Barbara Però insiste sulla «visione ravvicinata» come circostanza in cui il soggetto si appronta a una certa intimità con lo spettatore, approdando a soluzioni che secondo l’artista «favoriscono l’emozione». In effetti i suoi scatti fotografici di specchi d’acqua realmente esistenti, dei quali ritaglia una porzione, somigliano a delle visioni di qualcosa che è sì riconoscibile, ma immediatamente diventa dell’altro: un sistema aggrovigliato di onde concentriche, che si tingono dei vari riflessi che la macchina fotografica è in grado di catturare. Questa prassi le permette di prendere le distanze dalla «frettolosa visione quotidiana». Un momento di pausa.
Il lavoro di Sonia Scaccabarozzi ha un’anima decisamente pop, definita da sculture accattivanti dai colori accesi. L’artista si concentra sulla dimensione scultorea dell’opera d’arte, specializzandosi nella ceramica Raku, che considera la materia che più le consente di esprimere tutto ciò che ha da dire. La tridimensionalità le permette inoltre di giocare apertamente su un approssimativo valore kitsch, sull’onda di mentori dell’arte contemporanea come, uno su tutti, Jeff Koons.
Per Francesco Spatara una maniera moderna di fare arte non è affatto scomparsa, o condannata a morte dalla vigente contemporaneità. L’artista dipinge con un colore fortemente impastato e indistinto, attraverso il quale elabora delle figure umane altrettanto imprecise. Queste tendono a proiettarsi al di fuori della tela dopo qualche secondo di visione. In tal modo Spatara intende sondare la natura umana, sostanzialmente ampliando i confini della quotidianità, e soffermandosi in quest’oasi finché necessario alla riuscita dell’opera.
Rosida Mandruzzato Vettori si interessa da sempre di cromie. Non esiste forma nei suoi dipinti – salvo che per forma non s’intenda la netta striatura della spatola sulla superficie -, e il soggetto è piuttosto arbitrario, seppur minimamente vincolato dai titoli. Un’opera del tutto astratta, la sua, che prende in esame l’apporto emotivo che l’arte è in grado di smuovere e di maneggiare ogni volta e, a seconda dell’artista, in maniera del tutto peculiare.
Molto vicino alla Mandruzzato per stile e astrazione, Lorenzo Fabietti riempie l’intera superficie della tela con dei tocchi di spatola pregnanti di colore e soluzioni. Le sue composizioni isolate tentano di dare vita a degli scorci personali che appaiono un po’ come dei porti franchi, delle zone in bianco e nero che l’artista ha visto e che le sue tele cercano di riadattare e registrare.
Giovanissimo, Umberto Cairoli incentra la sua attenzione su pittura, fotografia e più in generale effetti visivi di vario tipo. Le opere in mostra sono eccentriche, dalla non facile definizione critica, colme di citazioni. Questo a partire dall’Uomo Vitruviano leonardesco, la cui tela sanguina attraverso dei piccoli squarci, bisognoso di una chiave ignota da inserire nel buco della serratura che fora la testa. Serrature e chiavi che ricorrono in altri suoi lavori: forse un modo per infierire sulla necessità di un’apertura che permetta a noi tutti di leggere appieno l’arte contemporanea?
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