Lana grezza, la stessa con cui le donne del Neolitico hanno intessuto i primi orditi.
Installazioni ambientali, per modificare lo spazio chiuso.
Filo da ricamo con cui trapassare il supporto, per segnarlo anche dove non si vede. Come se la tela fosse un corpo lacerato da curare, oppure da decorare in maniera estrema.
Il ricamo è un’arte cosiddetta minore, declassata dal predominio maschile del pennello. Al principio si connetteva con l’esercizio della regalità femminile. Nelle fiabe spesso assume valenza di incantesimo, per legare e sciogliere. La filatura invece si relaziona con lo scorrere del tempo, e con la sua custodia.
Chiara Valentini sospende dei fili di lana bianca, che si accorpano fino a formare dei bozzoli biomorfi. Nidi, tasche ventrali, uteri sospesi nell’aria. Lo spazio ideale per operare una metamorfosi.
Ombre sporche di terra invadono i piani della geometria euclidea. Ombre rovesciate e smozzicate, senza testa né arti, con occhielli rossi cuciti a punto croce. Tracciati organici, color sangue, per evidenziare la matrice dei corpi, il suo centro poietico.
Il piombo è il materiale per eccellenza della guerra, ma la Valentini lo usa per suggerire la levigatezza della carne. Come facevano i cacciatori paleolitici, che intarsiavano le loro veneri nella selce perchè era l’unico materiale liscio come il ventre delle donne incinte.
L’artista fissa i lineamenti del suo viso con un tratto indelebile, intessuto nella tela. Con un filo che si pianta dentro, e si cicatrizza nel supporto.
Il rosso è l’unica traccia cromatica fra il bianco e il nero.
E’ il colore delle viscere, dell’interno dei corpi, di ciò che non si deve vedere. È il colore della soglia, del ciclo femminile e della deflorazione. Fino alla regina Vittoria, che lanciò la moda del bianco, gli abiti da sposa erano rigorosamente rossi, e di rosso si vestono le spose indiane. Il rosso è in definitiva il colore dell’essere umano, posto fra il nero della terra e il bianco del cielo.
La Valentini traccia sentieri dove le orme hanno inglobato ciò che le produce. File di piedi, come i sassolini nel bosco di Pollicino. Piedi/scarpa, da ritrovare come la scarpetta di cristallo. Da seguire sui sentieri della memoria. Queste tracce stregate sono fatte di cera, il materiale che prima dei polimeri plastici meglio riproduceva la carne umana.
Chiara Valentini usa un linguaggio arcaico che sfocia spesso nel codice magico-rituale. Nella sua arte c’è un richiamo continuo alla forza creatrice dei corpi, al filo rosso del sangue che unisce le generazioni, all’importanza della memoria. Per ricordarci chi siamo e da dove veniamo, e che cosa vorremmo diventare.
Luiza Samanda Turrini
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