Mostre, Torino, 01 August 2008
COMUNICATO STAMPA

Venerdì 20 giugno, nel centro storico di Rossano, cittadina dell'hinterland cosentino, apre i
battenti la prima edizione di "Sguardi Multipli", rassegna nazionale di arti visive. Dieci giorni di
full immersion nell'Arte, attraverso un ricco calendario di eventi che si propone come obiettivo
principale di dare spazio allo sguardo artistico contemporaneo.
L’evento organizzato da “Koinè”, associazione specializzata nella progettazione di iniziative
artistiche e culturali, ideato e diretto da Settimio Ferrari, si colloca nell’ambito della
programmazione artistica promossa dal Comune di Rossano e dall’Assessorato alla Cultura. In
perfetta sintonia con il titolo, la Rassegna nasce per stimolare sguardi, riflessioni ed emozioni, attraverso un suggestivo viaggio visivo dentro le pulsioni dell'energia creativa che si trasforma in immagine.
La sezione Incontri e Confronti costituisce un frammento significativo dell'arte contemporanea.
Un contenitore tra i più qualificati che raccoglie i contributi di ventisei artisti, testimoni privilegiati e diretti del presente, con all'attivo un curriculum artistico ed espositivo decisamente rilevante. Ciascuno presenta una produzione singolare, ma in piena sintonia con le più avanzate tendenze estetiche internazionali. La mostra è stata ideata e realizzata per un percorso convergente che abbraccia due sedi distinte e separate, la Sala Esposizioni del Museo Amarelli e la Sala Grigia di Palazzo S. Bernardino, sdoppiando l'esposizione, senza interromperne la continuità. La collettiva, realizzata con la collaborazione della Galleria 911 di La Spezia e della Loft Gallery di Corigliano (CS), è affidata alla cura di Francesca Londino e Carolina Lio.

PRESENTAZIONE CRITICA

MUSEO AMARELLI

Cristina Blanch, Erica Campanella, Dellaclà, Daniela Cavallo, Tea Giobbio, Andrea Grosso
Ciponte, Gavino Ganau, Mario Loprete, Anna Madia, Alessandra Pennini, Roberta Savelli, Marco
Tamburro, Matteo Tenardi.

Daniela Cavallo fotografa personaggi immersi, sospesi, galleggianti in una natura fiabesca.
Sono ripresi con colori opachi e tenui in una atmosfera lirica e a un passo dall'essere un
paesaggio fantastico. Un paesaggio dove la figura umana fa pienamente parte dell'ambiente,
al contrario che nelle opere di Tea Giobbio, dove il corpo umano non è quasi un elemento
naturale ma architettonico, un oggetto, del desiderio, ma anche del piacere puramente
estetico, quasi un design d'interni in cui la figura femminile si muove arredando e completando
lo spazio. Sempre sulla figura femminile lavora Alessandra Pennini, focalizzandosi
sull'emozione manifesta e repressa, su un nuovo ruolo femminile che deve svincolarsi dei valori
tradizionali per glacializzarsi in comportamenti forti, determinati, pratici, quasi maschili, e
lasciando sullo sfondo i segni di un romanticismo che deve essere forzatamente accantonato.
La convivenza tra forza e fragilità viene espressa con ancora più forza dal lavoro di Dellaclà,
dove l'autoritratto a volte ironico, a volte doloroso, sempre senza mezzi termini, parla della
sofferenza e soprattutto del suo superamento, poeticamente manifestato dall'atto di strapparsi
