All’origine e nei modi dell’esistenza
Luce. Se dobbiamo parlarne e scriverne e tanto più se vogliamo farla vivere come espressione nella realtà dell’arte ci troviamo immersi in una fase più o meno lunga di silenziosa riflessione che sempre si rinnova. Nella luce, come nel nulla cosmico, ci si perde e ci si ritrova. La luce è tutto come irradiazione che trascorre tra diversi gradi d’intensità (lux) dall’accecamento fin quasi allo spegnimento. Si è attratti dall’impossibilità di rappresentare la luce senza oggetti. Ma è inevitabile trovarsi in mezzo a un numero illimitato di particolarità: cose illuminate, situazioni della natura, stati del cielo nelle esperienze della quotidianità e nella lontananza delle costellazioni: e luce nelle variazioni di acque, negli incendi, nei contrasti (con ombre ferme, tremule, colorate).
La luce si rompe e si compone nei riflessi, compare all’improvviso e si dissolve o persiste; esce dall’oscurità di tempeste, apparizione sempre meravigliosa, simbolo dell’inizio dell’esistere, ed è arcobaleno. Se chiudiamo gli occhi è ancora luce. Che si raccoglie e si espande inquieta, misteriosa nei pensieri e nei sentimenti, spazi interiori senza confini.Qualche accenno alla luce nell’arte contemporanea. Si può partire dagli esempi futuristi, specie da Balla che associa luce e velocità (Plasticità di luci+velocità 1913. Henri Matisse in Colpo di sole nel viale di Trivaux 1917 continua la sua ricerca sul rapporto foma-colore. In Luce d’agosto 1949 di Willem de Kooning la luce convive con una ricca varietà di forme di natura. In Luce bianca 1954 di Jackson Pollock la dominanza chiara è tessitura di filamenti, calma espansione che non si arresta. E Sam Francis in Sfondo splendente 1958 si avvale della sua esperienza di aviatore, quasi un avvicinamento alla fonte della luce. Lucio Fontana in Sole in Piazza San Marco 1961 non poteva esprimere con più intensità e stupore la pienezza della luce, nel sole.
Ho interesse scarso o nullo per l’uso della luce artificiale in assenza di invenzione compositiva (come in Dan Flavin che non va oltre effetti decorativi con tubi al neon o in Mario Merz la cui onnipresente serie di Fibonacci è fatta valere per se stessa e non con la partecipazione strutturale che ha nella natura. Altra cosa è l’Ambiente spaziale realizzato nel 1949 da Fontana nella Galleria Il Naviglio di Milano: ambiente da abitare con pareti che non chiudono per la dispersione con effetto di ampliamento di materia fluorescente colpita dalla luce nera di Wood: è nascita in uno spazio senza limiti e anche un esempio di nuove applicazioni tecnologiche alla creazione artistica. Sulla stessa linea inventiva l’illuminazione al neon dall’andamento barocco che Fontana realizza per la Triennale di Milano.
Francesco de Bartololomeis
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