Poi sopraggiunge il pensiero, ad analizzare, suddividere, ordinare, a comprendere con maggiore consapevolezza.
L’opera di Pier non è pura immagine, non è fatta per una fruizione superficiale, pensata e realizzata per il solo senso della vista, ma è creata attraverso contaminazioni sensoriali, filtrate dalla sua memoria selettiva.
Già nei titoli le opere presentano un’ evocativa associazione fra stimolo verbale ed immagine: ci riportano verso territori esplorati ma mai conosciuti realmente dalla nostra mente. Sembrano ricordi sospesi, immagini della memoria, luoghi che non ci parlano più, dove percepire lo spazio eterno.
Sono luoghi di confine, ma non in senso geografico, piuttosto al confine col silenzio, “non luoghi” descritti con un segno veloce, necessario, che costruisce attraverso la materia, mosso da sensazioni nascoste, da una impalpabile nostalgia del presente. Luoghi costruiti, mutati e simbolizzati dall’uomo, alla ricerca dell’affermazione della propria esistenza, nella tensione tra particolarismo ed universalità, spazi emotivamente vissuti che parlano di vita vissuta, esperienze, speranze.
Dense, vibranti pennellate descrivono queste realtà rarefatte.
La tecnica stessa ci dichiara che questa pittura, che sembra facile ad un primo sguardo, immediatamente accessibile, racchiude in sé diversi livelli di lettura, scavando nella memoria: sono immagini stratificate, costruite attraverso la sovrapposizione di colori e di materiali diversi. Che il supporto sia ‘la scatola di cartone’ degli ultimi lavori, o che sia la tela o la tavola, la tracce che affiorano sono disegni e fotografie (stampe in negativo emulsionate con trementina o trielina), fogli stampati con poesie o pensieri, sui quali Pier interviene con il colore ad olio. Sono collage di ricordi di vita dell’artista che nel gioco della memoria si stratificano e assumono sfumature nuove, filtrate dal pensiero. Il fondo ha forti tonalità di colore, coperte in ultima istanza dal bianco o dal nero, lasciando solo alcuni frammenti in evidenza. Il bianco di titanio o in alternativa il bianco di zinco vengono utilizzati per coprire completamente o lasciare intravedere i particolari sottostanti, come una membrana in osmosi continua con il mondo circostante. I luoghi muti di Pier sono spazi ridefiniti, chiusi dall'ambiente che li circonda. Oggetti estrapolati dallo spazio per essere muti di sé nel loro essere, come scatole che conservano e preservano la memoria e autonoma esistenza, fatta di ricordi.
Sono opere che presuppongono una partecipazione emotiva e mentale delicata e leggera (di una leggerezza estetica che definirei “calviniana”) mai disgiunta da una riflessione sul tempo in cui viviamo: è capacità di percepire la realtà nella sua interezza.
Sono connotazioni che percepiamo quando l’opera lascia intravedere l’introspezione di quei frammenti che affiorano sulla superficie. Ciò che è invisibile agli occhi giunge così in primo piano, secondo un principio di ordine e di equilibrio che ha in sé, nel suo rivelarsi, la possibilità di giungere all’essenza stessa delle cose.
Nel momento in cui sopraggiunge il desiderio di attribuire un senso a ciò che richiede una più chiara comprensione, scopriamo questo complesso di relazioni che nascono invisibili e che si mostrano restituendoci il tempo della percezione sensoriale: sono frammenti della realtà oggettiva, mutati nella loro evoluzione emozionale, che diventano ponte fra la mente e il mondo.
Capiamo così questi elementi che si sommano e si dispongono secondo un principio di equilibrio creato dalla sinergia fra le varie istanze presenti. Alcuni elementi ricorrono: sono idee-simbolo, emblemi di una memoria condivisa o di un ambiente antropizzato che s’insinua attraverso i suoi elementi più rappresentativi, che convivono in una giustapposizione continua con elementi simbolici individuali, che scoprono interpretazioni, concetti, riflessioni e che nella loro variabilità e interrelazione vanno a conformare una realtà altra.
Così in L’epoca in cui vivo o in Quando la pioggia non vuole cadere o ancora in Mandelli, i riferimenti del mondo circostante sono elementi che abitano il nostro panorama: silos, tralicci e fili elettrici che si stagliano su uno sfondo che nasconde e fa affiorare ricordi di parole, situazioni, armonie recondite che trovano mentre un segno rosso richiama l’attenzione verso un altro registro, attinente a percezioni che richiamano e che fanno riecheggiare parole tracciate sulla carta. Il segno pittorico è denso, stratificato, meditato. Allo stesso tempo opere come Regina della notte vienimi a cercare e Schadel dichiarano riferimenti totemici alla natura e all’uomo inteso come essere umano, riferimenti che intessono legami simbolici con il mondo primordiale, a cui affidare il proprio sgomento e attraverso cui ritrovare le proprie radici nella foresta di nuovi simboli artificiali in cui viviamo. Tutto si sovrappone nello stimolo visivo, si rincorre e si armonizza con un ritmo che non sentiamo, ma che riusciamo a percepire.
E’ un flusso che scorre senza ostacoli e senza opposizioni, di cui Pier è osservatore, ascoltatore e fautore al tempo stesso. Sono poesie mute che si offrono allo spettatore in intima solitudine. Un dialogo tra amanti che non necessita di parole, ma solo di sguardi, di gesti, di contatto fisico. E poco importa dove, e poco importa quando, lo spazio e il tempo sono chiusi in una circolarità autonoma dove la “scatola” è il talamo del nostro essere.
A.F.
(testo critico dal catalogo pubblicato in occasione della mostra presso il Bi-BOx Art space di Biella)
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