CRISALIDI- involucri femminili
Mostre, Brescia, 12 March 2011
Sabato 12 Marzo 2011 alle ore 17:30 presso lo spazio di Entroterra si inaugura la doppia personale di Cristina Iotti e Nicola Biondani dal titolo “Crisalidi, involucri femminili”.
Inaugurazione: sabato 12 marzo 2011 h. 17:30

a cura di Giuliana Mazzola e Alessandra Redaelli
Catalogo in galleria
testo critico di Alessandra Redaelli

Orari di visita: dal giovedì al venerdì 15:00-19:00; sabato 11:00 -19:00
Telefono: 030.5233558; cell. 340/7781096

Website: www.entroterra.it
Contatti: info@entroterra.it; press@entroterra.it
Ingresso libero
Con il patrocinio della Regione Lombardia

Nello spazio espositivo di Entroterra si sceglie di presentare una mostra su un’ immagine femminile diversa e controcorrente: con le sculture di Nicola Biondani e i disegni a matita di Cristina Iotti vorremmo presentare la femminilità come una scelta orgogliosa, una femminilità vera in carne ed ossa, terrosa e colorata, viva e vera proprio nelle sue tantissime sfaccettature. Donne, non esseri angelici o ineffabili (come sottolineò anche Guia Soncini tempo fa commentando una canzone di Ruggeri) ma raffinate e stanche, materne ed erotiche, amanti di uomini o di donne, mistiche o lottatrici, osservatrici attente ed osservate impietosamente, comprendendo in questo excursus anche la sofferta femminilità e la scelta estrema di chi si sente, si manifesta e si trasforma in donna. Un pittore parlando con Biondani un giorno gli disse: “In fondo l’unica vera femminilità è quella non subita ma scelta consapevolmente” e seguendo questa traccia Entroterra vorrebbe celebrare la femminilità a 360°, libera, totale, di donne e uomini tutti.

Cristina Iotti continua con la sua coerente ricerca di lirica cromatica con alcune nuovissime opere inedite, ritraendo giovani teste femminili ritagliate su eleganti fondi arabescati, arazzi tessuti con la lievità della matita colorata che isolano nello spazio e nel tempo le sue figure. Le ragazze della Iotti sono esseri lontani che però ci tengono stretti alla loro essenza tramite oggetti molto personali e quotidiani, come un fermaglio per i capelli o un paio di orecchini, o con gesti e sguardi diretti, dettagli intimi che sporgono dalla carta per farsi presenti a noi nella loro immediatezza. Dalle matite di Cristina Iotti, emergono figure femminili cariche di realtà, per cui viene mostrata una certa empatia, volti facenti parte dell’ esperienza quotidiana e della sfera personale e affettiva dell’artista. I suoi personaggi sono colti e ritratti spesso di spalle, raramente in maniera frontale, quasi a farci entrare nel loro mondo senza far rumore, in seconda fila, così da consentirci di coglierle nel loro stato di riflessione e di assortimento. Uno stile terso con una spazio ben organizzato, dove lo stato d’animo delle donne raffigurate presagisce un processo di trasformazione interiore per passare da una vecchia identità a una nuova, con consapevolezza e determinazione.

Anche nelle sculture di Biondani viene raffigurata una trasformazione, in questo caso molto più dolorosa. Nicola Biondani presenta lavori molto recenti, alcuni realizzati appositamente per la mostra. Il bronzo e la terracotta sono i materiali con cui plasma le sue figure, corpi veri su cui leggere la nostra storia. Le sue figure vorrebbero avere l’epicità degli imperatori romani, ma non sono né eroi né dei, e si coprono con stole o cappelli. Lo scultore non ama le superfici lisce ma incide su cappotti e stoffe mille piccole rune, come le cicatrici che raccontano la storia di una vita, come l’epopea celebrata su un obelisco. Alcune delle sculture di Biondani sono incentrate sulla ricerca affannosa di una femminilità agognata, dopo anni di ricerca interiore, una difficile strada che alcuni uomini affrontano che non è mai il frutto di curiosità, noia o di un capriccio.
Così come per la metafora della crisalide, che subisce una mutazione e una trasformazione in farfalla, anche nelle sculture di Biondani si osservano corpi e visi trasformati, alla ricerca di un proprio sentire intimo. Colpisce l’opera in cui sul viso di un “ladyboy”, marcatamente femminile, si evidenziano sulle ciglia piccole cicatrici, segno indelebile e simbolo del dolore per raggiungere uno stato di verità, la storia di una vita che tende la suo compimento.

