n’est pas une Barbie, collettiva realizzata in collaborazione con UnimediaModern
Contemporary Art, Genova.
Se, come insegna la tradizione magrittiana, l’immagine o il nome di un oggetto non
corrispondono all’oggetto stesso, allora, il titolo Ceci n’est pas une Barbie non fa
necessariamente riferimento a una mostra sulla Barbie.
Benché la famosa bambola compaia in molti dei lavori esposti, per gli artisti coinvolti
nel progetto non si tratta di un discorso puntuale sull’ormai leggendario giocattolo,
ma di un punto di partenza per una riflessione più ampia che va dal funzionamento
del linguaggio mediatico alla percezione della figura femminile, fino
agli stereotipi e alle contraddizioni della società contemporanea, toccando via via
istanze più specifiche come l’adolescenza, le relazioni interpersonali, la moda, il
consumo di massa.
Donna in carriera (a piacere dentista, astronauta, Marines, veterinario, ecc), moglie
adorabile e madre affettuosa, sexy e accattivante, la Barbie è diventata rapidamente
prototipo della donna ideale. Il suo universo (casa, lavoro, marito, figli,
animali vari, auto, moto, camper, ecc.) è simbolo di una femminilità che non lascia
spazio a modelli alternativi. Proiettandoci solo apparentemente in una realtà immaginativa
e di finzione, il gioco della Barbie è così ben consolidato da lasciare
poche possibilità alla fantasia o alla re-invenzione. Nonostante le variazioni subite
nel corso degli anni per adattarsi ai trend del momento, si tratta comunque di uno
schema fisso che spesso rischia di ingabbiare pensieri e attitudini.
Nei lavori in mostra la Barbie compare come elemento iconografico inserito in una
raffigurazione più estesa in cui il rapporto tra significato e significante si fa ora più
stretto, ora più labile, fino alla sostituzione o alla completa omissione del significante-
Barbie. Il significato di ogni lavoro invece è sempre riconducibile, per assonanza
o dissonanza, anche a una riflessione intorno a quel fenomeno che, compiuti cinquant’anni
proprio nel 2009, non sembra perdere il suo potere seduttivo.
Il percorso espositivo si sviluppa intorno alla ricerca fotografica di Carla Iacono e
Angelo Gualco, si avvicina poi alla sensibilità pittorica di Silvia Chiarini e Francesco
Lauretta, soffermandosi sulla poetica ironica e irriverente dei lavori di Sandra
Chiesa, Ben Patterson e Limbania Fieschi e sulle sculture in legno di Rochus Lussi,
per arrivare ai video di Maciek Salamon, ai lavori installattivi di Mauro Ghiglione,
Fabio Moro e Giuliano Galletta e finire con i collage di Stefan Kuebler
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