DAL BUNKER ALL’ESTASI: DISSOLVENZE INCROCIATE - FERRARA
Mostre, Ferrara, 16 November 2010
Essere o non essere?

Ferrara, Chiostro di Sant’ Anna e Salone di San Francesco
16-25 di novembre 2010

(nota di presentazione)

In un’epoca di transizione come quella che stiamo attraversando non è strano imbattersi in artisti che indagano l’ambiguità dell’Essere, l’evanescenza dell’Esserci, mettendo in scena, al tempo stesso, in un gioco ubriacante di specchi, l’assenza della presenza e la presenza dell’assenza di quello che è Soggetto per eccellenza: l’Uomo. Ed ecco che sul gioco ambiguo tra presenza e assenza si innesca un altro gioco spiazzante di specchi: il soggetto si fa oggetto, e viceversa.
Così risulta impossibile definire se le figure del secolo scorso, tratte da vecchie fotografie, con le quali Simone Boscolo popola le sue opere, affiorino sulle onde della Memoria o stiano piuttosto sprofondando negli abissi dell’Oblio. E le epifanie di alberi scheletrici e stilizzati di Gaetano Fiore sono manifestazioni del Reale o deliri del Sogno? E nei quadri di Stefano Accorsi è la luce (dell’anima) a farsi largo nella tenebra di denso colore vibrante o viceversa è la tenebra ad inghiottire la luce? E i fumetti cancellati di Stramacchia rappresentano l’apoteosi della cultura pop o la sua dissoluzione?
La memoria e l’oblio, la presenza e l’assenza, il tutto e il nulla: questa mostra danza sul filo invisibile (e indissolubile) che lega questi opposti e forse finisce per suggerire che, in realtà, gli opposti non solo rappresentano due ris-volti della stessa medaglia, ma forse, addirittura, sono la stessa cosa.
Essere o non essere? Entrambe le cose. Contemporaneamente.

Virgilio Patarini


L'ARCHITETTURA DEL COLORE

Nella più recente produzione pittorica di Gaetano Fiore si dipana una ricerca stilistica di vivace ed elegante intensità che esplora, con rara maestria, nuove modalità narrative.
Pigmenti puri si espandono con gradualità per poi diffondersi, dopo una stesura liscia e paziente, in molecole sature che definiscono uno spazio architettonico centrale, solido e simmetrico.
Visioni oniriche evolvono con esuberanza in slanci spirituali che sprigionano dalle recinzioni di grosse fasce rigorose e cornici mozze.
Un colore immanente, totale, affatto materico frantuma con energia le forme-involucro che esso stesso ha fatto germinare, tracima da volumi ormai incapaci di contenerne l’amalgama e li inghiotte quasi fosse lava a scorrere sulla superficie di velate luminescenze.
Quadrature iscritte ed iscriventi si moltiplicano ipnotiche e non isolano più quel che resta di sagome archetipiche o di ricordi senza tempo, ma si sfilacciano come tappezzerie sdrucite e s’imparentano col supporto della tela.
Il tessuto assorbe vaste pozze di luce e vibra pericolosamente per gli impercettibili lampi accennati dalla trama di lino o juta.
Sovrapposizioni cromatiche meditate alludono a simbologie cifrate che dialogano in linguaggi capaci di sciogliere austerità compositiva e libertà creativa.
Lettura su più piani, quindi, del visibile nell’invisibile e dell’invisibile nel visibile.

Andrea Petrai

qui sotto alcune foto dell'evento scattate dall'artista Marco Post Morello

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