La produzione della Nostra risulta strettamente legata al pensiero dell’intellettuale martinicano Édouard Glissant, da cui parte tutta la rassegna del padiglione, specie nel modo in cui egli sviluppa la “Poetica della Relazione”. E se Glissant tratta “l’olocausto degli olocausti” derivato dall’alienazione storica e culturale per la colonizzazione europea e dalla brutale tratta degli schiavi parimenti Guetta indaga la tematica della guerra, della conquista, sino a giungere a ritroso alla Shoah. Da qui il “diritto all’opacità” rivendicato dal filosofo della Martinica che si basa su una “singolarità non riducibile” ad un autismo identitario ma impostata sulla relazione con l’Altro.
Anche tutta la produzione dell’artista fiorentina è permeata dal riconoscimento e dal rispetto della diversità in una prospettiva multietnica incentrata sull’inclusione e su una poetica di apertura.
L’appuntamento con il Maestro, ad ingresso libero, sarà presso il Giardino Bianco Art Space in via G. Garibaldi 1814 in zona Castello (Venezia).
NOTE BIOGRAFICHE
Francesca Guetta è un artista fiorentina. Da sempre attratta dalle possibilità espressive dell’arte, inizia a studiare pittura nel 2004, presso il C.U.E.A. di Firenze, e successivamente presso i Maestri Andrea Sole Costa, Aida Teran e Giuseppe Ciccia. Continuamente stimolata dalla realtà che la circonda e dal contesto storico in cui è immersa, la Nostra esperisce diverse tecniche, trovando nella materia e nell’installazione i suoi mezzi prediletti di comunicazione con il pubblico. Dal 2010 assidua è la sua presenza all’interno di eventi in collettiva. A tal proposito, i suoi lavori vengono presentati in luoghi istituzionali, musei e gallerie di prestigio, a Firenze, Bruxelles, Roma, Monte Carlo, Palermo, Genova, Amsterdam, Berlino, Parigi, Vienna, Miami, Napoli, Londra, Stoccolma, Portofino (Ge), etc. Tra le sue mostre personali più recenti si menzionano: “Un chicco, un profumo per il mondo…Aspettando l’Expo”, Firenze, Istituto Agronomico per l’Oltremare – Ministero Italiano degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Firenze, 2015; “Frammenti di storie e colori”, Complesso Monumentale Guglielmo II, Monreale (Pa), 2018; “Dialoghi in divenire”, Simultanea Spazi d’Arte, Firenze, 2018; “Tra Surrealismo ed Astrattismo –Tre percorsi paralleli” Società delle Belle Arti, Circolo degli Artisti, Casa di Dante, Firenze, 2019; “La Natura imbrigliata”, Galleria White Cube, Veroli (Fr), 2022. Altre autorevoli partecipazioni la vedono ospite in tutte le edizioni Esposizione Triennale di Arte Visive a Roma, a partire dal 2011. È stata inoltre recensita per le edizioni 2019 e 2020 nell’Atlante dell’Arte Contemporanea, edito da De Agostini
INTERVISTA
L'opera “To Ukraine” potrebbe prestarsi ad essere "manifesto di pace" anche per tutti quei popoli la cui diversità è minacciata dalle grandi potenze. Può soffermarsi a parlare di questo anelito a seguire un etica universale, costante nella sua produzione?
Nella mia produzione artistica spesso ho affrontato temi etici come la violenza sulle donne, la Shoah, il degrado ambientale, il dramma dei migranti, gli incendi dolosi sempre cercando anche di mettere in luce la possibilità e la capacità dell’uomo di migliorare se stesso. Mai avrei pensato che nel febbraio 2022 ci saremmo ritrovati di nuovo in una guerra nel pieno dell’Europa. Da una parte verrebbe da dire che non abbiamo imparato nulla dal passato dall’altra c’è di nuovo da prendere atto che gli interessi economici delle grandi potenze sono preponderanti. Fatto salvo il diritto di un popolo aggredito di difendersi e di essere aiutato, la mia opera “To Ukraine” è un grido contro la barbarie di ogni guerra, contro l’uso della violenza o del voler imporre con la forza delle armi la propria volontà verso qualcun altro per assoggettarlo e per distruggerne la cultura e l’identità. Al mondo ci sono molti popoli la cui esistenza è minacciata non solo per un assoggettamento culturale, perché il diverso fa paura, ma quasi sempre per la volontà di depredarne le ricchezza economiche. “To Ukraine”, che nasce da una situazione contingente, è una denuncia di tutti quegli episodi noti e spesso meno noti che manifestano un mancato rispetto dei beni più preziosi, la vita e l’identità culturale. In ogni guerra non ci sono vincitori e vinti ma solo perdenti.