Crisalidi: gusci che proteggono, involucri da cui escono con determinazione storie di femminilità. Quindi un lavoro sull'immagine femminile e sul ritratto interiore, che unisce metaforicamente i percorsi dei due artisti che attraverso i mezzi diversi e una personale sensibilità e poetica espressiva ci portano alla bellezza.
Giuliana Mazzola



Sul corpo (e l’anima) delle donne
di Alessandra Redaelli

E’ un momento storico complesso, questo, per parlare di donne. Sfogliando i giornali ci si trova davanti un panorama desolante. Si viene presi d’assalto da eserciti di ragazzette che come unica dote possiedono un musetto gradevole e un bel paio di gambe, ma che fissano spavalde lo spettatore atteggiandosi a icone di stile, a modelli di ruolo, così penosamente impacchettate in abitini strizzati, issate su tacchi da passeggiatrici, ornate da accessori ipertrofici e griffati. Una risata sguaiata ha seppellito anni di battaglie femministe, cortei e rivendicazioni. E noi, generazione di mezzo, ci ritroviamo oggi spaesate, in bilico tra madri barricadere e figlie preadolescenti pericolosamente glamour e bamboleggianti; le madri a cui rubavamo l’ultimo numero di Amica per leggere di nascosto la rubrica delle lettere di Barbara Alberti e le figlie che ci rubano i cosmetici per assomigliare alla velina di turno.
Così diventa terribilmente complicato, oggi, pensare a una mostra sulla donna. Quale donna, prima di tutto? Crisalidi, involucri femminili è una riflessione che dal corpo, l’involucro, scende alle profondità dell’anima della donna. Una donna timida, forse spaventata dal momento che si trova a vivere è quella che ci offre solo un accenno di profilo nei lavori di Cristina Iotti. Sono attualissime, le ragazze di Cristina, in jeans e camicette alla moda. Ma nascondono un’anima antica, senza tempo, in quel loro negarsi a uno sguardo diretto, troppo indiscreto, nel rifugiarsi contro quegli sfondi floreali fino a mimetizzarsi in essi. Una mimesi in divenire, appena percettibile, che si rivela nel proseguire leggero della decorazione, come un tatuaggio, sulla pelle.
Cristina Iotti è una virtuosa del disegno. Nell’uso delle matite colorate ha raggiunto, in questi anni, un’abilità tale da lasciare sbalorditi. I dettagli dei capelli, le ciocche morbide che sfuggono alle acconciature complicate, sono rese con precisione fotografica. Così come la grana della pelle, il suo leggerissimo cambiare di colore su una schiena nuda, costretta da una spallina sottile. Nel tempo le sue ragazze sono cambiate. Prima erano corpi senza volto persi su sfondi neutri, a volte addirittura vuoti, quasi un nulla fluttuante. Pian piano si sono definite le teste. Rigorosamente voltate, però, a negare il viso per concedere solo la nuca. Oggi le ragazze stanno cominciando a osare di più. Qualcuna si mostra, anche se solo la fronte è in primo piano e gli occhi restano esclusi, abbassati. Qualcun'altra concede uno scorcio del viso e guarda fuori campo. Solo una alza decisa lo sguardo verso lo spettatore. Ma non è autentica sicurezza, la sua. Piuttosto una provocazione, un azzardo. Lo testimoniano il sorriso obliquo, vagamente strafottente, e il ciuffo ribelle in piedi sulla fronte.
Donne vere con le loro debolezze e le loro incongruenze, quelle di Cristina, come lo sono anche quelle scolpite da Nicola Biondani. Nelle mani dell’artista la pietra assume l’apparenza di una materia cedevole, morbida, sensuale. I volti sono ovali perfetti che mostrano appena qualche segno di cedimento ai lati del mento. E’ un abbassamento impercettibile, una di quelle debolezze che solo la diretta interessata, di solito, riesce a cogliere quando si scruta allo specchio per contare i segni del tempo. Più che al corpo, queste sono debolezze che appartengono all’anima. Un lento consumarsi dei pensieri, un segnarsi dello spirito sotto i colpi della vita.
Questo racconta Biondani nelle sue veneri più che umane. Le spalle leggermente curve, come sotto un peso invisibile, parlano di una stanchezza che non è mai sconfitta. Di una forza indomita, orgogliosa. Non c’è esibizione, in queste donne, solo una solida consapevolezza di sé. Un coraggio appena minato (ma non vinto) da una paura sottile, sottopelle. Una capacità atavica di armonizzare in sé le contraddizioni. Ma Biondani sa andare anche oltre. Quei torsi maschili, ossuti, incorniciati da scollature civettuole; quei visi squadrati, dai nasi importanti che sovrastano bocche assurdamente turgide; quelle braccia strette al petto in un atteggiamento di protezione e difesa; quelle facce pesantemente truccate parlano di un’altra femminilità. Una femminilità scelta e voluta a costo di una vita di umiliazioni e sofferenze. Parlano del momento in cui, tolte le ciglia finte, la parrucca e i lustrini, quello che resta è solo l’anima nuda, spoglia, stanca, ma ancora non sconfitta. Anima femminile nonostante il corpo, oltre il corpo. Anima di donna più che mai fiera di sé.

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