Le giornate di Fonte Avellana si propongono di mettere a confronto studiosi di diversa estrazione, nel rispetto delle differenze tra le discipline, nella convinzione che solo l’incrociarsi delle idee può essere fecondo, ancor più in un’epoca così confusa ed esteticamente superficiale come la nostra. Nelle giornate ci saranno relazioni magistrali tenute da eminenti studiosi e una sezione denominata “Conversazioni”. Al Convegno partecipano artisti che con le loro performance, esibizioni, mostre daranno un contributo fondamentale e illuminante al tema in discussione.
I convegni annuali al Monastero sono nati grazie all’’incontro con la mente illuminata di Gianni Giacomelli, monaco e priore di Fonte Avellana, uomo di grande apertura umana e di profondo spessore culturale che pratica con semplicità la virtù dell’’accoglienza e della reciprocità nel rispetto delle differenze e alla ricerca di similarità. Fonte Avellana, da sempre luogo di promozione culturale e di scambio, si è rivelato, per i partecipanti ai convegni di questi anni, terreno fertile per il confronto e lo sviluppo d’idee, per la creazione di legami e di amicizie, ma soprattutto perché i giorni del convegno costituiscono un’esperienza di vita, nella libertà del poter condividere, senza ideologismi o schieramenti preconcetti, la bellezza dell’incontro.
IL LUOGO
Il Monastero di Fonte Avellana è situato alle pendici boscose del monte Catria (1701 m.) a 700 metri sul livello del mare.
Le sue origini si collocano alla fine del X secolo, intorno al 980, quando alcuni eremiti scelsero di costruire le prime celle di un eremo che nel corso dei secoli diventerà l'attuale monastero.La spiritualità di questi eremiti fu influenzata da San Romualdo di Ravenna, padre della Congregazione benedettina camaldolese, che visse e operò fra il X e l'XI secolo in zone vicinissime a Fonte AvellanaNotevole impulso diede all'abbazia l'opera di San Pier Damiani, che qui divenne monaco nel 1035 e Priore dal 1043, non solo per l'ampliamento delle costruzioni originarie ma anche per un forte sviluppo culturale e spirituale che fece dell'eremo un punto riferimento religioso e sociale. La tradizione riporta il numero di 76 santi e beati vissuti nell'eremo.
L'Eremo viene citato nella Divina Commedia (Paradiso, canto XXI) da Dante Alighieri, il quale sembra che ne sia stato anche ospite.
Fonte Avellana è stato, da sempre, un centro propulsore di cultura e promotore di iniziative e di scambi con studiosi di diversa estrazione culturale e religiosa.
IL TEMA
Desiderio è tema fondamentale nella vita e nel pensiero dell’uomo: dalle riflessioni psicoanalitiche a quelle filosofiche, da quelle religiose e spirituali, ai percorsi dell’arte o alle scienze in generale. Oggi si parla spesso di un’estinzione del desiderio, come se la possibilità di accedere, con facilità, a qualsiasi godimento e soddisfacimento offerto dalla società, avesse svuotato di senso quella continua ricerca mai risolta che sta alla base del desiderare. Come se il desiderio oggi si fosse trasformato in una sorta di piacere autistico senza alcun investimento su un oggetto ma solo su elementi parziali, con un predominio di comportamenti narcisistici in cui predominano invidia, rivalità, distruttività.
Il termine desiderio deriva dalla composizione della particella privativa de con il termine latino sidus, sideris (plurale sidera), che significa stella. Dunque, "desidera", da cui "desiderio", significherebbe, letteralmente, "condizione in cui sono assenti le stelle". Sembra, infatti, che il termine abbia avuto origine dal linguaggio degli antichi aruspici che, trovando il cielo coperto dalle nuvole, non erano in grado di compiere le loro funzioni divinatorie, non potendo vedere le stelle, dalla cui osservazione traevano le loro profezie. In questi particolari momenti di assenza del cielo stellato, si accendeva dunque negli aruspici un desiderio profondo delle stelle, che proseguiva sino al loro nuovo apparire. L’etimologia è importante perché dice che per desiderare è necessario avvertire un’assenza, qualcosa che manca profondamente al punto da desiderarne la presenza. Il desiderio, non risiede in alcun luogo, risiede in un vuoto.
Non dobbiamo confondere il desiderio con la motivazione, il desiderio non è guidato dalla ragione, nello stesso non ha nulla a che fare con il possesso. Il desiderio non è autoreferenziale, narcisistico, al contrario tende sempre verso l’altro.
Ma non è facile tollerare il desiderio, perché si è sempre soli a viverlo. Quando gli amanti si chiedono l’un l’altro “mi ami?” è come se, non sopportando il desiderio come mancanza, si chiedessero continuamente di essere trasformati da “amanti” in “oggetti” d’amore. Desiderare è un compito davvero arduo. Chi desidera è superiore a chi è desiderato, ma chi desidera è sempre solo, anche in un rapporto d’amore infiammato dal massimo grado di coinvolgimento sentimentale. Le parole che il desiderio compone sono illusioni di messaggi profondi da se stessi all'amoroso oggetto che dimora, ininterrottamente, altrove. Questo significa che c’è sempre un prezzo molto alto da pagare per chi non vuol rinunciare al suo desiderio. Infatti, desiderare, significa sperimentare la perdita del controllo, come essere avvolti da una vertigine che è più forte di ogni altro pensiero.
Il desiderio è l’esperienza di uno scivolamento.
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