Un curatore è spesso tentato, nel costruire una mostra, di invitare artisti che abbiano in comune l'uso del mezzo usato - per esempio la fotografia o la pittura - o una tematica condivisa. Se ci si limitasse a questi aspetti un'esposizione in cui sono presentati insieme i lavori di Margherita Morgantin e di Enzo Umbaca sarebbe poco più di un pretesto. Al contrario credo che una mostra che nasce accostando i loro progetti e le loro opere abbia più di una valida motivazione. Innanzi tutto penso si possa facilmente percepire nei loro lavori uno spirito comune, un'affinità che va al di là di mezzi o soggetti che solo saltuariamente possono risultare simili. Tale condivisione nasce da un'attenta quanto critica visione della realtà che induce entrambi gli artisti a indagare aspetti poco spettacolari della nostra società, ma che risultano,a un'attenta analisi, emblematici delle contraddizioni che caratterizzano la nostra epoca.
I loro lavori si potrebbero definire "politici" se tale parola (soprattutto in un contesto italiano) non entrasse in risonanza con troppi aspetti negativi o, se si vuole essere più ottimisti, retorici. Politici perché la loro lettura della realtà cerca di sondare anche le ricadute sociali di regole, scelte, abitudini o modi di pensare. Non rinunciano, quindi a un dialogo (anche critico) con l'ambiente…Se invece dovessimo individuare delle distanze, le cercherei nel loro diverso, quasi opposto, modo di usare gli aspetti relazionali del lavoro. Mi sembra che in diverse occasioni il lavoro di Enzo Umbaca parta da intuizioni o idee dell'artista che, a causa del contatto con gli altri e degli stessi meccanismi di costruzione, si trasformi nel corso del processo…
La relazione con gli altri,gli intercessori (per usare una parola familiare a Deleuze e Guattari), sono fondamentali anche per Margherita Morgantin, ma, a differenza di Umbaca, ho l'impressione che spesso agiscano prima. Fonti scritte, incontri, film, episodi quotidiani, discussioni e, non ultima, una lettura scientifica della realtà, possono essere presi come spunto da rielaborare, da riformulare attraverso il filtro delle proprie sensazioni. Le idee o le vicende narrate da altri possono essere un punto di partenza, un territorio comune fondamentale, ma è altrettanto importante, quindi, nel processo creativo della Morgantin, una elaborazione singolare e quasi solitaria di tali elementi… Usando altre parole, davanti al lavoro di Umbaca ci si trova coinvolti in un incontro, mentre le opere della Morgantin ci prendono per mano e ci fanno vedere la nostra realtà attraverso i suoi occhi. Ho spesso avuto la sensazione che i lavori di Margherita si dovessero leggere come un libro mentre a quelli di Enzo si dovesse partecipare (anche se raramente ci sono elementi performativi)…
Per realizzare le opere in mostra entrambi sono partiti dalla centralità del luogo espositivo, una galleria nel cuore della città di Bruxelles sede di parte delle istituzioni della Comunità Europea, per ragionare sulle contraddizioni della nostra società, per ragionare sul nostro essere europei e cosa potesse significare. L'educazione europea evocata ironicamente dal toccante romanzo di Romain Gary è forse ancora da costruire anche se l’epoca buia della Seconda Guerra Mondiale, in cui si muovevano i protagonisti, è, per fortuna, distante nel tempo e nelle forme che la violenza e la disperazione avevano preso. Ma nonostante questo credo che scrivere libri, comporre musica, costruire opere d'arte rimangano fondamentali rifugi, nascondigli dove prendersi cura di "tutto quel che impedisce all'uomo di abbandonarsi alla disperazione, tutto ciò che gli permette di avere una fede e continuare a vivere".
Umbaca ha voluto riportare all'attenzione la figura del musicista-operaio Pierre De Geyter, autore della musica dell'Internazionale. Nel video prodotto troviamo, infatti, una musicista che davanti alla statua di De Geyter, che si trova a Gand, suona al contrario le note del famosissimo inno. Il lavoro, intitolato Once Upon a Time: l’Internazionale, denuncia l'esiguo spazio lasciato alle utopie e alla fratellanza tra gli uomini anche all'interno di un’organizzazione sovranazionale come la Comunità Europea, nello stesso tempo sottolinea come non ci possa essere spazio per nostalgiche riproposizioni di ideologie che hanno dimostrato, nel corso del tempo, tutti i loro limiti. Enzo Umbaca, sottolinea questi aspetti anche attraverso un’installazione, Pronto Ascolto, in cui un disco in vinile, su cui è incisa l’esecuzione dell’inno socialista fatta durante la performance, viene fatto girare da un trapano appositamente adattato allo scopo. L’opera più si ascolta e più si deteriora, finendo per autodistruggersi. In questo modo simboli del lavoro e dei cambiamenti in atto vengono esplicitati e rivitalizzati e l’installazione diviene espressione sintetica ed efficace del passaggio del tempo e delle idee che ne sono figlie. Margherita Morgantin presenta in una parete della sala espositiva un rettangolo di elmetti protettivi (Untitled 2010), usati nei cantieri, di colore blu, a ricordare la bandiera della Comunità Europea. Sopra di loro dodici stelle rosse, di chiara produzione cinese, creano un cortocircuito tra ideali e interessi economici, tra diritti e sfruttamento del lavoro, tra democrazia e processi di globalizzazione. Quest'immagine ambigua, che si presta a letture differenti, sarà affiancata da una copia di alcune normative europee sulla salvaguardia degli uccelli migratori che, in questo momento, riescono, parados-salmente, a diventare uno strumento importante ed efficace per la salvaguardia del paesaggio italiano. Der Taupunkt è il titolo del video che Margherita Morgantin propone per la prima volta in questa esposizione. Girato in un centro di ricerche sui cambia-menti climatici, che ha sede nel deserto della Namibia, Der Taupunkt si presenta apparentemente con caratteristiche vicine al documentario. Ben presto emerge, però, una visione personale in cui le inquadrature cercano di cogliere atmosfere e anche l’audio in presa diretta ci restituisce solo la colonna sonora senza narrarci né spiegarci gli accadimenti. Si rimane incantati di fronte alla vastità degli spazi e affascinati dai cambiamenti atmosferici (proprio gli oggetti delle ricerche scientifiche), ma lo stato di sospensione in cui ci trasportano le immagini preserva intatto lo spazio lo spazio di interpretazione dello spettatore.
Commenti 2
Inserisci commento