La nostra esperienza della realtà è il risultato della nostra cultura. Il dato naturale, per così dire, oggettivo, è un’astrazione inconsistente. Ogni nostro contatto con il mondo circostante è un risultato e non un dato primario. Il mondo stesso che esperiamo è una costruzione a partire da valori espressi da segni e simboli.
La ricerca per questo progetto inizia da una considerazione sul nostro rapporto con l’elemento acqua. Rapporto indagato attraverso la reiterazione di filtri e la produzione di elementi di raccordo.
L’acqua è l’elemento chiave di uno sviluppo concettuale che indaga per cortocircuiti e accostamenti imprevisti le molteplici rappresentazioni del mondo marino e acquatico in generale. Gli oggetti che segnano il percorso di questo lavoro provengono dalle biografie dei due artisti, dai ricordi d’infanzia e dai legami familiari, da rinvenimenti del tutto casuali e da studi iconografici orientati dall’accostamento naturale/artificiale. L’accumulo e la reiterazione si alterneranno al carattere ostensivo dei singoli elementi chiave collocati nello spazio. L’ironia bilancia la trasparenza degli oggetti, ciò che sembra essere autoevidente si complica, acquisisce spessore oltre il primo livello di lettura.
Partendo dal presupposto più volte indagato dai filosofi dell’arte che l’imitazione non è un criterio di realismo e che ogni e qualsiasi riproduzione è anche un’interpretazione a partire da valori, PetriPaselli creano in questo progetto un percorso di riflessione sul rapporto più o meno olistico o più o meno dicotomico e nevrotico dei due termini Natura/Cultura, concentrandosi, a questo scopo, sul mondo acquatico e sulla sua riproduzione ed evocazione plastica (anche in senso ironicamente letterale).
L’acqua e le sue afferenze ludico-simboliche in questa mostra sono il cuore semantico di un universo artificiale variamente declinato sui temi del mare, della pesca e in generale del rapporto dell’uomo con la natura. Di quest’ultimo sembra che gli artisti vogliano mostrare il dato della distanza, come se tale rapporto fosse stato in un qualche momento del tempo passato, un rapporto diretto o più diretto ma che di esso possano restare, ora, solo tracce indirette, reperti e segni di un sistema di filtraggio e dilazione del contatto. Il titolo stesso, scelto dagli artisti, colloca nel passato un possibile riferimento a questo contatto. L’azione del pescare compiuta dal nonno pertiene la sfera dei ricordi, si sfuma in una collocazione fantasmatica disponibile solo attraverso l’immaginazione e la collezione delle immagini.
Tutta l’installazione, dalle sale del piano superiore fino agli spazi sotterranei della galleria, è uno studio di questa distanza, dell’elemento naturale e vitale, archetipico e primordiale, originario e misterioso e di ciò che di esso resta nel nostro sistema simbolico. Gli oggetti sono i segni di questo linguaggio che ricorda la natura, la comprende o forse semplicemente la trasforma provando senza riuscirci ad avvicinarla.
Il contatto diretto, o l’esperienza pura, è un’arcadia che può permanere solo nella dimensione del ricordo personale o mitico. In questa ricerca non c’è nessuna nostalgia ma solo la volontà di mostrare un percorso di trasformazione da un ipotetico riferimento originale come quello compiuto con la creazione di oggetti e situazioni che riproducono il mondo marino e acquatico, percorso nel quale qualcosa si aggiunge dall’origine e qualcosa inevitabilmente si perde.
Il tema della collezione poi, come compulsione all’accumulo e desiderio di controllo, è in più occasioni presente nella ricerca di PetriPaselli. In questo caso, e in particolare, nella seconda sala, introdotta dalle eloquenti parole della Sirenetta, la collezione – oltre l’accumulo – è un atteggiamento che esprime la volontà di conoscere. Quasi un gesto di amicizia verso qualcosa, un mondo e i suoi elementi, a cui non si può avere un reale accesso ma che si intuisce nella sua diversità e lontananza come affascinante. Una chiave per tutto il percorso di questa mostra.
Nella prima sala i due dittici ripetono la funzione del filtro concettuale e della sovrapposizione di significati nel nostro rapporto ultra mediato con l’elemento naturale. Nella seconda sala, dalla moltitudine di oggetti e dall’accumulo di segni si ricava un discorso sulla natura - sui pesci e sull’acqua – che svela la dimensione della sua distanza dal contatto con il fenomeno e il suo essere il luogo linguistico di questo distacco.
Nelle sale sotterranee della galleria si incontrano in prima istanza tre vasche dove l’elemento dell’acqua sembra essere finalmente ritrovato per essere poi, però, immediatamente riperso nelle operazioni di astrazione e di filtro culturale fino a scomparire nel colore rosa sicuro riferimento all’artificiale.
Nell’ultimo spazio sotterraneo PetriPaselli costruiscono micromondi dentro boules di vetro. Ritorna il senso dell’ambiente ricostruito a memoria, della rappresentazione di qualcosa che fino in fondo non si sa ma si immagina. L’oceano dentro una vasca. I racconti sull’oceano. Le storie fantastiche.
In tutto il percorso fin qui descritto il rapporto con l’acqua da luogo di esperienza diviene luogo del pensiero fino alla sua completa rarefazione nell’immaginario e nel fantastico nonostante il tentativo di reiterarne la presenza come per non perderne definitivamente il ricordo.
Potremmo sintetizzare la ricerca artistica di PetriPaselli, espressa in questo progetto con mezzi elegantemente ironici, come una riflessione sulla distanza e sul contatto: categorie d’analisi e funzioni poetiche del rapporto tra naturale e artificiale.
Silvia Petronici
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