Glissant, punto di partenza della mostra, parla del diritto all'opacità di ognuno, ossia a non essere compreso e non comprendere totalmente. Questo, secondo l'intellettuale martinicano, è "ciò che protegge il diverso" e getta le basi alle "non barbarie". L'arte può aiutare in tal senso?
L’arte, in tutte le sue manifestazioni, pittura, scultura, fotografia, arte digitale etc., è l’espressione di una visione filtrata attraverso gli occhi dell’artista finalizzata a cogliere segnali e peculiarità che normalmente non sono percepite da una prospettiva comune. In tal senso ogni opera d’arte non solo esprime una visione, ma immagina, spera, incita, stimola con i suoi messaggi alla riflessione e al rispetto di ogni diversità.
Nella sua storia di artista ha realizzato una installazione, molto sentita, contro il genocidio nazista, la deportazione e persecuzione degli Ebrei. Questa pagina drammatica della storia la sente particolarmente vicina?
L’installazione “Mai più” nasce dalla esigenza interiore di realizzare un qualcosa che, prendendo spunto dalla mia storia familiare, potesse raccontare il dramma vissuto da milioni di persone. Mi rendo conto che, a prima vista, possa sembrare cruda nella sua immediatezza, vista la presenza del fondale nero, degli stralci di fotografie scattate alla liberazione dei campi di sterminio, della camicia lacera, ma ho cercato anche di mettere in luce degli aspetti positivi come I Giusti, coloro che, rischiando la propria vita, hanno aiutato un popolo ingiustamente perseguitato. Il fine è cercare di ricordare alle nuove generazioni questa triste pagina di storia affinché non se ne scrivano altre. Da tempo pensavo di realizzare un’opera che affrontasse tale tematica, la spinta vera e propria per la creazione di questa installazione, nella sua prima versione, l’ho avuta in occasione dell’Esposizione Triennale di Arti Visive a Roma nel 2014, esponendola presso il Chiostro del Bramante. Successivamente, nel 2016, ho avuto l’opportunità di presentarla durante la mostra Il Segno della Memoria, II edizione, presso la Limonaia di Villa Capponi Vogel di Firenze. In tale contesto ho potuto aggiungere degli altri elementi come delle valige d’epoca ed una radio coeva utilizzata per ascoltare di nascosto Radio Londra.
“Tout-Monde" è un romanzo di Glissant che prospetta l'esigenza di entrare in relazione con tutti i luoghi del mondo senza cancellare la propria appartenenza. Lei ha realizzato un lungo ciclo di opere su "La natura imbrigliata". Che tipo di indagine affronta in questa serie?
I nuovi mezzi di comunicazione offrono l’opportunità di conoscere luoghi e mete che in altre epoche sarebbe stato molto difficile scoprire. Sia dai miei viaggi che dalla visione di documentari girati in luoghi lontani ho avuto la possibilità di assaporare la bellezza e la forza della natura incontaminata e anche, purtroppo, lo stesso ecosistema devastato dall’aggressione incontrollata dell’uomo. E’ per questo che, nel ciclo “La natura imbrigliata”, ho voluto rappresentare la necessità di rispettare l’ambiente circostante attuando comportamenti atti a salvaguardare il nostro pianeta. Questa produzione è caratterizzata da polimaterici per realizzare i quali ho usato legni raccolti durante le camminate nei boschi, ho riciclato lastre tipografiche destinate allo smaltimento sagomandole per rappresentare l’elemento Acqua ed ho inserito dello spago colorandolo di rosso. Tale colore simboleggia il pericolo imminente dovuto ai nostri comportamenti poco rispettosi nei confronti dell’ambiente e al contempo la forza, il coraggio, virtù necessarie per migliorarsi nel seguire comportamenti sostenibili. Ne “La natura imbrigliata” c’è sempre, nonostante tutto, un messaggio di speranza, riallacciandomi al pensiero di Glissant il monito è “rispetto e tutela della biodiversità”.
Da dove nasce la vocazione all'arte e quali sono i suoi progetti futuri?
Probabilmente anche dall’ambiente familiare, ho iniziato come acquerellista e poi negli anni ho sempre più sentito l’esigenza di utilizzare medium e materiali diversi, cominciando a sperimentare ed a riciclare. Ho in cantiere alcuni progetti sia in Italia che all’estero in via di definizione.
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