SILENT INTERACTIONS
Inaugurazione 17 aprile 2013
ore 19.00
Finissage 14 maggio
La forte e radicale espressività della pittura di questa giovane artista colpisce all’istante. In Facebook Series vediamo ritratti e paesaggi improntati da pennellate veloci, determinate e sicure, così come i colori che emanano una forza visionaria; lo si vede nei rossi, bordeaux, gialli, verdi e blu, nel nero quasi minaccioso, e nelle sfumature cromatiche che ricordano Goya, Manet o Marlene Dumas. L’artista raccoglie in questi piccoli spazi i lunghi passaggi della pittura dell’Otto e Novecento, come se in particolare
il mondo della ritrattistica le fosse appartenuto da sempre. La serie dei 150 ritratti (formato cartolina postale) della Facebook Series sembrano accostarsi al mondo di Manet, uno dei grandi padri del modernismo, che nei suoi ritratti (in questo momento esposti a Londra in occasione della bellissima mostra Portraying Life), mostra quell’incisività delle pennellate sullo sfondo astratto della tela (non più decorativo e non più rappresentativo), dei paesaggi e dei volti che inaugurano la pittura contemporanea.
Gina Hoover, come Manet, concepisce lo sfondo della tela come astrazione, i suoi ritratti ricordano inevitabilmente Berthe Morisot en chapeau de deuil a long voile, George Moore dans le jardin o Mallarmé, ritratti che hanno segnato la tradizione pittorica sempre più impegnata al limite tra l’astratto e il figurativo, e caratterizzata da un’impressionante visione psichica pre-Freudiana dell’essere umano.
Con i suoi facebook-ritratti Gina Hoover ha cercato a modo suo di raccontare le vicende umane del mondo di oggi, inventando una sua «galleria dei personaggi» che talvolta ci risultano vagamente comici: misteriosi e un pò disturbati, questi personaggi sembrano voler uscire dalla tela per venirci incontro. Siamo colpiti da dettagli e da particolari che raffigurano cose strane, selvagge ciocche di capelli, delle labbra grosse con trucchi pesanti, occhiali da noioso intellettuale, etc. L’insieme è una grande famiglia di ritratti di giovani, divertenti, teneri, angosciati, perplessi: figli del XXI secolo che a volte sembrano già vecchi e crudeli testimoni del nostro tempo. Se l’intento di Gina Hoover era di dare un volto umano al popolo del Facebook, ci è riuscita meravigliosamente.
Lo stesso vale per le tele di formato più grande: figure umane misteriose, spesso familiari o parenti presi da vecchie fotografie, con uno sfondo visionario di paesaggi che assomigliano a immagini rurali della Depressione statunitense. Il ritratto Jacob C. Willems (2011) si collega alla tradizione pittorica e ritrattistica del Novecento, a cui Gina Hoover aggiunge la sua elaborazione di un debito al codice fotografico, che fa da transfert per le sue numerose composizioni. Siamo quasi invitati a chiudere gli occhi e a percorrere insieme alla nostra visione ricordi, facce, sguardi e gesti inafferrabili che la tecnica di questa giovane artista rende astrattamente visibili.
di Pia Candinas
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