I “flussi della coscienza” di Antonella Catini, che ci hanno accompagnato per tutto il mese di marzo sinesteticamente ai concerti del Conservatorio, lasceranno il posto alle opere di Gabriele Casale, in allestimento a partire dal 9 aprile, data del prossimo appuntamento con la Rassegna artistico-musicale.
Dalle mani della Catini prendono vita scenari pittorici pastosi, dal forte impatto visivo, dove la matericità cromatica e il groviglio di linee, se osservate da vicino creano un effetto cinetico per l’occhio, un labirinto segnico che si ricompone con una visione da lontano.
La Catini è stata una delle protagoniste del MadLab, il progetto a cura di Fabio D’Achille e Marcella Cossu ospitato nel “ridotto” del Manzù ed è una delle venticinque artiste partecipanti a Mad Donna –aperta al pubblico fino al 28 marzo- nella Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Latina.
Marcella Cossu, storica dell’arte GNAM, pone l’accento sul “fattore luce: pirotecnica, matericamente sorda, dalle caleidoscopiche dissolvenze, negli spessi olii di Antonella Catini. Che, nei primi anni Duemila, compone in tasselli astratto-geometrici costruiti e costituiti da consistenti pennellate e spatolate cromatiche, passando per “fasi” blu, rosse, zen, e molto altro ancora, calandosi alternativamente nel recupero analitico della citazione della pittura astratta di giganti quali Rothko, Turcato, Scialoja, Vedova.
L’energia dell’imperfezione –continua la Cossu- trittico del 2013, rappresenta, forse, il propagarsi di un infuocato incendio, ma potrebbe essere anche un tramonto, sullo sfondo di un’indefinita periferia urbana, di quelle che Antonella Catini, architetto, predilige da ultimo accennare nelle sue composizioni dai paesaggi costruiti esclusivamente a spatola e colore, percorsi da sciabolate improvvise di altri colori che esplodono in girandole festose come fuochi d’artificio.
“…Le sovrapposizioni lasciano intuire gli strati sotterranei e reconditi, i segreti vengono a galla e l’immagine torna a formarsi in una nuova sua struttura. Se nella generazione precedente la figurazione diventava astratta, nel cosmo suo l’astrazione torna figurativa, ma in una dimensione rinnovata”. Così scrive Philippe Daverio (Cantieri, Roma 2014), e veramente - prosegue la storica dell’arte- “è possibile notare una sorta di percorso à rebours singolarmente compiuto da questa artista che ripercorre oggi i sentieri dell’astrazione storica nel segno di un crescente recupero figurativo. Il che non è, naturalmente, in senso realistico né oggettivo, quanto piuttosto in un’accezione tutta spirituale, pervasa dal fervore e dal magma di quelle esplosioni e farandole di materia cromatica sulla tela”.
Bene osserva Fabio D’Achille ( Controvento, Latina 2014) a proposito di queste improbabili periferie dell’anima: “Antonella Catini esplicita uno a uno i perché della sua attività artistica… la sua sintesi e il suo tutto raccontato in queste tele che indagano anni di risposte ai perché della vita, l’arte, la bellezza, la natura, l’amore, il dolore… paesaggi inconsci, fluttuanti tra immagini riconoscibili e simboli assoluti”.
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