via dei chiodi dal cuore e con un uso della luce sempre più mistico, legato più al senso di una
direzione di salvezza che ad una esigenza plastica. Mentre un superamento più pacato, ancora
un abbozzo, quasi una ricerca di una strada di fuga è quello di Matteo Tenardi, impegnato a
far affacciare i propri personaggi fuori dalla tela, a volte addirittura a scavalcarla, sempre a
metà tra il bordo e uno sfondo nero, scuro, indefinito, potenzialmente infinito nello spazio e
nella sostanza, dove possiamo immaginare un mondo di paure, disagi, ma anche solo di
quotidianità e “uniformismo” a cui sfuggire. Per capire cosa si intende qui con il termine
"quotidianità" basta osservare i dipinti di Cristina Blanch, dove piatti personaggi,
volutamente trascurati nei particolari e nelle espressioni sono intenti in faccende domestiche o
di lavoro. Ad affiancare questa ricerca si trova tutta una serie di dipinti di oggetti di
consumismo, in particolare scarpe femminili, con cui si può tracciare un parallelismo e una
riflessione sulla superficialità del nostro ritmo sociale. Le situazioni di disagio che ne vengono
fuori possono essere rappresentate da una pittura fortemente intima come quella di Erica
Campanella, dove donne in primo, primissimo piano o, addirittura, rappresentate da
particolari del corpo, mostrano il proprio nervosismo in posizione nervose, rannicchiamenti
fetali, piccoli tic come il mangiarsi le unghie. Molto simile è la sensazione di tenerezza e
delicatezza violata che ci viene comunicata dalle opere di Anna Madia, sempre in ritratti
femminili, molto più tenui, con colori rosati e rappresentazioni di una femminilità anche
infantile, agli esordi, che sta scoprendo nell'adolescenza la delusione di poter essere
considerata come un mero oggetto sessuale o di essere isolata nel proprio romanticismo.
Ancora altro disagio emerge dalle situazioni in bianco e nero di Gavino Ganau, che lavora con
effetti di ombreggiatura inquietanti e soggetti immersi in una solitudine dai contorni scuri,
ciechi, senza via d'uscita. Nella stessa atmosfera irrequieta e maledetta galleggiano poi i ritratti
di Andrea Grosso Ciponte, dove si alternano volti delusi, duri, violenti, libidinosi, disperati,
senza un contesto preciso e con i tratti del viso segmentati, imprecisi, a volte sbavati.
Un'umanità borderline, con alle spalle un vicolo cieco. E' Mario Loprete che interrompe questa
galleria di disequilibri prettamente psicologici e senza una precisa contestualizzazione per
concentrarsi su un caso specifico, quello della popolazione di colore delle periferie americane,
che in una certa minoranza comincia ad espandersi anche nelle nostre zone. Roberta Savelli
si focalizza, invece, su un' infanzia muta e ferma, silenziosa, osservatrice, con colori
acquerellosi che diluiscono quella pastellosità scherzosa che dovrebbe contraddistinguere la
dimensione dei bambini. Le espressioni sono infatti formate da sguardi già disillusi e sorrisi
incerti. Forse perché appartenenti a un mondo come quello che ci disvela Marco Tamburro in
visioni molto intricate, segni che si incrociano, ricorrono, non si danno tregua, girano in tondo,
si buttano in macchie color sangue e sfregiano alcuni sottofondi figurativi di visioni di città o di
folle, impietosamente.

