Carlo Ferreri, Fuel Pump (Fabio Valenti), Lorenzo Manenti, Lorenzo Pietrogrande
inaugurazione: giovedì 20 gennaio 2011- ore 18.30
(l'evento verrà filmato e trasmesso da Francesco Barbieri, fotografie a cura di Nicola Righetti)
fino a 31 gennaio 2011, ore 15-18 (ingresso libero su appuntamento)
Nel 1980, appena dopo la Transavanguardia di Achille Bonito Oliva, anche in Germania si verificò il ritorno alla pittura dopo l’ondata concettuale. Un gruppo di artisti, detti “Neuen Wilden” (nuovi Selvaggi), ripropose con ancora più veemenza di colore e di impeto il fervore espressionista, con piglio quasi primitivo per l’aggressività del colore e per la forze dirompente del contrasto segnico e gestuale. Fetting, Salomè, Middendorff, Zimmer (ma non dimentichiamo il più anziano e “precursore” Georg Baselitz) riportarono sulla scena artistica – con rinnovate motivazioni e urgenze, prima fra tutte la lacerazione del Muro di Berlino – la pittura che parlava di tensioni sociali, che raccontava la vita in presa diretta nei suoi aspetti più scottanti e trovava la sua ideale ambientazione nel contesto urbano e metropolitano.
A trent’anni da quel movimento sentiamo ancora l’eco di quelle lontane istanze, di quella distante protesta sofferta e infiammata dal cromatismo acceso e vibrante, incarnata da figure deformate da una lente drammatica e grottesca.
I quattro pittori qui presenti sono una evidente traccia di quel sentimento inquieto che dalla Germania ebbe poi proseliti in area non solo mitteleuropea; guardano ancora verso Nord insomma, sentendo affinità, attinenze e sintonie con quel tipo di sensibilità, più aspra, più stridente della nostra, classicamente mediterranea e incline all’equilibrio, alla compostezza.
Lorenzo Manenti, il più giovane anagraficamente ma con una curiosità non comune e matura nell’indagine del passato, della Storia, del ricordo antico che riaffiora dalla memoria collettiva dell’uomo, presenta una “variazione sul tema” su una testa dell’imperatore Costantino.
La testa imperiale diviene simbolo del potere, che però è destinato anch’esso a sgretolarsi, a corrodersi e a diventare “reperto” archeologico, relitto, testimonianza morta. C’è la ricerca della rappresentazione di un emblema eroico e glorioso che porge allo sguardo del contemporaneo la sua decadenza, la sua caducità, il suo impietoso declinare.
Fuelpump (Fabio Valenti) presenta figure, o per rendere meglio l’idea esseri ibridi, androidi fatti di circuiti, tubi, valvole, ingranaggi e marchingegni che si mescolano con elementi vegetali. Ma, osservando i colori acidi di quelle ramificazioni e germinazioni, ci chiediamo poi se è vera natura o piuttosto posticcia vegetazione sintetica, frutto di ambigue clonazioni, strani innesti, pericolosi “incroci”. Come nuovi Adamo e nuove Eva, all’alba di una nuova genesi, questi personaggi sembrano quasi riportare alla luce in chiave moderna le antiche raffigurazioni allucinatorie, alchemiche e simboliche del genio unico e irripetibile di Hieronymus Bosch.
Da questo giardino di delizie che in alcune immagini potrebbe anche avere riferimenti metafisici, passiamo agli spazi urbani leggeri e “aerei” di Lorenzo Pietrogrande. Poche pennellate, rapidi passaggi di azzurri, grigi, verdi e lampi bianchi di luce che definiscono e ordinano scarni elementi di città. Parchi o autostrade, parcheggi o prospettive audaci di vie e viali in cui velocemente passano auto o appena tratteggiate si muovono figure. E’ questo lo scenario dei lavori più recenti del pittore che qui arriva a una serrata sintesi dei soggetti già trattati negli anni precedenti.
Sono invece “zoomate” su occhi e sguardi, su volti di donna che vengono catturati da un flash che illumina di getto il volto, colto all’improvviso di sorpresa, svelato, raggiunto dall’obiettivo del pittore Carlo Ferreri. Il colore denso, materico, gocciolante, costruisce e trova unità di disegno e pittura al contempo. Delinea e scompone, traccia e organizza la composizione del volto a tutto quadro, e poi successivamente ancor più indagato nello scrutare ravvicinato del dettaglio.
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