I quadri di Antenucci non passano inosservati, colpiscono per la ricchezza dei colori e la brillantezza degli smalti scelti per raffigurare il soggetto. Sono di grande impatto visivo e, per questo, facilmente apprezzabili da un pubblico libero da condizionamenti e amante della pittura.
Cosa sarebbe la sua arte senza il colore? L’artista pratese ha scelto i brillanti cromatismi come chiave di lettura delle proprie opere. Con il colore si crea, si racconta, si interpretano mondi nuovi abitati da simboli di varia provenienza. Esso non viene visto solamente come il mezzo per colmare i segni grafici e i vuoti del supporto, è in un certo modo l’anima dell’opera, il suo senso profondo e ricercato.
Tutto il mondo artistico di Antenucci vive di colore. Superando la soglia del suo laboratorio pittorico, l’odore dei solventi si mischia a quello degli smalti. Intorno si vedono tele e carte artigianali pronte all’uso, ma disposti su una mensola come tanti trofei di caccia, fanno bella mostra di sé i barattoli metallici dei colori. Sono ordinati e puliti ma, soprattutto, sono numerosi. Non devono mai mancare perché essi racchiudono il senso stesso dell’opera artistica.
Sarebbe errato pensare che l’uso che egli fa del colore serva per evitare la rappresentazione grafica o la precisa descrizione figurativa. Le doti artistiche naturali prima, unite al perfezionamento didattico poi, gli hanno permesso di sperimentare a lungo l’osservazione del vero e la realizzazione per molto tempo di opere figurative come nature morte, paesaggi, raffigurazioni di parti del corpo umano. La sua arte non nasce quindi dal niente e non si nutre di solo colore. Vive innanzitutto di forma, ma si arricchisce di un’anima, incarnata appunto dalla materia cromatica. Gialli, rossi, bianchi fino anche ai neri diventano ancora più belli se impreziositi dall’aggiunta di sabbia, gesso, stucchi, anelina. Il risultato che si ottiene, alla fine, non è quasi mai prevedibile e, proprio per questo, ancora più sorprendente.
In questa analisi della pittura di Antenucci discorso a parte merita il soggetto raffigurato nelle varie opere. Abbandonato, come detto, il figurativo, l’artista da tempo ha scelto di dedicare tempo e attenzione ad una sua personale ricerca.
Nei suoi quadri abitano particolari simboli. L’artista li ha scelti come elemento caratterizzante dei propri lavori. Difficile decifrarli ad una prima osservazione. Li potremmo non a torto definire come la “firma del pittore”, intendendoli come il soggetto prediletto e ripetuto sotto forme più o meno simili e distinte. Un quadro generalmente incarna e raffigura il sentire dell’artista, la sua capacità di trasferire sul supporto un qualcosa di intimo che si nutre di idee, ma soprattutto di emotività.
Le emozioni dettate dal cuore si misurano con il grafico dell’elettrocardiogramma. Ecco allora che quei particolari simboli non sono altro che libere interpretazioni del tracciato medico, che legge e registra impulsi e stimoli dell’attività cardiaca. Sono solo percettibilmente riconoscibili, ma accompagnano come in un percorso la ricerca continua del pittore. Nel tempo si sono trasformati; sono diventati meno geometrici e più astratti, sono stati invasi dal colore che ha dato loro nuova vitalità. Nelle opere più recenti questi segni riaffiorano in vario modo; sono “presenze” che animano l’opera e danno a questa un qualcosa di curioso e misterioso al tempo stesso. La materia cromatica torna a fare la sua parte: si trova a giocare con esse, facendole diventare importanti punti luce dell’opera, e dà vita a nuovi piani e nuove profondità nella composizione.
La ricerca pittorica di Gianni Antenucci è in continuo divenire. Il suo entusiasmo artistico è intenso e già oggi lo si vede e si “respira” osservando i suoi lavori recenti. Gli strani simboli si evolveranno fino a diventare solo essenza di antichi segni grafici e il colore si tramuterà in un qualcosa di imprevedibile e inconsueto.
Nelle sue opere non ci saranno limiti alle emozioni.
Martina Altigeri
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