a p e r i t i v o e l e t t r o n i c o
Mostre, Ferrara, 16 May 2010
DOMENICA 16 MAGGIO, ORE 18
FINASSAGE DELLA MOSTRA CON PROIEZIONE VIDEO E APERITIVO


Unusual suggerisce una lettura in chiave fotografica della precarietà dell’identità individuale e del ruolo delle maschera, artefatto dalle origini occulte e mostruose e da sempre intimamente legato alla coscienza umana.
Unusuals, inconsueti, sono i personaggi ritratti da Matteo Farolfi e Massimo Festi, antieroi contemporanei in bilico tra il surreale e la cruda realtà. I due ambienti della Galleria si trasformano in luoghi sovrappopolati nei quali ogni fotografia è il residuo, il precipitato chimico di qualcosa che «è stato là», l’esperienza di una perdita, di una separazione, di una distanza. Fotografia è precarietà, è l’infinito istante, è la presenza di un'assenza, un'allucinazione visibile e insieme inattingibile che va ad ingiallirsi ai muri e viene lentamente ricoperta da uno strato di polvere.

Il giorno dell’inaugurazione i suoni psichedelici provenienti dal mix di un performer dal volto di minotauro trasferivano lo spettatore in un’altra dimensione. Le basse frequenze e le umili vibrazioni di Alfeo Pier aka Dubit venivano tradotte in stereofonia e riflessioni, un “mascheramento sonoro” che accompagnava lo spettatore in un viaggio ai limiti del surreale.

Passando da una sala all’altra si ha la sensazione di muoversi tra due dimensioni temporali differenti. La prima stanza ospita l’installazione di Matteo Farolfi. Notturno metropolitano; sei pannelli in PVC Flex disposti ad esagono, simbolo chimico del benzene, sono stati sospesi al soffitto della stanza come grandi idoli che dominano lo spettatore. L’installazione è un contenitore, una navicella spaziale tra il reale e l’alieno, tra il presente e i futuri improbabili, un immagine geometrica che ci riporta ad antiche congetture alchemiche ed esoteriche e che allo stesso tempo proietta nello spazio stellare i personaggi e i visitatori. Ma la dimensione potrebbe essere anche quella del sogno, in linea con il sogno lucido di Jodorowsky, e queste presenze feticci partoriti dal subconscio personale.
Per Matteo Farolfi questa esposizione rappresenta un esperimento al PVC flex. Questo materiale lascia trasparire in controluce la propria filigrana, permettendo di vedere attraverso i personaggi, all’interno della loro anima di plastica. La manipolazione digitale in realtà e minima perché il vero trucco è la lunga fase preparatoria per creare il set fotografico. La Princesse, logotipo della mostra, ricorda da vicino le immagini dei cartelloni pubblicitari; è una donna post-moderna di lattice, una donna bionica lavabile e stirabile che emana vapori tossici industriali e che ha al volto una maschera giapponese. E’ un cyborg eretto tra altri umanoidi, un circolo di amici di un epoca postumana.

La seconda sala ospita l’installazione di Massimo Festi. L’interno è quello di un boudoir borghese, anticamera delle vanità al limite della decadenza e dell’abbandono, in una provinciale corte dei miracoli che ha come colonna sonora una ninnananna per bambini. Alle pareti sono appese delle fotografie impaginate dentro cornici barocche d’oro, ai muri la carta da parati ingiallisce e si arriccia e sul tavolo al centro della stanza, come un memento mori, i fiori appassiscono perdendo i loro petali. La natura morta è un monito, un simbolo della precarietà, dell’instabilità e della fugacità della vita. Proiettati in un passato a noi vicino, in un atmosfera sospesa nel silenzio, gli antieroi borghesi di Massimo Festi indossano maschere che non occultano né nascondono deformità e imperfezioni, ma che anzi sono cucite addosso come seconde pelli. E’ una intrusione voyeuristica e indiscreta nella vita altrui, è un viaggio alla scoperta dei mostri e dei drammi interiori, delle maschere che ci coprono il volto e gli occhi, un analisi lucida del malessere post-industriale.
E’ il Chuck Palahaniuk di Invisible Monsters e di Ninna nanna a guidare poeticamente il lavoro dell’artista, due romanzi che attraverso il fantastico mettono in luce le apprensioni del vivere quotidiano e la ricerca del senso della esistenza nella società contemporanea.

Come diceva Diane Arbus «La maggior parte della gente vive nel timore di subire qualche esperienza traumatica, mente i freaks sono nati con il loro trauma, hanno già superato il loro test nella vita, sono degli aristocratici».

Sara Draghi


Galleria del Carbone
Via del Carbone, 18/A - Ferrara
acca.blu@libero.it
ORARI: dal lunedì al venerdì 17.00-20.00; sabato e festivi 17.00-20.00 martedì chiuso

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