L’elemento principale, al centro del Chiostro, è l’installazione dei mobili della cucina anni ’40 appartenuti alla madre dell’artista, arricchiti dalla presenza di piccoli assemblaggi realizzati con materiale di recupero.
Dalla volta del gazebo che custodisce l’opera, ondeggiano le “ricette volanti” frutto della ricerca fatta da Monika Wolf attraverso antichi manoscritti tramandati dalla sua famiglia, che vanno dagli anni ’30 ai giorni nostri.
Ad esempio, “le patate di marzapane”(marzipankartoffeln), tipica ricetta invernale tedesca, realizzata originariamente con la pasta di mandorle e rivisata durante gli anni della seconda guerra mondiale con ingredienti poveri ma nobili e gustosi come le patate.
Esposte lungo il portico troviamo le opere pittoriche dell’artista che sintetizzano il rapporto tra arte e cibo con l’inserimento di materiale organico e piccoli oggetti di recupero. Monika Wolf utilizza diverse tecniche: l’acquarello, l’acrilico, la tecnica mista e il collage.
Ad esempio nell’opera “Sorbetto esotico”, attraverso 12 tavole di piccolo formato, si narra la preparazione del sorbetto, gli ingredienti utilizzati
e le fasi di esecuzione. I componenti, zucchero di canna, bucce di lime e semi sono materialmente assemblati alla tela.
Tra le opere tridimensionali quella che colpisce maggiormente l’attenzione è “Il focolare”. “Composta da tre elementi, il fornello, la cucina delle bambole e il “lebkuchenherd” (fornello giocattolo fatto di dolci) - come cita Valeria Vaccari curatrice della mostra - questa installazione sintetizza la volontà di accadimento che avviene attraverso la fase “orale” nella quale il bambino viene nutrito dalla madre”.
L’estrema sintesi del rapporto “arte-cibo” è evidente negli acquarelli che raffigurano la torta di panpepato, la torta di mele e la torta di Francoforte.
Affascinata dalla componente estetica di questi tipici dolci, Monika Wolf dopo averli materialmente realizzati e cucinati, li rappresenta prima di mangiarli o regalarli.
Con la mostra “Storia di una cucina” l’artista rielabora le ricette e i simboli della sua infanzia, mettendo in comunicazione la sua storia personale con l’osservatore delle sue opere.
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