PALAZZO SAN BERNARDINO

Michele Bono, Angelo Barile, Marco Cerutti, Gianni Cella, Maurizio Cariati, Damiano Fasso,
Nicola Delvigo, Vincenzo Marsiglia, Cosimo Piediscalzi, Arianna Piazza, Andrea Riga, Siva,
Vittorio Valente.

Angelo Barile espone delle bambine cattive, lato nero di una infanzia disillusa, dissacratoria,
che indossano le scarpe di Freddy Krueger, crocifiggono Topolino e infilzano Minnie con uno
spillone. Si trasformano a notte fonda in vamp-ire, succhiatrici del lato consolatorio
dell'infanzia e, grazie al gioco di parole permesso dal trattino, giocano a essere vamp condotte
dall'ira nei loro giochi macabri. Neri, ma accattivanti anche grazie a sfondi decorati a brillantini
e colori fumettistici. Mentre ai fumetti veri e propri, al mondo dei manga giapponesi, si rivolge
Marco Cerutti. Nei suoi dipinti il realismo della rappresentazione delle vere metropoli del Sol
Levante viene spezzato da prorompenti, seduttive e provocatorie protagoniste femminili già
conosciute a chi si intende di fumetti e che vengono portate in una ambientazione reale
spiazzando, scioccando, interrompendo la visione della città con delle icone di un erotismo
evidente, in Giappone vero culto e fantasia sessuale di massa. Egualmente, emergono dal caos
i ritratti ravvicinati e inquietanti di Nicola Del Vigo che attraverso una tecnica pittorica rotante
crea un effetto vortice attorno alla figura umana. Questa diventa così il centro di un tornado di
colori intensi, al cui centro espressioni ironiche e irriverenti sdrammatizzano il senso del
precipitare e dell'affollamento sonoro e temporale, di stimoli e sensazioni che ci viene
comunicato dall'effetto delle onde. Su questo filo che unisce l'ironia e una riflessione sulla
società contemporanea resta sospeso anche il lavoro di Damiano Fasso, dove dei peluche
dall'aspetto tenero e innocuo, raffigurante dei pupazzi quasi infantili, convivono con scritte in
lingue straniere, soprattutto il giapponese, che parlano di morte, distruzione e violenza in
modo subliminale, giocando tra apparenza e sostanza. Quello che fa in parte Vittorio Valente.
Anche lui si serve di uno strumento fortemente tattile, il silicone, con cui forma piccoli ciuffi
appuntiti. L'apparenza morbida nasconde un messaggio di paura e terrore tramite l'inserimento
invisibile di oggetti come aghi e lame o forme che richiamano gli aspetti più impopolari della
scienza, come i virus. Arianna Piazza continua questo medesimo percorso con opere dove si
parla di "immunizzazione", di "ibridi" e di pillole che spesse volte compaiono in un primo piano
d'impatto come simbolo della preannunciazione di un'epoca semi-chimica dove la realtà è
frutto di processi costruiti. Talmente artificiale da essere spesso e volentieri rappresentati in
modo astratto. Di astratto vero e proprio si parla, invece, a proposito dei lavori di Vincenzo
Marsiglia che gioca sull'optical art, tracciando traiettorie regolari, simmetriche, e lasciando ai
colori il compito di creare effetti visivi di rilievo o incavatura. In questo modo si crea l'illusione
di un effetto tattile e di una quarta dimensione. Un surrealismo che invece si richiama al pop è
quello che Cosimo Piediscalzi ottiene soprattutto tramite gli effetti a righe arcobaleno che
accompagnano i suoi autoritratti, spesse volte citazioni da opere celebri del passato, o riprese
di particolari che metabolizzano il linguaggio pubblicitario, o ancora tributi al sarcasmo
vignettistico in una commistione di generi e linguaggi riuniti in piccoli formati, quasi opere
tascabili. Un pop di grandi dimensioni, quasi “inglobante” è quello che, invece, serve a Siva
per farci immergere nei suoi "Giardini cosmici", atmosfere dai colori acidi dove in un'aria
privata di gravità e fluttuante come acqua convivono elementi umanoidi, pesci, piante terresti,
elementi astratti e simboli del consumismo. Restano uniti in una commistione irreale eppure
credibile, un mondo con regole proprie, inedite ma stabili. Altra surrealtà ottenuta con l'uso del
colore è quella che Michele Bono realizza su delle sculture in resina. Le opere rappresentano
teste umane che sbalzano fuori da una base piatta che come una ghigliottina trancia via il capo
da un corpo di cui non ci resta nessun indizio. Di questa forma cranica è coperta anche la pelle,
e resta la sagoma di una testa, simbolo di intellettualità, ricoperta dal colore, che la avvolge e
vi si attacca come un liquido viscoso. A sbalzare in fuori sono anche i personaggi delle tele
esteroflesse di Maurizio Cariati. Dietro le sue tele in iuta, delle sagome costruite dallo stesso
artista spingono e deformano le fattezze dei suoi personaggi, creando delle anomalie forzate,
facendo venire in superficie e manifestando, tramite questo trucco simil-installativo, stranezze,
idiosincrasie, lati quasi mostruosi altrimenti imperscrutabili dalla sola analisi figurativa. Ad
alterare completamente le fattezze umane arriva poi l'opera di Gianni Cella, che crea degli
umanoidi la cui testa assume di volta in volta la forma di un cactus, di un palloncino, di una
stella e giocando ironicamente su un immaginario metaforico alla Fedro, dove la
personificazione di piante e oggetti crea "la pianta più intelligente del mondo", un "pallone
gonfiato" e via dicendo. Anche Andrea Riga lavora sulla deformazione, ma in questo caso si
tratta di malformazioni, di sfregi. La sua è una pittura quasi "cattiva", che lavora sulle cicatrici,
sui segni fisici della sofferenza, evidentissimi, invadenti, ingigantiti, che assumono la forma di
frutta troppo matura sull'orlo dell'essere marcia.

18 Giugno 2008

Carolina Lio e Francesca Londino

Inaugurazione: 20/6/2008 ore 17.30
Periodo: dal 20 Giugno al 23 Agosto 2008

Museo Amarelli, Palazzo S. Bernardino
Comune di Rossano (CS)

orari di apertura:continuato 9,30 - 23,00
Biglietto:ingresso libero

patrocini: Comune di Rossano, Assessorato alla Cultura
curatori: Settimio Ferrari, Francesca Londino, Carolina Lio
catalogo: a cura di Settimio Ferrari, Francesca Londino, Carolina Lio
note: La sezione della Rassegna, intitolata Incontri e Confronti è stata realizzata con la collaborazione
della Galleria 911 di La Spezia e della Loft Gallery di Corigliano (CS)

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