Frontalità, coinvolgimento sensoriale ed emotivo e, come direbbe il linguista Emile Benveniste, atto enunciativo.
Questo e molto altro emerge dai ritratti fotografici di Steve McCurry, artista nato nel 1950 a Philadelphia, Pennsylvania e cresciuto approcciandosi agli studi fotografici, cinematografici e teatrali.
E’ più di vent’anni fa, con il suo viaggio attraverso i confini di Pakistan e Afghanistan, che ha inizio la sua carriera fotografica, quando contro ogni previsione è riuscito a portare in salvo alcuni scatti, nascondendoli tra le cuciture dei suoi abiti; immagini che per la prima volta hanno reso visibili agli occhi di tutti, gli orrori di un conflitto di quel calibro. Motivo per il quale ricevette un premio assegnato a fotografi che si sono distinti per eccezionale coraggio e per le loro imprese (“Robert Capa Gold Medal for Best Photographic Reporting from Abroad”), che lo invogliò a continuare a scattare imprigionando momenti di vita quotidiana trascorsa tra grida e spari, ma anche amore e sorrisi puri.
Oltre a Pakistan e Afghanistan, anche India, Iran, Birmania, Cambogia, Giappone e altri Stati, sono stati raggiunti da McCurry, che è riuscito a renderli sfondi ineguagliabili per volti pieni di dolore e forza.
Sono infatti i ritratti di individui disparati a caratterizzare i suoi progetti e libri pubblicati nel corso degli anni, nei confronti dei quali l’osservatore si sente intrappolato, come se in corso ci fosse una sorta di dialogo a due, fatto di sguardi e non di parole, concretizzato attraverso la capacità del fotografo di far trasparire l’anima dagli sguardi di queste persone, estrapolate dalla loro quotidianità solo per l’attimo dello scatto, prendendo fiato rispetto alla vita che corre veloce senza mai voltarsi.
Sono queste le sensazioni che si provano di fronte a uno scatto di Steve McCurry.
Possibilità che Bologna ha deciso di offrire dal 30 novembre al 6 gennaio, a Palazzo d’Accursio, in occasione della mostra intitolata “Una testa un volto. Pari nelle differenze” realizzata per la prima Biennale della Cooperazione italiana.
Bologna, città che il 30 Novembre ha avuto l’onore di ospitare e premiare questo artista, in occasione della “Colomba d’oro internazionale” nell’ambito del premio “Colombe d’oro per la pace”, che l’Istituto di ricerche internazionali Archivio Disarmo gli ha riconosciuto per “la competenza del professionista e l’ispirazione dell’artista nel mostrare la natura umana attraverso le immagini, con un’autenticità e un’immediatezza che sono raramente raggiunte dalla parola parlata e scritta”.
Incontro che ha fatto conoscere l’artista al pubblico italiano a Palazzo Re Enzo, riunito per poter assistere a un’intervista dalla quale McCurry è risultato come l’uomo vero e profondo che si dimostra da sempre di essere grazie ai suoi lavori. Uomo socialmente impegnato nella lotta contro la paura del diverso.
Questa esposizione presenta opere immensamente significative e piene di vita.
Anima e corpo, diversità che si trasformano in uguaglianza all’interno di Sala Farnese dove, grazie alla stupefacente sceneggiatura, si cammina tra simmetrie luminose e riquadri proiettati sulle pareti affrescate che come istantanee, fissano duplici fotografie entro cui l’occhio dell’osservatore rimane concentrato.
Immerso nel buio, il visitatore è richiamato dalle immagini esposte, grazie al colore e alla luce che emergono e caratterizzano ogni singolo capolavoro, dalla fotografia meno famosa e recente, fino a quella conosciuta dal pubblico di tutto il mondo come “La ragazza Afghana” del 1984 che, come a dire : “guardami negli occhi, comprendi ciò che mi distingue da te e fanne tesoro”, è rimasta impressa nella mente di chiunque l’abbia vista.
Immagini che educano l’osservatore ad andare oltre ai pregiudizi, a riconoscersi negli occhi di queste persone, a rispettare le loro tradizioni e culture, in quanto è proprio la cultura e le conseguenti differenze culturali tra i popoli, a renderci cittadini di uno stesso mondo.
E come afferma uno dei protagonisti delle installazioni video di questa esposizione : “Se stai seduto sopra una nuvola non vedi i confini tra un paese e l’altro.”
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