Le quattro mostre resteranno aperte al pubblico fino al 18 marzo 2016 alle porte della Primavera, la stagione comunemente associata al risveglio della natura, e a questa può essere paragonata la pittura di Dino, dove la vita prende forma attraverso colori avvolti da una luce calda e rigenerante.
Scrive Claudio Muolo: “Nel gioco delle associazioni verbali, una parola che istintivamente assocerei alla pittura di Dino Catalano è “primavera”, forse anche condizionato dallo spettacolo a cui assisto in questo momento dalla finestra che affaccia sui Monti Lepini: l’albero di Giuda in fiore, e così il biancospino, il pruno selvatico… l’odore delicato che sale dalla zagara proprio qui sotto, cui lo stridio dei balestrucci fa da colonna sonora. La primavera rappresenta un concentrato esplosivo di vita, la vita che approfitta del momento propizio per esprimere al massimo la bellezza. È un momento magico, cinetico, preceduto dalla stasi del freddo che gela e seguito da quella del caldo che secca. Dino ama definirsi un pittore per caso, e sicuramente non è unico tra gli artisti ad aver scoperto questa vocazione quando per l’appunto un caso, violento e imprevisto, ha fatto irruzione nella successione più o meno graduale degli eventi quotidiani. È, infatti, a partire da una diagnosi medica che Dino comincia a dipingere, circa vent'anni fa, da autodidatta. Prima di allora alcuni tentativi giovanili ma nulla di più. Da allora l’artista, che già dai primi lavori rivela uno sconcertante controllo del disegno e un grande intuito nell’uso del colore, ha dimostrato una capacità di crescita rapidissima; di fatto pare che la primavera si compia in lui quotidianamente, come se il ciclo delle stagioni si alternasse nella sua vita più volte al giorno. Costretto a momenti d’inattività che si ripetono a intervalli periodici ravvicinati, lui reagisce vivendo all’ennesima potenza, sulla tela, i momenti propizi. Tutto è attività e movimento nei suoi quadri; dove non sono le linee a creare le fughe, lo sono le scale cromatiche, personalissime e talvolta al limite dell’azzardo. Perderlo di vista per un anno equivale a perdere di vista per cinque anni un pittore che svolge la sua attività a tempo pieno; ed è inutile aspettarsi di ritrovarlo al lavoro sullo stesso tema, perché nel frattempo lo ha portato ad esaurimento ed è passato a tutt’altro. Visitare il suo atelier è un’esperienza che lascia il segno. A parte la simpatia della persona, non solo sulle pareti ma ovunque, talvolta invero similmente accatastate, ci sono talmente tante tele dipinte, una tale folla di meraviglie eseguite ad olio spatolato con precisione istintiva, che uscendo ci vuole del tempo per riprendersi. L’esperienza è di quelle che disorientano: si resta a lungo segnati interiormente dall’abbuffata di immagini e colori; e siccome lo spazio per muoversi è ridotto per via della massa di tele, di cui parecchie fresche e freschissime, è impossibile non rimanere “segnati” anche fuori”
Ingresso libero
Info: 393.3242424 – eventi@madarte.it – www.madarte.it
Commenti 0
Inserisci commento