Hokusai e Hiroshige
Testi critici, Bologna, 12 October 2018
HOKUSAI E HIROSHIGE
OLTRE L’ONDA
Bologna : Museo Civico Archeologico ; questo è il luogo da raggiungere per avere la possibilità di ammirare alcuni dei capolavori artistici che hanno cambiato il modo di vedere l’arte orientale e, di riflesso, quella occidentale dell’Ottocento.
12 ottobre 2018 – 3 marzo 2019 : queste sono invece le date da tenere ben presenti per non perdere l’occasione.

Nel 2016 sono state avviate diverse iniziative in corrispondenza del 150° anniversario delle relazioni instaurate tra Italia e Giappone; l’esposizione ne rappresenta infatti un proseguimento, una ricorrenza che ha visto il Comune di Bologna protagonista con progetti culturali importanti come le mostre dedicate a Giorgio Morandi, a Kobe o quelle di Mondo Mostre Skira impegnato nelle mostre Hokusai, Hiroshige e Utamaro a Palazzo Reale di Milano e molto altro ancora.

Passeggiando per le vie storiche e caratteristiche che contraddistinguono il cuore pulsante del capoluogo emiliano, si arriva in Via dell’Archiginnasio 2 dove, a partire dal 12 ottobre, sono esposte alcune delle più importanti opere degli artisti Katsushica Hokusai (1760-1849) e Utagawa Hiroshige (1757-1858), due tra i più talentuosi paesaggisti giapponesi ottocenteschi, meglio noti come “maestri del Mondo Fluttuante”.
Negli anni trenta dell’Ottocento si è raggiunto l’apice della produzione ukiyoe (genere di stampa artistica giapponese su carta, impressa con matrici di legno) ed è proprio in quel periodo che sono state realizzate le serie silografiche più importanti della storia dell’arte, delle quali durante tutto il periodo della mostra è possibile vederne il completo processo di stampa attraverso un video, con anche la possibilità di approfondirne la procedura tramite corsi tematici, eventi di cinema, cucina, tattoo, manga e carta giapponese.
La mostra, a cominciare da Hokusai, introduce lo spettatore all’interno di una tipica atmosfera orientale, caratterizzata da colori pastello che sono allo stesso tempo tenui e carichi d’intensità.
Tra le tematiche prese maggiormente in considerazione, lungo il percorso dell’esposizione qui presa in considerazione, troviamo vedute paesaggistiche e naturalistiche dell’arcipelago, luoghi della tradizione letteraria o poetica, attori kabuki o cortigiane seducenti, animali e piante veri o leggendari, spettri e mostri rappresentati in maniera drammatica o comica.
Si parla appunto di un artista dalla forte personalità, soggetto fuori dalle righe che con forza d’animo e drammaticità ha sintetizzato i volti, le credenze e i luoghi della società dell’epoca, il tutto con linee libere e veloci e un uso sapiente del colore, in particolare del blu di Prussia, da poco importato in Giappone.
Nella varietà di serie realizzate da Hokusai, spiccano in particolar modo quelle dedicate a cascate e ponti famosi del Giappone, opere grazie alle quali l’artista si affermò nel mercato delle immagini di paesaggio in quanto grande maestro.
E’ però “La grande onda presso la costa Kanagawa” ad essere maggiormente presa come icona dell’arte giapponese, poiché è da questa silografia, più che da altre, che traspare lo stile orientale a cui facciamo riferimento. Sullo sfondo, in lontananza, il Monte Fuji, mentre in primo piano la grande onda che con forza si scaglia e si sfalda in schiuma a unghia di drago, al cui interno intravediamo imbarcazioni di pescatori in balia della potenza del mare.
La natura, violenta in rapporto con l’uomo e paradossalmente venerata da esso, è qui magistralmente trasposta, portando a compimento un’opera di grande impatto universale.

