Testi critici, Milano, 02 April 2010
Siamo tutti nati in Arcadia, tutti veniamo al mondo pieni di pretese di felicità e di piaceri e nutriamo la folle speranza di farle valere, fino a quando il destino ci afferra bruscamente e ci mostra che nulla è nostro, mentre tutto è suo…
A. Schopenhauer

Se è vero che con la ragione non si può spiegare proprio tutto, possiamo però almeno provarci…Arthur Schopenhaur nelle cinquanta massime in cui espone “L’arte di essere felici”, ci rende la sua personale visione di ciò che è la felicità e cioè la mera assenza di dolore, si è felici non perché si raggiunga una chimerica felicità, ma perché si riesce ad arrivare ad uno stato di assenza di dolore. Attraverso il suo risaputo pessimismo, il filosofo ci detta massime applicabili in tutti i campi ed in tutti i momenti e grande influenza il suo pensiero ha avuto nel mondo delle arti figurative. Grazie a filosofi come Schopenhauer crolla nel novecento l’idea di bellezza e crollano definitivamente vecchi e superati canoni estetici che ne vincolavano la rappresentazione, partendo da questo presupposto si può decisamente affermare che molta arte del novecento è decisamente bella, bella non nella rappresentazione, ma bella perché trasmette bellezza, intesa come ricerca, trasformazione, impegno e fantasia. Guardando la produzione artistica di Nicola Vietti con mero occhio da spettatore e non da chi attraverso la figurazione cerca di orientarsi nel pensiero, viene spontaneo dire che l’artista o ama enormemente le donne in quanto tali, o le disprezza a tal punto da sformarle e ridicolizzarle in buffe ed esasperate caricature. Ad una più approfondita analisi, si percepisce che Vietti ama non la figura femminile che da secoli è primaria fonte d’ispirazione per tutte le arti e che particolare successo ha avuto nella rappresentazione pittorica, ma la donna nella sua essenza, Vietti difatti rappresenta allegre e irreali donnine, allegoriche figure che sono figlie o nipoti di quelle illustrazioni pubblicitarie dei primi decenni del novecento, fiorite soprattutto negli Stati Uniti d’America e importate in Italia con il turismo e con le guerre. Nicola Vietti esalta trasformandola, la figura femminile e la civetteria propria delle donne, così Eva è rappresentata esagerata in tutto, nel trucco, nelle forme, nella spesso provocante posa e negli atteggiamenti. Non si può accostare il lavoro di Vietti a nessun altro artista contemporaneo, pur se per i temi trattati la mente corre a pittori famosi come Botero o Bueno, ma le loro pur interessanti figure, non raggiungono mai la freschezza e la leggerezza che meriterebbero e Botero soprattutto conferisce alla rappresentazione una troppo rigida impostazione formale, mentre nel lavoro di Vietti si percepisce un alone di gioco e di leggera irriverenza che realizzano quella piacevolezza alla vista.

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