ORCH'IDEE
Mostre, Bologna, 07 June 2014
Lentezza e rapidità di sguardo, immobilismo che indugia sul dettaglio invitando alla partecipazione affettiva, ad un amore condiviso nell'assordante silenzio del dipinto.
Uno sbriciolarsi della consueta armonia visiva frammenta e ricostruisce un movimento ritenuto – nel medesimo istante – analisi e sintesi dell'intero procedimento strutturale della natura.
Il ritmo narrativo dettato da Enzo Forgione viene azzerato da una sorta di istantanea estetica allegorica in cui l'immagine non è più la realtà rappresentabile, ma l'insieme delle rappresentazioni possibili.
La luce che pervade il dipinto lo rende vivo verificandolo all'interno di un immaginario sospeso, fuori da qualsivoglia categoria di luogo o tempo.
Ipotecando il rapporto di reciproca comprensione tra forma e sostanza Forgione pare porre una netta e inequivocabile marcatura al faticoso lavoro dell'intuizione assieme ad una raffinata autopercezione delle possibilità visive. Una endiadi quanto mai salda e costante nello scorrere dipinti continuamente rivolti all'altro da sé, rigenerati all'interno di una natura ambigua che vede nell'immagine un'idea d'assoluto.
L'orchidea come soggetto principale e quasi rappresentativo dell'artista subisce una metamorfosi sulla quale si fonda una dimensione straordinariamente intima e spirituale: nel riflesso regalato dall'acqua di un ideale giardino incantato predisposto da Forgione la figura deforma, amplifica e dilata sé stessa, costruendo uno spazio di libertà dalle dinamiche proprie e dalle peculiari direttive formali.
L'artista pare identificarsi dunque non già come realista, ma quasi naturalista visionario, proponendo la sfida di un'immaginazione magnetica che eleva l'immagine quotidiana trascendendone unità, verità e forma.
Frantumando la radicale indifferenza nei confronti della leggiadria delle forme e dei colori, Enzo Forgione descrive l'aura di un praticabile vagheggiamento misterioso e archetipico: ciò che riconosciamo non è – naturalmente – la realtà, ma l'immagine sublimata e reificata sulla tela, quasi a recuperare il concetto di idea platonica all'origine di ogni manifestazione sensibile.
“L'arte – scriveva già Heiddeger - rivela ciò che la realtà veramente è: non si tratta di riprodurre la realtà, ma di rivelarla”. Dunque pittura non come imitazione, ma come scoperta, svelamento, creazione.
Il segno dipinto segue i contorni di un respiro protetto, un procedimento dialettico poetico e raffinato che conduce sensibilmente l'elemento naturale correndo la fissità del tempo.
Un silenzio di velluto vibra l'eco sorda di visionarie suggestioni ancestrali, tra ipotesi di storia e memoria di futuro.

Alberto Gross

Commenti 2

Teresa Palombini
10 anni fa
Auguri!!
Lino Bianco
10 anni fa
Lino Bianco Artista
Vai alla grande Enzo! Ciao,
Lino

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