Proseguendo all’interno della mostra, si incontra Hiroshige, artista maggiormente incentrato sull’illustrazione meramente paesaggistica, descritta con abilità naturalistiche e illuministiche , dalle quali spiccano sia gli elementi atmosferici, sia la tematica riguardante la caducità della vita.
Sono infatti gli elementi meteorologici ad essere squisitamente dipinti da Hiroshige, il quale riesce addirittura a renderne percepibile l’aspetto più concreto e vero, facendo entrare in gioco, tra gli altri, anche il senso tattile delle intemperie o della nebbia, motivo per il quale ad oggi è anche conosciuto anche come “maestro della pioggia”.
Hiroshige inizia la sua carriera lavorando con un formato orizzontale, come ad esempio nelle “Cinquantatre stazioni di posta del Tōkaidō”, conosciuta come Hōeidō dal nome dell’editore che lancia l’artista verso il successo.
In seguito sperimenta anche la forma rotonda del ventaglio rigido, per poi approdare, negli anni cinquanta, al formato verticale, che segna un cambio epocale nel filone classico del paesaggio.
Ma la vera novità stilistica, visibile nel suo capolavoro “Cento vedute di luoghi celebri di Edo”, è la messa in primo piano di un elemento di grandi dimensioni, talvolta esagerate, che lascia tutti gli altri elemento sullo sfondo riducendone il volume in prospettiva, il tutto sfruttando l’asimmetria della composizione, in un equilibrio di pieni e di vuoti. Ad essere messo in atto è un gioco ad effetto grafico-ottico, a tratti illusionistico, che riesce a sfruttare quelle che saranno le tecniche fotografiche legate ai visori ottici o a lenti di vario tipo (come ad esempio la Lanterna Magica).

Questo discorso è perfettamente riconducibile all’ammirazione che gli artisti giapponesi e occidentali successivi provarono nei confronti di questi due maestri : fotografi e artisti della seconda metà dell’Ottocento fecero riferimento ai colori, alle inquadrature e ai soggetti dell’ukiyoe; lo stile giapponese divenne così “iconografia”, conquistando e sconvolgendo il mondo artistico europeo e rivoluzionando l’arte in generale, ma soprattutto quella che noi oggi conosciamo come corrente dell’Impressionismo e del Post-Impressionismo della fine del XIX secolo.

In questo seppur breve viaggio spirituale e artistico, di atmosfera trasognata, abbiamo il piacere di ammirare capolavori che ci permettono di comprendere come gli stessi soggetti, diversamente raffigurati, fossero ricorrenti nelle varie opere dell’epoca, e come fosse viva la voglia di sperimentare e inventare nuovi espedienti pittorici, quali formati, inquadrature, soggetti e via dicendo, pur di colpire il mercato e prenderne parte.
Questi artisti sono riusciti a fare delle loro rappresentazioni delle vere e proprie mode da seguire, tematiche specifiche alle quali era necessario accodarsi, per avere un minimo di popolarità e affermazione artitica. Esempio lampante lo abbiamo infatti con le “Trentasei vedute del Fuji” di Hokusai (1830-32) alle quali seguirono, circa vent’anni dopo, quelle di Hiroshige (1852-58), sorta di citazione delle precedenti.

Capolavori dal Boston Museum of Fine Arts, per la prima volta esposti in Italia, stanno affascinando un pubblico di varia origine, professione e sensibilità : mamme con bambini, intere famiglie, coppie di innamorati, studenti appassionati, giornalisti e non solo, si immergono ogni giorno in un’atmosfera favolosa e mitologica, che riesce a infondere serenità e pace tipicamente orientali.

L’intero progetto, suddiviso in 6 sezioni tematiche, è stato curato da Rossella Menegazzo con Sarah E. Thompson, alle quali vanno fatti calorosi complimenti; promosso dal Comune di Bologna, dall’Istituzione Bologna Musei e patrocinato dall’Agenzia per gli Affari Culturali del Giappone, dall’Ambasciata del Giappone in Italia e dall’Università degli Studi di Milano, ai quali va invece detto un “grazie” particolarmente sentito.

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