Mostra fotografica // Eleonora Cerri Pecorella - Chiara Lombardi
Mostre, Roma, 10 December 2016
SABATO 10 DICEMBRE alle 19.30, in occasione del workshop dal titolo “Spazio Aperto” dedicato ai linguaggi del corpo, inaugura la mostra fotografica con gli scatti che raccontano tutti i precedenti appuntamenti dedicati a questo avvincente workshop e documentano il percorso del progetto Spazio Aperto, a cura della prof.ssa Maria Pia D’Orazi in collaborazione con Alessandro Carpentieri e Alessandra Cristiani. Le fotografie sono state realizzate da Eleonora Cerri Pecorella e Chiara Lombardi.

SABATO 17 DICEMBRE giorno del finissage del workshop e della mostra fotografica, ci sarà alle ore 18.00 un incontro-dibattito dal titolo “Corpo e immaginazione” oltre alla presentazione del libro di Akira Kasai “Un libro chiamato corpo” con Raimondo Guarino (Università RomaTre) e Bruce Baird (Università di Amherst Massachusetts). Nella stessa sera, alle ore 20.00 la serata si concluderà con la performance del danzatore Akira Kasai, accompagnata dalla voce di Arianna Di Stefano.

Le fotografie ritraggono Reiji Kasai, Sho Terasaki, Kentaro Kujirai, i tre danzatori dell'AKIRA KASAI DANCE COMPANY che hanno tenuto i precedenti workshop e Alessandra Cristiani, Marie Thérèse Sitzia, Maddalena Gana, tre danzatrici le cui performance hanno partecipato alle serate RISONANZE/ITALIA-GIAPPONE all'interno dei workshop.

La mostra rimarrà aperta dal 11 al 16 dicembre ai seguenti orari:
Domenica 16.00-19.00
Lunedì/Martedì/Giovedì/Venerdì 9.00-21.30
Mercoledì chiusa

presso RUFA - Rome University of Fine Arts // sede scuola di Fotografia // via Benaco 1B

https://www.facebook.com/events/1144008639029566/

TESTO MOSTRA

Poi all’improvviso scompare il frastuono del mondo. E in uno spazio senza più tempo, una serie d’immagini essenziali e disarmate parlano da lontano per evocare qualcosa di noto e tuttavia dimenticato. L’evidenza materica di ciò che siamo, esseri umani nudi e coraggiosi e liberi e smarriti e forti e fragili, imprevedibili e vivi. Corpi abitati, veri e presenti. La sfida che la danza lancia alla società di massa e alla sua omologazione di desideri, bisogni e modelli estetici. La provocazione che la danza lancia all’individuo, troppo spesso ignaro delle sue potenzialità e della forza delle sue pulsioni. O forse solo spaventato da quel necessario margine d’ignoto che produce ogni evoluzione e cambiamento.

Eleonora Cerri Pecorella e Chiara Lombardi, studentesse della RUFA-Rome University of Fine Arts, invitate a documentare la prima edizione del progetto “SPAZIO APERTO. Laboratorio permanente di percezione corporea”, a cura di Maria Pia D’Orazi – docente di Storia dello spettacolo – in collaborazione con Alessandro Carpentieri – docente di Fotografia/Digital video – e la performer Alessandra Cristiani, hanno fotografato con mano leggera e profonda sensibilità, il progetto sviluppato in quattro workshop con i danzatori dell’Akira Kasai Dance Company e lo stesso Akira Kasai fra marzo e dicembre di quest’anno. Ogni appuntamento ha avuto una parentesi performativa all’interno della quale i tre ospiti giapponesi – Reiji Kasai, Sho Terasaki e Kentaro Kujirai – hanno dialogato con la presenza di tre danzatrici italiane – Alessandra Cristiani, Marie Thérèse Sitzia e Maddalena Gana. All’origine di questo percorso, il desiderio di aprire uno spazio di ricerca interdisciplinare, con l’idea che lo sconfinamento possa servire ad allargare lo sguardo, offrire spunti di riflessione, suggerire possibili direzioni di studio o innescare suggestioni in grado di nutrire la dimensione creativa. Parola, movimento e immagine si sono intrecciate sullo sfondo di alcune semplici domande: che cos’è un corpo? E che cos’è l’immagine che lo racconta?

La filosofia ci ha insegnato a considerare il corpo come un’entità ambigua, qualcosa che “abbiamo” e nello stesso tempo qualcosa che “siamo”. È la forma con la quale entriamo in relazione con gli altri, e la dimora di quella voce interna che chiamiamo Sé e rappresenta ciò che definisce la nostra identità più profonda.

Tuttavia per molti il corpo resta una realtà estranea che diventa percepibile soltanto in situazioni di crisi: stare fermi per ore in posa in uno studio d’artista, quando i muscoli si contraggono, gli arti diventano pesanti e perdono sensibilità come se “appartenessero a qualcun altro”. Oppure, quando la malattia all’improvviso mette dei limiti alla realizzazione dei desideri personali e ognuno è costretto a percepire che il corpo non è qualcosa d’esteriore, ma siamo noi stessi. Perché la vita di un individuo è la vita del suo corpo. “Nessuno è nulla oltre il corpo che gli permette di esistere, attraverso il quale si esprime ed entra in relazione con gli altri e con il mondo”. E ciò che distingue l’esperienza di “avere un corpo” dall’esperienza di “essere un corpo” è la consapevolezza di esserci, l’ascolto di sé e dell’altro. La consapevolezza di un corpo invisibile, un corpo della coscienza che è possibile intercettare attraverso un lavoro sulle percezioni sensoriali e sull’immaginazione. Una dimensione “interna” che la macchina fotografica può restituire facendosi complice palcoscenico di un’azione definitiva.

Maria Pia D’Orazi

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