La mostra vede protagonisti 9 pittori di livello nazionale e internazionale presenti fino al 20 novembre 2011 nelle sale del Castello con opere di grandi formato.
In mostra quadri di:
Stefano Accorsi, Andrea Boldrini, Valentina Carrera, Gaetano Fiore,
Paolo Facchinetti, Guido Oggioni, Virgilio Patarini,
Raffaele Quida e Sasha Zelenkevich.
È la luce la protagonista di questa mostra. Una luce che si apre varchi in spazi densi e oscuri con sciabolate abbacinanti o che si espande come una macchia lattiginosa tra nebbie rarefatte. Una luce viva, mutevole, cangiante, reale e fiabesca al tempo stesso, affabulatrice, che assume forme diverse e si trasforma in sostanze differenti: si fa acqua, aria, terra, fuoco e rivela così la sua essenza primordiale, rievocando una dimensione archetipica e cosmogonica.
E sul rapporto intenso e fecondo tra luce e spazio si giocano sostanzialmente tutte le opere di grande formato dei nove artisti di questa mostra. E un luogo più adatto ad ospitarle del castello di Carlo V non è pensabile, con la luce calda del Salento che inonda gli spazi dalle grandi finestre e riempie le alte volte di pietra leccese. E il grande formato testimonia forse proprio una sorta di tensione narrativa, quasi mitica, a tratti forse anche mistica, di questi quadri. E non a caso i titoli parlano di Genesi, di mito, di piani astrali, di psiche. E lo spazio fisico della superficie pittorica diviene spazio mentale, luogo arcano, concentrato, sintesi di segni e di senso, scaturigine dell’immaginario: orizzonte di senso e di attese.
Tutto può accadere. Tutto sta per accadere. Il Tempo è sospeso, come un attimo prima dell’uragano. O un attimo dopo. Un istante che si dilata a dismisura. Prima, fuori, oltre il Tempo.
Lo spazio del quadro cattura, condensa, sospende il Tempo. E tutto si fa Mito: ogni gesto, ogni segno, ogni pensiero. E ogni pensiero è gesto e segno al tempo stesso.
La luce si irradia dal centro delle grandi tele della serie “Psiche” del ligure Stefano Accorsi e ci raccontano un luogo in cui l’uno e il tutto coincidono e l’anima del singolo si fonde misticamente con l’anima del mondo. La luce si espande in macchie informi e lattiginose che galleggiano come sull’acqua nelle epifanie cosmiche ed astrali del leccese Raffaele Quida e riverbera e si accende sulle scaglie di foglia d’oro della milanese Valentina Carrera che ci evoca con lettere e simboli momenti primordiali della Creazione nelle opere della serie “Genesi”. Guizza dalle tenebre ancestrali ed inquiete in cui sono immersi alcuni quadri di Andrea Boldrini o si sprigiona dai fondi metallici ricoperti e poi graffiati dal bergamasco Paolo Facchinetti, o taglia gli orizzonti sabbiosi di Virgilio Patarini, irradiandosi sulla materia scabra ed essenziale. Oppure si compatta in ampie campiture terrose nelle opere di Guido Oggioni. E se Oggioni, Boldrini e Patarini fanno un informale che a tratti rievoca quasi inconsciamente le linee di possibili paesaggi, la ricerca di Sasha Zelenkevich, giovane bielorussa da tempo trapiantata a Roma, sapientemente sfalda una figurazione evocativa, fatta di figure accennate, sfumate, evanescenti, in bilico tra presenza e assenza. Allo stesso modo il partenopeo Gaetano Fiore con i suoi alberi metafisici e stilizzati che affiorano su campiture alla Rothko ci narra l’ambiguità dell’arte che ci mostra quello che non c’è e non è mai quello che sembra. Come diceva Pessoa:nel suo Faust incompiuto: “Tutto è simbolo e analogia”
Virgilio Patarini
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