big bang your self
Mostre, Bologna, 28 January 2011
L'anima è legata al corpo e mediante al corpo a tutto l'universo" (S.Weil)Letteralmente "Big Bang Your Self" non significa nulla. La locuzione è intraducibile, non esiste nella lingua e non è un neologismo frutto della fervente sottocultura underground.
Il titolo della mostra vuole essere una provocazione come lo fu il fortunato "non-sense" da cui derivò l'eponimo dada; la verbigerazione, in questo, caso non si arroga il diritto di declamare la nascita di un movimento, nemmeno di enucleare i punti salienti di un manifesto, semplicemente l'espressione idiomatica "Big Bang Your Self", inventata in relazione al contesto espositivo per il concorso "A cura di...", assume un senso se compresa come strumento di osservazione, se concepita come una lente che vaglia il presente e lo analizza cercando le relazioni tra gli elementi che vi fanno parte.

Incrociando il senso etimologico di provocazione ("pro vocatio" ovvero chiamare avanti) e la metafora lenticolare, si profila la funzionalità concettuale di "Big Bang Your Self" che, da stimolo essenzialmente nominale, genera numerose possibilità ludiche di abbraccio polisemico: l'entità lessicale autonoma "Big Bang Your Self", dunque, significa in relazione al contesto degli artisti presentati, in relazione alla possibilità di ognuno di sentire il suono dello scoppio primigenio e di interpretarlo.

Approvata in virtù di una linguistica accondiscendente di licenza poetica, l'espressione onomatopeica "Big Bang" appartiene più che altro all'ambito delle discipline cosmologiche che hanno sfruttato l'incisività sonora per metaforizzare il misterioso "scoppio" da cui, pare, tutto ebbe origine. E' interessante, allora, traslare la matrice scientifica del Big Bang, intesa come modello di sviluppo dell'universo, a metafora di modello culturale, facendone un corrispettivo basato sull'osservazione; lo slittamento semantico trova incisione nella massima di Peebles: "La teoria del Big Bang descrive come il nostro universo evolve, non come ebbe inizio" e, sulla base di questa affermazione, concentrare l'attenzione curatoriale nell'osservare un particolare momento dell'evoluzione dell'arte: non è mio interesse cercare il quid universale che genera le poetiche contemporanee bensì, attraverso le opere di cinque giovani artisti, mostrare lo stato della ricerca individuale nel suo valore di istanza collettiva.

La mostra dovrebbe essere una sorta di "snapshot", oggettiva nel contenuto ma soggettiva nella scelta delfotogramma, che mostra lo "Zeitgeist" contemporaneo al primo decennio del 2000 attraverso la concezione di "espansione" corporea nella società contemporanea: ogni artista, sulla base di una propria idea di avvenire, elabora il proprio "Big Bang" ovvero la propria dimensione evolutiva che racchiude intrinsecamente la coscienza dell' "è stato" e, per questo, porta avanti l'archè nella miscellanea di cronos e spirito.



In questa specifica dimensione che fa riferimento all'essere umano, l'idea di evoluzione attraverso lo sviluppo dell'arte potrebbe apparire una tautologia, in realtà l'impasse logica è sciolta dalla scelta curatoriale che mostra le diverse ipostasi interpretative: così se Alexandros Yiorkadjis con "Introspezione" rappresenta l'esigenza di analisi individuale come fonte d'equilibrio tra fonti di istinti, Monia Marchionni con l'installazione "In-difesa" e Bellumore+Marchionni con la foto "Differenziare-differire" criticano la condizione (ormai esistenziale) del precariato e delle conseguenze deleterie sull'individuo, Chiara Valentini riflette sui limiti fisici dell'uomo come essere dialogico mentre Domenico Grenci con i suoi ritratti porta la riflessione nella dimensione intelligibile sospendendo eternamente la figura tra il crine della memoria e dell'oblio allo stesso modo, ma con risultati diversi, di Fabrizio Carotti che, invece, dell'esplosione raccoglie i frammenti icastici della storia dell'arte in un sapiente collante estetico di digital painting.


La prospettiva critica, per quanto soggettiva, intende misurare la densità dell'arte

e la temperatura della società e, allo stesso tempo, giocando sul neologismo, "Big Bang Your Self" inteso come verbo riflessivo, vuole essere un monito rivolto alla società stessa, una sorta di "esploditi", "evolviti" che pone l'arte come input, "provocazione" a reazione etica, mezzo indispensabile per sollecitare l'attenzione percettiva e potenziare il dinamismo dell' "Essere" (inteso come principio evolutivo di hegeliana memoria) che grazie al suo continuo farsi altro si svolge in una dimensione di storicità che corrisponde alla vita.

La necessità di cogliere lo spirito di un epoca ponendo al centro della ricerca il corpo umano (e le sue protesi culturali) parte dalla riflessione che l'uomo, in quanto essere razionale, è tale solo se incarnato, pertanto ogni pensiero ha bisogno della "materia bruta" per generarsi; nelle complesse ritualità e nelle varie declinazioni l'individuo passa attraverso il corpo di sé e degli altri per comprendersi: è nel corpo che "ci si incontra", è il corpo l'elemento convertitore di intersoggettività che subisce il "bilico" esistenziale tra essere/apparire.

"Big Bang Your Self" dunque, accettata la disambiguazione ontologica, si propone come ipotesi cosmologica (kòsmos: ordine, lògos: discorso) che crea una tavola sinottica in divenire osservata con gli strumenti della "scienza dell'arte".

Alice Zannoni

(curatrice mostra

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