del nostro paese.
Ernest Gombrich, intervistato alcuni anni fa sulla sua attività di storico, fece una affermazione sull’insegnamento dell’arte nel nostro paese che, per la sua autorevolezza di storico di rilevanza internazionale, avrebbe dovuto produrre qualche effetto sulla scuola italiana; viceversa a distanza di dieci anni da quella intervista nulla è cambiato. Tale inerzia non è certo una novità soprattutto se l’oggetto dell’intervento è la formazione artistica; infatti prima di Gombrich molte altre personalità, Argan primo fra tutti, si sono impegnate, trovando sempre scarso ascolto, perché l’arte potesse avere un ruolo di rilievo nella scuola italiana. Nella citata intervista Gombrich mise in evidenza come l’insegnamento dell’arte e quello della storia dell’arte, fondamentali in ogni paese, assumano una particolare rilevanza in Italia, per la presenza in questo paese di un patrimonio artistico di inestimabile valore che richiede una adeguata tutela e che, se opportunamente valorizzato, si configura come una significativa risorsa economica. Per garantire la tutela e la valorizzazione di questo immenso giacimento di opere e saperi artistici è indispensabile, sempre secondo Gombrich ma ovviamente non solo per lui, favorire lo sviluppo di una diffusa cultura estetica che deve divenire parte essenziale della didattica e della formazione scolastica. Purtroppo anziché veder crescere questa sensibilità assistiamo, incuranti, ad un continuo degrado del nostro patrimonio artistico e, ancor più, di quello paesaggistico e naturale; l’arte non appare mai tra gli argomenti sui quali verte il confronto politico, e mai è individuata tra le priorità di investimento. Ne è stata una chiara testimonianza la recente campagna elettorale nella quale gli opposti schieramenti hanno del tutto trascurato nei loro programmi l’arte, sebbene questa -intesa nella sua accezione più ampia di attività di produzione estetica- si sia evidenziata come una fondamentale risorsa per il nostro paese. Tale condizione appare ancor più inspiegabile se si considera il contributo che l’arte ha offerto, e tuttora offre, all’economia italiana: sia come stratificato patrimonio artistico, di primaria importanza per l’industria turistica e per quella dello spettacolo; sia come fattore essenziale di successo in quei settori merceologici in cui il contenuto estetico rappresenta la principale risorsa per competere nel mercato globale, come è nel caso della moda, del design, dell’arredamento, della grafica e così via. Settori questi che assumono un ruolo rilevante nelle politiche commerciali e nel successo internazionale del “made in Italy”, e che rappresentano i punti di forza del saldo commerciale italiano.
Perché allora tanta disattenzione nei confronti della formazione artistica?
Come mai così poche risorse per un settore formativo strategico per il nostro paese?
Alla luce degli interventi e dei programmi di coloro che hanno responsabilità politica sembra che manchi del tutto la consapevolezza del contributo che è offerto dall’arte e dal design al successo dell’economia italiana. Eppure basterebbe analizzare i dati commerciali per comprendere come i saperi artistici rappresentino il punto di forza del “made in Italy”. Questa mancata valutazione del ruolo dell’arte nell’economia e nella cultura italiana, ha prodotto per riflesso una totale disattenzione nei confronti della formazioneartistica con investimenti economici ridicoli; investimenti talmente irrilevanti che lo scorso anno il Sottosegretario al Ministero dell’Università Nando dalla Chiesa ha lanciato lo slogan “tre chilometri in meno di autostrada per salvare l’istruzione artistica italiana”.
L’unica vera novità in questo ambito viene dalla legge 508 del 1999 che ha riformato le Accademie di belle arti, l’Accademia di Arte drammatica, l’Accademia di danza, i Conservatori e Istituti musicali pareggiati e gli ISIA. Coerentemente con la scarsa attenzione manifestata da sempre dal nostro Parlamento nei confronti dell’arte e dell’istruzione artistica si è pensato bene, anche in questo caso, di riformare l’intero comparto dell’Alta Formazione Artistica e Musicale a costo zero; pensando forse che l’attitudine alla creatività che è propria degli artisti potesse supplire alla mancanza di risorse. Probabilmente non è mancato nemmeno chi auspicasse una chiusura di queste istituzioni perpetuando quella opposizione allo sviluppo della formazione artistica che ha profonde radici nella nostra storia.
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