Il potere di indagare il sociale ritrova la sua più efficace espressione nel fertile linguaggio dell’arte di Simone Loi. Le sue ricerche si muovono all’interno di orizzonti quotidiani, dove volti, luoghi e storie descrivono la realtà di una esistenza fragile, intima e violata dall’inconsistenza dei valori contemporanei. Abbandonando i troppo facili intenti autoreferenziali dell’arte contemporanea, Simone Loi avvicina la propria ricerca estetica al mondo di oggi e ai dolori e alle brutture che produce, per dar vita ad un metaforico specchio sociale in cui i rapporti umani sono un miraggio e il potere è strumento di devastazione. La Primavera di Quirra, Metacity e Autoritratti compongono dunque gli strati e le fasi di un universo costruito non sulla fantasia e l’immaginazione, ma sulla concretezza di quello che stiamo diventando. Loi produce una fotografia del reale che, attraverso gli strumenti del bello e del genio creativo, riesce a penetrare la nostra comprensione meglio di quanto facciano gli odierni bombardamenti mediatici quando tentano di raccontarci le nostre esistenze.
La serie di disegni Autoritratti non consiste, come suggerirebbe il nome, in una variegata declinazione di ritratti dell’artista, ma è un progetto in cui la vita stessa si rivela e parla delle sue più vere e tangibili ferite. Le storie esposte costituiscono ciascuna un frammento malato della nostra società: un pinocchio politico che si disfa delle menzogne del potere, donne come bambole fragili, soldati addestrati all’ipocrisia della guerra che genera pace, un bambino in cerca di protezione e sicurezza come metafora della nostra più nascosta vulnerabilità.
In bilico fra artificio e nostalgie naturali, la ricerca di Loi prosegue nelle atmosfere belliche della “Primavera di Quirra”, dove soldati e macchine si mescolano e confondono fra i riflessi delle proprie forme senza vita. Un paesaggio post-bellico, popolato di residui di giochi ancora una volta metafora di una esistenza effimera vissuta in bilico fra artificio e realtà, si compone pezzo dopo pezzo in una dimensione priva di spazio e tempo. Il mondo pastorale, quello sardo, è candidamente vittima di una devastazione portata da lontano, ma non si arrende e resiste all’usurpazione delle proprie terre. Infine le immagini bucoliche si mescolano in questo Gioco della guerra in un microcosmo dove tutto è finzione tranne la morte, perché a Quirra ogni battaglia è artificio, falso e inutile addestramento alla vita, dove all’uomo non è concesso di scegliere altrimenti.
L’universo del giocattolo ricompare nella serie fotografica “Metacity”, dove l’isolamento contemporaneo è protagonista di una archeologia tecnologica, specchio di una consolidata modalità di vita. Pezzi di antiquariato informatico popolano una giungla dove il primitivo alberga fra le rovine di un mondo che è metafora di tutti noi. Loi costruisce così una città simbolo delle conseguenze del progresso umano, insinuando il sospetto che i nostri sforzi di evoluzione si siano risolti in pura regressione, laddove i luoghi e i modi di contatto fra gli esseri umani non sono più fisici, ma virtuali e la libera espressione tecnica dell’intelligenza umana ha condotto ad una inconsapevole e tuttavia consensuale dipendenza dalla macchina.
È il giocattolo, dunque, il fil rouge di tanta riflessione sulla società contemporanea; il giocattolo, che simula i dettagli del mondo adulto per renderli accessibili ai bambini, diviene qui prezioso strumento di indagine: ha il potere di ridicolizzare la società reale, di metterne a fuoco le contraddizioni e, proprio in virtù della sua veste giullaresca, ha il privilegio di condurre chi osserva le sue metafore verso nuovi orizzonti di comprensione e critica delle tante verità sociali che ci opprimono.
Info: www.simoneloi.blogspot.com
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