Ora che la notte di San Lorenzo è ricordo lontano, c’immergiamo in altri lumi. Forse subdoli forse benevoli, certo nostri. I desideri non detti e urlati quella notte li trasciniamo ora tra le mura, perchè facciano da combustibile: una supernova incastrata nello stomaco, che contiamo non esploda prima del tempo, per il troppo bruciare. Il puntino bianco intravisto nel profondo è scivolato, sparito, come un fiammifero sfregato contro la volta nera, per ritrovarsi ancora acceso in fondo alla gola.
Dal Buco nero della Centrale (Skylight, 2010) alla città di notte il passo è breve. Bastava salire, dal fondo della metropoli(tana), fino al 31° piano del suo Grattacielo Numero Zero. Il misterioso obelisco di cemento armato, sparisce per essere di nuovo fonte d’ispirazione: punto di vista privilegiato per guardare da vicino e da lontano la mia città.
La pittura è tornata disegno, assecondando la mia condanna all’analisi e la necessità di ripulirne l’immagine. La tela si riduce ad un tessuto nero e la luce affoga per annullarlo. A solcare lo spazio, solo una traccia di pastelli ad olio, qui evanescente e sfumata, là decisa e chirurgica.
Così, fiori multicolore e alberi secolari son cresciuti rapidamente, infuocando la city di vita, forme e colori ad un tempo terribili e sublimi. Milioni di perline colorate ingioiellano un tessuto nervoso e brulicante, in cui ogni luce è una vita, e ogni vita è una luce. Milioni di stelle artificiali, perciò umane, trasformano la città in un cielo trapuntato che, anche di notte, non fa un passo indietro. È un firmamento al contrario, sempre a rischio di essere mangiato dalla sua provvisoria costellazione.
Emanuele Dottori, Settembre 2011.
Commenti 1
Inserisci commento